#Una serata con....l'Ispettore Ferrario

#Una serata con....l'Ispettore Ferrario

Seduto nella chaise longue damascata raffigurante la lotta atavica tra preda e cacciatore nelle distese africane di inizio novecento, Ferrario fumava pigramente la pipa elettronica ascoltando le note di una musica celtica diffusa dall'impianto sorround della sala. Fece una smorfia quando il sapore aspro delle mandorle tartufate si mischiò a quello del pino rupestre delle alture alsaziane, quindi posò la pipa sul tavolino e si alzò, stringendo in vita la nuova vestaglia a scaglie color muffa del pane. La serata era calma e rinfrescata da un leggero venticello che spirava dal mare portando il profumo inconfondibile della costa ligure. Mille pensieri turbinavano nella sua mente, casi irrisolti, pene d'amore e l'ultima novità a cui non aveva saputo dire di no: una cena con tutto il team.
Non che provasse antipatia per qualcuno in particolare, ma a forza di lavorare insieme aveva capito che difficilmente potevano essere amici. In più le storie avute con alcune delle sue colleghe mettevano a dura prova la riuscita di una serata piacevole e spensierata. Un brivido lo attraversò quando si accorse di essere osservato da una figura in giacca scura sul lato opposto della via, in prossimità della Torretta. Non era la prima volta che ciò accadeva, la persona rimaneva ferma per poi sparire di lato, in una zona cieca della visuale che non gli permetteva di scoprire se fosse un uomo o una donna. Ricacciò indietro con forza l'idea di precipitarsi all'inseguimento, scrollò le spalle e ritornò in casa, dove ad attenderlo trovò il violino, poggiato sul tavolo. Abbassò l'audio e cercò la traccia preferita contenuta sull'Ipad, la sonata n.2 per violino solo di Bach, quindi, poggiando lo strumento nell'incavo della spalla, iniziò a far scorrere l'archetto, seguendo perfettamente l'esecuzione. Amava lo strumento, gli metteva pace e in più di un'occasione lo aveva aiutato a sbrogliare le matasse di indizi che gli occupavano il cervello. Ma quella volta fu diverso: quella melodia gli fece tornare alla mente l'ex moglie Paolina De Roelis. Con lei amava interpretare pezzi famosi, essendo Paolina una brava pianista. Spense l'impianto, buttò il violino sulla chaise longue e si ritirò in camera. Doveva prepararsi, mancava solo un'ora alla cena e sapeva di non poter mancare; il Questore Amadio lo avrebbe bacchettato all'infinito se non si fosse presentato, così come avrebbe dovuto sopportare i musi lunghi di Cleo Patrasso, la Sovrintendente, le occhiate piene di rammarico della giornalista Giovanna Mastronatale e le visioni futuristiche della sensitiva Nadia Fambotto. Scelse con cura l'abbigliamento, cercando di essere più sobrio del solito, preferendo una giacca da camera a tinta unita, un paio di pantaloni elasticizzati e scarpe di vernice rosse. Unico vezzo, non potè fare a meno di fissare in vita una cintura di perline colorate intrecciate a nastri di velluto. Si guardò allo specchio e si trovò affascinante, anche se a suo dire una bella retina trasparente per capelli avrebbe dato il giusto tocco e reso la chioma bianca più gestibile. Il citofono suonò e Ferrario andò a vedere nel monitor 4K chi fosse.
-Ispettore, quando ritiene di dover scendere io sono disponibile- era l'agente scelto Paolo Balbontin.
-Arrivo- rispose affettato, per poi essere attraversato da un dubbio. -Paolo, non è che hai usato l'auto civetta, vero?-.
-Ma che scherza, dottore! Sono con la mia Panda 30 del 1992, un goiellino!-.
Ferrario sentì che un'ulceretta si stava aprendo nello stomaco, afferrò al volo un paio di bustine di Gaviscon ed uscì, tirandosi dietro la porta blindata dotata di serratura a scansione ottica. La sicurezza era tutto per lui e la casa un luogo inespugnabile in cui rifugiarsi. L'auto, un blocco a forma di Panda percorso da una serie infinita di bolli e righe che diramavano in un fondo che sfumava nel rosso dovuto alla ruggine, era miracolosamente in moto. Paolo si affrettò ad aprire la portiera, e così facendo permise a Ferrario di intravvedere all'interno un paio di divise complete d'ordinanza.
-Quelle?- chiese, curioso. Balbontin si drizzò sull'attenti e sorrise a trentadue denti.
-Sono come Nembo Kid e questa è la cantina telefonica- Ferrario non potè fare a meno di ridere. Paolo era troppo forte, un concentrato di semplicità, dedizione e divertimento.
-Superman e la “cabina” telefonica, vuoi dire?-.
-Perchè, che ho detto! Salga che diventa tardi e gli altri iniziano senza di noi-. Mancavano ancora quaranta minuti e in cinque al massimo, auto permettendo, sarebbero giunti alla trattoria. L'Ispettore si accomodò sul sedile del passeggero, facendo aderire le ossa al telaio metallico; ormai di imbottitura e stoffa non esisteva che una minima patina. 
-Se vuole stare più comodo dietro c'è il cuscino di Pancrazio, basta rovistare un po'!- disse Balbontin, ingranando la marcia.
-Pancrazio?- chiese curioso.
-Scusi, fa parte della mia sfera privata- sembrava in imbarazzo. -E' un incrocio tra un volpino e un boxer, una meraviglia. Tre anni che sta con me... ma non gliene ho mai parlato?-.
A dire il vero Ferrario si rese conto che conosceva assai poco dei suoi collaboratori; di Balbontin sapeva che non era sposato, che aveva avuto una storia con una collega, ma a parte questo, nebbia. Forse era il caso di approfondire la conoscenza e la cena poteva essere l'occasione giusta.
-Deve essere davvero stupendo- commentò, pensando all'improponibile incrocio. -Lo hai lasciato a casa da solo?-.
-No, per fortuna ci pensa Mauriliana, meno male che c'è lei- il nome era completamente sconosciuto alle orecchie dell'Ispettore. Per fortuna ci pensò Paolo a spiegare. -E' la sorella di una vicina, che ho scoperto essere cugina di terzo grado con il marito di mia sorella. Pensi il mondo quanto è piccolo. Una brava ragazza- arrossì leggermente, -senza grilli per la testa e con un ottimo lavoro-.
-Ah si, e che fa?- chiese Ferrario, cercando di dare corso alla conversazione.
-Il carpentiere presso la ditta dell'armatore Taffondo. Specializzata in ribattitura a caldo di rivetti- Paolo sorrise soddisfatto. Ferrario capì che se lui era strano, il mondo che gli ruotava intorno lo era assai di più. Girò la testa verso il finestrino nel momento esatto in cui l'auto transitò sul lungomare, poco distante dalla Torretta. Per poco non gli venne un colpo quando scorse nitidamente la figura vestita di nero a bordo di uno scooter. Sembrava stesse aspettandolo, e infatti si mise in moto due auto dietro la loro. Ferrario abbassò l'aletta parasole, per cercare di sbirciare dallo specchietto di cortesia, ma così facendo ricevette una pioggia di santini.
-Ma che cavolo!- esclamò, fissando l'immagine di San Giovanni Bosco.
-Ispettore, non ho pensato di dirglielo, quest'auto è il mio magazzino. Sa, non ho cantina, né solaio, quindi le cose importanti le tengo qui. Se allunga la mano sotto il sedile può trovare una collezione di fumetti, e nel bagagliaio, al posto della ruota di scorta, un canotto gonfiabile, pinne, maschera e ombrellone-.
Ferrario annuì, ma la sua attenzione era tutta rivolta al motociclista. Per fortuna lo specchietto laterale gli rimandava nitidamente l'immagine di una persona con il casco, ma ancora non riusciva a decifrarne il sesso. Era sicuro che lo stesse seguendo, anche se non ne capiva il motivo. Non voleva mettere in allarme Balbontin, quindi fece finta di ascoltare lo sproloquio che stava invadendo l'intero abitacolo, oltre che i padiglioni auricolari. Nel giro di pochi minuti scoprì cose di Balbontin che neppure avrebbe immaginato, come la passione per il gioco delle freccette, la mania di collezionare gli incarti delle arance, la passione per i libri rosa della serie Harmony e altro. Quando giunsero alla trattoria “L'assassino” Ferrario scese dalla Panda e il primo ad accoglierlo fu Amadio, fasciato in un bel completo di lino color carta zucchero. Era sorridente come non mai, diverso dal solito Questore burbero e accigliato.
-Finalmente ci si vede fuori dal lavoro, Massimo!- lo accolse, stringendogli una mano sulla spalla. 
-Già, dottore- Ferrario rimase spiazzato dall'affabilità dell'interlocutore.
-Quando non siamo in servizio io sono Alessandro- esplose, con fare gioviale, poi abbassò la voce. -Ma che questo non si sappia in giro, per gli altri sono sempre il Questore Amadio-.
Cleo e Nadia arrivarono insieme, elegantissime, neanche dovessero sfilare in passerella. I due rimasero con la bava alla bocca, osservando l'ancheggiare che accompagnava la camminata.
-Signore, posso permettermi di dire che siete stu-pen-de!- Amadio si lanciò nell'interpretazione del piacione a tutti i costi. Il viso di Cleo si aprì in un mezzo sorriso.
-Perchè non avete ancora visto la tipa che tra un po' ci raggiungerà- disse, acida. Ferrario guardò oltre le loro spalle e scorse una figura in nero; subito il cuore iniziò a pulsare più forte, al ricordo del motociclista, ma poi si rese conto che non era lui, ma bensì si trattava di Rossana Antonelli, l'agente dell'Interpol, nonchè sua vecchia fiamma. Minigonna e una maglietta che lasciava immaginare tutto, trucco perfetto e un sorriso che riusciva a stendere ogni uomo presente. Al suo arrivo le macchine iniziarono a rallentare, provocando in pochi secondi un vero ingorgo.
-Sarà meglio che entriamo- propose la Fambotto. -Altrimenti ci saranno problemi di viabilità per tutta l'Aurelia da Savona a Ventimiglia-.
Il locale rispecchiava il nome, illuminato da una luce cupa e con le pareti tappezzate da immagini di omicidi. Un bell'ambientino, senza dubbio. Per fortuna il tavolo riservato loro si affacciava sul lato vista mare, intorno al quale erano già sedute la Mastronatale e Ana Kuntzer. 
Le due non potevano essere più diverse: jeans e camicetta la giornalista e canotta con una scritta “fuck!” sul davanti l'ex killer. Presero posto, scambiandosi i saluti di rito. Amadio saltellava ovunque, lanciando sorrisi e commenti, cosa che infastidì parecchio l'Ispettore. Voleva essere la prima donna, ma non capiva che così facendo si stava rendendo ridicolo agli occhi di tutti. L'unica che sembrava compiaciuta era la Antonelli, ma questo era normale visto che tra loro c'era stata e forse perdurava una storia che nessuno aveva mai confermato. Poco gli interessava, comunque, lui aveva deciso che non voleva più saperne di storie con le colleghe.
-Direi che ci siamo tutti!- trillò Amadio, prendendo posto a capotavola. -Iniziamo con le ordinazioni. Ragazzo!- fece schioccare le dita in modo offensivo in direzione di un cameriere cinquantenne dalla pancia prominente.
-Grazie tante, vi siete scordati di me?- le teste si girarono e incontrarono la figura di Paolina De Roelis, la psicologa, nonchè ex moglie di Ferrario. Il viso sorridente era attraversato da un'ombra di stizza che cercava di mascherare, ma Ferrario la conosceva troppo e sapeva che se avesse potuto li avrebbe mandati tutti a quel paese.
​-Ma non dovevi invitarla tu?- chiese Amadio in direzione dell'Ispettore.
-Veramente credevo che chi organizzava...- ribattè seccato, sapendo che l'idea era stata del Questore.
-Colpa mia, dottore- Balbontin si alzò, prendendosi la colpa. -Per fortuna prima di passare a prenderla mi sono ricordato della grave negligenza perpetrata nei confronti della dottoressa Paolina e...-.
-Grazie Paolo, lei è troppo gentile- la De Roelis spense il focolaio, sorridendo all'agente e provocandogli un rossore diffuso al viso. Aveva sempre avuto un debole per lei e Ferrario se ne rese conto.
-Che la festa abbia inizio!- gridò Amadio. -Le bevande le offro io, per il resto si fa alla romana!-.
-Nessun taccagno che si offre di offrire il dolce?- chiese la Kuntzer, posando la gamba sul bordo del tavolo e mettendo in mostra un anfibio sporco di terra.
-Quello lo posso offrire io, sotto forma di proiettili!- la voce fece rabbrividire Ferrario; conosceva il tono, l'inflessione, come pure la conosceva Cleo Patrasso, che emise un gemito, ascoltandola. La figura in nero, quella che ossessionava Ferrario da giorni, era in piedi, accanto al tavolo. In mano impugnava una pistola e gli occhi glaciali fissavano proprio lui. 
-Biancaneve!- esclamò la Mastronatale.
-Al secolo Linda Lerbarta, se non vi dispiace ricordarmi col mio nome- rispose la donna. -Cos'è questa faccia, Amadio? Ricordi ancora quando ti ho spogliato, ficcandoti una mela in bocca? E tu, Massimo, credevi di avermi eliminata in quell'ospedale? Ma vedo che c'è pure l'avanzo di galera, Ana Kuntzer, la brava funambola a cui ho piantato una pallottola in corpo. Sono felice che ci siate tutti, una bella festa a cui non sono stata invitata, ma a cui partecipo volentieri-.
-Brutta bastarda!- Ana si alzò di scatto, pronta ad attaccarla.
-A cuccia!- le ordinò. -Ti consiglio di stare calma, se non vuoi che uno dei tuoi amici passi a miglior vita prima del tempo-.
Nessuno degli altri presenti nel locale si era accorto dell'arma; Linda era brava a nascondersi, scaltra e difficilmente compiva passi falsi. Restava da capire cosa volesse e come fosse riuscita a fuggire dalla prigione. Ferrario le fece cenno di accomodarsi. Lei prese posto, puntando l'arma, sotto al tavolo, proprio verso di lui. Il silenzio si fece pesante, sino a quando la Fambotto non si alzò di scatto, strabuzzando gli occhi.
-Orione!... Saturno e i suoi anelli!... Vedo le fiamme... la morte...- e si accasciò sulla sedia, la testa rivolta all'indietro. Era uno dei suoi soliti attacchi da sensitiva, giunto nel momento sbagliato. Tutti quelli seduti ai tavoli vicini si girarono verso di loro, tra questi uno si alzò, raggiungendoli.
-Sono un medico!- si avvicinò a Nadia e la fece sdraiare a terra. Ferrario si pentì di non aver pensato di invitare Strascica, il patologo, ma quello non era il momento dei ripensamenti, bensì dell'azione. Si alzò e si posizionò accanto al medico.
-E' solo caduta in trance- gli spiegò, poi abbassò la voce. -Sono un Ispettore di Polizia, ho bisogno che con la scusa di chiamare un'ambulanza lei raggiunga il suo tavolo e faccia uscire gli amici. Seduta tra noi c'è una pericolosa assassina...-.
Il medico sbiancò, ma fece come gli era stato detto, prendendo il cellulare e facendo finta di telefonare al 118. Linda non perdeva un fotogramma di quanto stava succedendo; credeva di poter fare un lavoro pulito, invece i soliti intoppi, quando si trattava di avere a che fare con Ferrario, prendevano il sopravvento. Guardò i presenti con occhi glaciali, accorgendosi che al lato opposto la Kuntzer era sparita. D'istinto si abbassò, guardando sotto il tavolo, ma nulla. Eppure avrebbe dovuto ricordare quanto agile fosse Ana, un vero ragno quando si trattava di scalare muri. Sentì il peso su di lei un attimo troppo tardi; la pistola volò via, finendo sotto la sedia della Mastronatale. Grida si levarono nel locale, ormai tutti si erano accorti che qualcosa di pericoloso stava animando la serata. Amadio si buttò nella lotta, ricevendo un pugno in pieno viso da Linda. Il sangue schizzò dal naso, macchiando la tovaglia bianca. Paolina lanciò un urlo e, alzandosi di scatto, finì contro il cameriere che cadendo all'indietro colpì un tavolo su cui stavano una serie di candele profumate che appiccarono fuoco alla tovaglia. La lotta tra le due continuò sotto il tavolo mentre Ferrario, stretto tra le sedie, vide Balbontin correre fuori. Non lo biasimò, la situazione era pericolosa e non era tagliato per fare l'eroe. Nemmeno lui lo era, ma da Ispettore di Polizia era suo compito intervenire. Fece un respiro e si buttò a sua volta sotto al tavolo. Ana stava stringendo Linda per il collo, ma un pugno violento alle costole la fece cadere di lato. Biancaneve si girò a carponi, con l'intenzione di raggiungere l'arma, inseguita dall'Ispettore che maledì il fatto di doversi sporcare i nuovi pantaloni elasticizzati e, cosa ancor più orrenda, rischiare di graffiare la vernice delle scarpe. Ora era pieno delirio, urla si levarono ovunque, le fiamme si propagarono ad una tenda in plastica producendo fumo ed un odore talmente acre da far tossire. Doveva essere una bella serata, un modo per conoscersi, invece il lavoro aveva preso il sopravvento. Erano e sarebbero rimasti sempre poliziotti, un gruppo di colleghi spinti dallo scopo comune di sventare omicidi.
La Mastronatale afferrò una forchetta e aspettò al varco Linda: una calma glaciale la pervase mentre attendeva che sbucasse e quando lo fece mirò d'istinto ad una mano, trafiggendola. Un grido acuto, come di bestia al macello, fece vibrare il timpano all'Ispettore Ferrario. Ana si teneva il fianco, Linda afferrò la forchetta e la estrasse. Un fiotto di sangue sgorgò, finendo sulle scarpe della giornalista che balzò sulla sedia. Ferrario capì che la furia cieca della killer lo avrebbe messo in pericolo, quindi rotolò di lato ed uscì. Uno degli uomini del locale stava armeggiando con l'estintore, due donne erano cadute in prossimità dell'ingresso, impedendo l'uscita, ma fu come se un supereroe entrasse in scena quando vide Balbontin in divisa schizzare all'interno. Sembrava un altro: non era scappato, ma era andato a trasformarsi in Nembo Kid. Brandendo la pistola si fece strada tra la folla, quindi guardò Ferrario.
-Sotto il tavolo, dalla Mastronatale!- urlò l'Ispettore. Balbontin era trasformato, sembrava che non gli importasse nulla, se non salvare i compagni. Quando sparì dalla vista, Ferrario temette per la sua incolumità. L'ex moglie stava soccorrendo il Questore, la Antonelli aveva afferrato Ana, prendendola in braccio e la stava portando in salvo. Erano mitici: si rese conto che squadra migliore non avrebbe potuto avere ragione di esistere. Forse amici lo erano davvero, oppure potevano diventarlo: sì, fino a poco prima non lo avrebbe creduto, ma ora era certo che erano soprattutto un bel gruppo di amici . Gli sembrava di osservare la scena da spettatore esterno, quasi di assistere al momento saliente di un film d'azione.
Balbontin sbucò, seguito da Linda ammanettata.
-Missione compiuta, Ispettore! Meno male che non abbandono mai la mia Panda!- sorrise, il viso bonariamente soddisfatto. Ferrario ebbe quasi l'istinto di abbracciarlo, ma si trattenne. 
-Grazie, agente scelto Paolo Balbontin- gli disse, poi prese il cellulare e fece le chiamate di rito, una al 118 e l'altra alla Centrale. Il suo sguardo e quello di Linda si incrociarono; forse non sarebbe stata l'ultima volta che s'incontravano, forse la prossima volta l'epilogo sarebbe stato diverso, ma anche questa volta avevano vinto. Biancaneve comprese quello che stava pensando e capì di aver perso. Fu la prima ad abbassare gli occhi e si fece accompagnare all'esterno da un Balbontin che da quel momento avrebbe ricoperto un ruolo chiave nel gruppo, e forse si sarebbe beccato pure una promozione.


Questa storia si riallaccia al primo racconto di Ferrario, "L'ottavo nano", l'avventura che ha dato vita al personaggio tanto amato dai Nove Facoceri e non solo. Per chi non ne fosse a conoscenza abbiamo pubblicato un libro, disponibile in ebook su Amazon, dal titolo "Delitti in vestaglia". Se ve lo siete perso vi invitiamo ad acquistarlo, in esso sono contenute, in ordine cronologico, le avventure dell'Ispettore e del suo team. Grazie.