L'ottavo nano - parte 1 di 2

L'ottavo nano - parte 1 di 2

L'ottavo nano - I parte

 

"Ancora un omicidio" esordì l'ispettore Ferrario lanciando una nuvola di fumo nell'aria con la pipa elettronica. Questo è la settima morte violenta in meno di tre mesi, stesso modus operandi: una pugnalata netta al cuore e una mela rossa cacciata con forza nella bocca spalancata". Si grattò la folta chioma bianca avvicinando il naso adunco al corpo inerme steso a terra. Il piccolo uomo, di un'altezza al massimo di un metro e cinquanta, era riverso a terra in una pozzanghera di sangue. Biancaneve, il nome della serial killer attribuito dalla polizia, questa volta aveva scelto come luogo del delitto il piccolo bosco di abeti bianchi che rivestiva gli appennini liguri. Il comune denominatore degli omicidi era l'aspetto delle vittime: uomini di piccola statura, trafitti al cuore con il medesimo pugnale, che da studi condotti dalla scientifica pareva di una fattezza antica, forse risalente al XV secolo. Il killer, per l'accuratezza con cui i corpi venivano collocati a terra e per la mancanza di ulteriori segni di violenza, era probabilmente una donna. Erano state condotte ricerche nei vari negozi di antiquariato e controllato il litorale ligure. Nulla. L'ipotesi era che la donna, affetta probabilmente da un grave squilibrio psichico, attirasse le potenziali vittime utilizzando la sua sensualità, colpendoli poi di sorpresa e uccidendoli a sangue freddo. Il movente era ancora sconosciuto, ma una squadra di profiler ci stava lavorando. Era il caso più difficile a cui mai avesse assistito, nulla sfuggiva all'ispettore Massimo Ferrario. I nani di Biancaneve erano sette, quindi forse, questo omicidio era l'ultimo della lunga serie. L'ispettore si alzò, aveva bisogno di andare a casa a riposarsi, un bicchiere di brandy e il suono del suo violino, gli avrebbero schiarito le idee.

Si sedette pigramente sulla chaise longue posta davanti alla vetrata del suo appartamento sito al quarto piano di una palazzina prospiciente il mare, puntò gli occhi verso l'orizzonte e fece correre i pensieri. Settimo omicidio, senza che le indagini avessero prodotto risultati, un guaio grosso che poteva compromettere la sua carriera. Guardò l'orologio e si rese conto che mancavano poche ore all'incontro con il Questore Alessandro Amadio, il nuovo funzionario messo a capo della questura il mese precedente, quando gli omicidi erano solo tre. Una persona dal carattere forte, duro con i collaboratori e che pretendeva il massimo. Ogni volta che un ritrovamento veniva fatto Amadio rivolgeva la propria rabbia su di lui, quasi fosse il responsabile di tanta violenza. Ma questa volta aveva pensato a qualcosa di diverso, grazie all'aiuto della sua collaboratrice Cleo Patrasso era entrato in contatto con una sensitiva, una donna torinese molto nota nel giro della Polizia piemontese, Nadia Fambotto. Negli ultimi sei mesi era riuscita ad essere la chiave di volta nelle indagine riguardanti l'assassinio del noto industriale del caffè Paolo Albertazzi, collaborazione tenuta sotto il più stretto riserbo e filtrata grazie a Cleo, che aveva avuto una tresca in passato con il Commissario Capo della sezione omicidi torinese. Prese il violino e lo appoggiò nell'incavo del collo; quel contatto lo mise in pace con se stesso e il mondo. L'archetto partì e le note della Romanza in Fa Maggiore di Beethoven riempì l'ambiente. Suonare gli serviva a stuzzicare la mente, rendendola più propensa all'analisi. Ma purtroppo c'era poco su cui pensare, quindi lo mise via, raggiunse la camera e sfilò la vestaglia di cotone leggero azzurra a disegni damascati di Bown of London, riponendola con cura nell'armadio. Quel capo, unito al violino erano ciò che rendevano Ferrario un ispettore fuori dagli schemi.

-Se vi ho convocati qui è perchè Biancaneve non si fermerà, e prima che alla sua lista venga aggiunta l'ennesima vittima ho pensato di utilizzare una squadra un po' diversa stavolta- Disse l'ispettore Ferrario. - Con me c'è la famosissima sensitiva Nadia Fambotto, e mi sono permesso di aggiungere alla squadra una persona che non vi piacerà, di sicuro, ma potrà rivelarsi fatale per le indagini- disse tutto d'un fiato il questore Amadio- Entra pure..- aggiunse poi battendo la mano sulla porta d'ingresso. Ad entrare in ufficio fu Ana Kuntzer, un ex assassina, adesso mezza collaboratrice di giustizia. -Amadio portarmi qui in squadra una criminale!? Ma sei impazzito, con la Potrasso pensavo di essere al completo!- rispose Ferrario ormai furibondo. -Non mi dispiace immischiarvi con voi, in fondo era il mio mestiere, potrei prendere Biancaneve in flagrante, fossi in te ci penserei bene sul da farsi. Intanto qualcuno ha qualcosa da mangiare? In gattabuia si mangia da schifo..- Disse Ana completamente divertita. Ferrario sospirò un paio di volte, batteva il suo piede destro in un modo così frenetico da sentirsi negli uffici accanto. L'idea di collaborare con una criminale gli stava davvero stretta, al contempo possedere una squadra così variegata, così valida, alla ricerca dell'assassina, gli sembrava davvero una proposta allettante.-Siete tutti arruolati allora, ma dopo questa cosa, ognuno tornerà al posto suo!- Aggiunse Ferrario sprezzante rivolgendosi alla Kuntzer.Quella notte, ognuno della squadra speciale sognò cose strane. Il sonno non conciliava con la realtà. Ferrario prendeva a bocconi l'aria fresca dalla sua finestra. La Fambotto interrogava le stelle, la Potrasso sorseggiava camomilla, Amadio tremante in preda all'euforia, la Kuntzer distesa tra le sbarre, per l'ultima volta. Non molto lontano Biancaneve preparava la sua melanera.

- Devo uscire da qui!- urlo' Ferrario. - Ho bisogno di allontanarmi e di dormire nel mio letto almeno tre o quattro ore!- Si diresse verso la sua Renault 5 station Wagon e si avviò verso casa. Quegli omicidi e il modo per risolverli erano ormai la sola cosa che aveva in mente. Gli avevano fatto dimenticare perfino la discussione avvenuta nel pomeriggio con l'ex moglie Paolina De Roelis, che faceva sempre questioni sull'assegno di mantenimento. Il matrimonio era finito proprio grazie alla storiella con Cleo a cui Ferrario pensava ancora parecchio, ma la donna che puntava dritta ad un matrimonio a regola d'arte, lo aveva un po' spaventato. Un matrimonio finito male bastava e avanzava. Adesso doveva assolutamente dormire per essere lucido all'indomani e utilizzare al meglio quel popò di collaboratori. Dunque, pettinò con molta cura le basette bianche, mise la crema per il viso, calzò come sempre la cuffietta che durante la notte avrebbe domato la sua chioma ribelle e si coricò speranzoso. Come prima cosa, al mattino seguente, aveva l'incontro con il Giudice preliminare, che lo inquietava non poco. Già in passato aveva avuto degli screzi importanti con la donna e, considerata la mole del caso che gli era stato affidato, ne subodorava un ennesimo. Il caso andava risolto, più in fretta possibile! Si trattava di un serial Killer ed era sicuro che stava per colpire ancora!

Infatti guardando la situazione da tutte le angolazioni, magari sbagliando le inquadrature e ritentando, il Ferrario pensava e strapensava che, no, non era normale che un serial killer scegliesse un numero a caso, magari il sette, poi dopo ben sette omicidi si fermasse per sempre. Non tornava. La mattina dopo, l'ispettore partì a randanella per andare a visitare la Kuntzer in cella. Arrivò, la guardò e lei gli rivolse un'occhiata stufata: - Esco oggi, che cavolo mi porti le arance? -Nell'andare via in macchina, con la splendida Renault 5 Superspecial, i due parlarono un po', per la precisione lei, perché lui non aveva una gran voglia di 'interagire' e Ana K. gli disse che, beh... era impossibile che un serial killer si possa fermare dopo un certo numero di omicidi. Magari vorrebbe, ma è una dipendenza, più o meno come la torta di riso, non riesci a smettere.Ferrario sorvolò sulla torta di riso, arrivò sgommando in Commissariato e i due entrarono di corsa. I collaboratori erano già tutti presenti, c'era persino la Fambotto, ma di Amadio nessuna traccia... e grazie, quando mai quello era arrivato in orario da qualche parte?Impaziente, si preparò a fare un resoconto ai presenti e chi c'era c'era.*Poco più in là, sulla collina, un ometto piuttosto antipatico e dalla vocina querula fu massacrato alla trentaduesima battuta a doppio senso che rivolgeva a qualcuno che da lontano poteva sembrare una donna, alta, vestita con... no, forse i dettagli non li avrebbe intuiti neanche la Fambotto. Rimase steso a terra e la donna si piegò su di lui. Se ne andò lasciandogli una mela Golden in bocca, che almeno smettese di sparare di quelle solite balle.

Il Ferrario stava ormai parlando da un quarto d'ora davanti a tutta la sua potente e variegata squadra e tutti erano già semiaddormentati. - Datti una scossa babbo, vieni al sodo che qui 'ste cose le sappiamo già tutte - fece la Kuntzer con tono altamente scocciato.- Silenzio! In questa fase dell'indagine è molto importante fare il punto della situazione e raccogliere le idee, altrimenti ci troviamo con un altro cadavere che neanche ce ne accorgiamo - rispose seccato Ferrario guardando la Kuntzer da sopra gli occhialetti.- Qui va a finire che raccogliamo solo insulti e trasferimenti se non troviamo il bandolo di questa intricatissima matassa - si intromise Cleo - Ispettore, ma lei non crede che Biancaneve potrebbe fermarsi qui? In fin dei conti i nani erano sette... - chiese ostinandosi a dargli del Lei in mezzo ai risolini divertiti di chi sapeva della storia tra il Ferrario e la sua bella assistente. Proprio in quel momento arrivò l'Amadio scurissimo in viso. Aveva un tale cipiglio che nessuno osò neppure salutarlo. - Cosa diavolo fate ancora qui? - P..perchè Signor Questore? - azzardò a domandare il Ferrario. - Ferrario, lei è in una bruttissima posizione, se lo lasci dire, davvero bruttissima! -- C...che succede? - balbettò Ferrario a disagio. - Ah, e mi chiede pure che succede! C'è stato l'ottavo omicidio, caro il mio ispettore! - Un coro di espressioni di stupore misto ad incredulità echeggiò nella stanza. La Frambotto si coprì gli occhi con le mani e disse: - Vedo una donna...alta..- . - Bella scoperta - le fece eco la Kuntzer, ma lei continuò - Orione... Orione mi ha detto... - . - Na, - esordì l'Amadio - vedi di dire ad Orione che ti avverta prima la prossima volta - e, rivolto agli altri: - Ci vogliamo muovere e andare sul luogo dell'ottavo delitto oppure state aspettando che Biancaneve venga qui a costituirsi?

La donna tornò a casa, come se nulla fosse. Si tolse i vestiti e s'infilò sotto la doccia. Lo faceva sempre, dopo un delitto, sentiva il bisogno di lavare via l'odore del sangue di quelle disgustose creature. Nani. O poco più. Esseri insulsi che non avevano alcuna ragione di esistere. Tranne che per lei. Sì, perché lei aveva una missione da compiere. Ucciderli tutti.Ripensò alle sedute che i suoi genitori, su consiglio degli insegnanti, dalle medie in poi, le avevano propinato dallo psicanalista. Dopo un lunghissimo e costosissimo ciclo di "terapia" era giunta la sentenza del luminare: "sindrome di Biancaneve". La ragazza che un tempo era stata, si rimpinzava di cibo per poi rigettarlo, alzava il gomito, abusava di farmaci e aveva atteggiamenti ferocemente autolesionistici. Questo finché non si era resa conto della causa del suo "male oscuro". Chi aveva sempre preteso da lei la perfezione assoluta? Chi aveva sempre preteso i voti migliori, i risultati migliori nelle attività sportive, chi l'aveva voluta sempre accondiscente, elegante, beneducata? Chi le aveva procurato un senso di permanente inadeguatezza e un impulso crescente a migliorarsi, alla ricerca di una perfezione che mai avrebbe potuto raggiungere? Sua madre. L'avvelenatrice. Colei che non ricercava il bene della figlia ma pretendeva la sua perfezione, per potersene gloriare e vantare con gli altri. E vivere di luce riflessa. Questo finché era stata piccola. Da adolescente le cose erano cambiate, anche se, inconsapevolmente, era sempre alla costante ricerca dell'approvazione della madre. Capace, questa, di lodi sperticate ma anche di critiche demolitrici della sua già scarsa autostima.Ricordava ancora il suo sguardo incredulo quando l'aveva uccisa. "Perché?" aveva avuto il coraggio di chiedere. Dopo, aveva ucciso anche suo padre. Un uomo "piccolo". In tutti i sensi.

L'auto della Polizia era ferma in via Pia, centro storico di Savona, davanti ad un ingresso dal portone risalente alla metà del sedicesimo secolo. Un gruppo di curiosi rumoreggiava, tenuto lontano a stento dagli agenti. Si vociferava che la vittima fosse il famoso ristoratore Paolo Parodi, proprietario dei due migliori ristoranti in città. Questa volta Biancaneve aveva colpito in alto, uccidendo una persona stimata e facente parte anche del Consiglio comunale in qualità di capo gruppo. Ferrario scese nervosamente dall'auto, aspirò una boccata dalla pipa elettronca e la nascose prontamente in tasca. Amadio odiava il fumo, ma in quei momenti l'ispettore aveva bisogno della pipa per mantenersi calmo, anche a costo di ricevere una lavata di capo dal Questore. Flash di fotograi e urla lo raggiunsero appena fuori dall'auto di servizio.-Massimo!- sentì gridare. Si voltò, riconoscendo la voce, e si trovò a fissare la giornalista che ultimamente gli aveva dato parecchio filo da torcere, Giovanna Mastronatale del Secolo XIX. Erano amici da parecchio tempo, sin da quando si era offerto di farla partecipare ad indagini per via di un servizio giornalistico, tre anni prima. Da allora la collaborazione tra i due si era infittita, complice l'amicizia che li legava. Ma per colpa di Biancaneve e la sua idea di diventare redattrice capo della sezione cittadina, ultimamente ogni articolo che usciva veniva usato per colpire la Polizia e in special modo lui. Le fece un cenno di saluto, quindi si voltò.-Non puoi far finta di nente!- sentì urlare. -Ispettore Ferrario, questo è l'ottavo omicidio in città, quanto vogliamo andare ancora avanti? Devo forse intervenire io a farvi vedere come si conducono le indagini?!?- quella frase lo bloccò sul posto. La rabbia fu trattenuta a stento.

La strattonò per un braccio: " Vieni con me Watson e vediamo se puoi essermi d'aiuto". Parodi era accasciato a terra, dilaniato da trentadue colpi di pugnale con in bocca una mela gialla. "Ragazzi forse questa volta abbiamo un indizio" esordì l'ispettore, " la mela è una Golden e non una Pink lady come nei precedenti omicidi, il modus operandi è differente, sta a significare come l'ottavo nano sia di particolare rilevanza". Cleo intervenne con il suo fare da prima della classe : "Forse l'assassina ha commesso un errore, vuole farsi catturare". "Tutte stronzate" esordì Ana sputando lo stuzzicadenti per terra. "Questo è un indizio, vuole sfidarci". Ferrario sobbalzò sui mocassini verdi vellutati: "Qualcosa da dire Giò?" La giornalista ammutolì."Bene mettiamoci al lavoro, dobbiamo controllare tutto sulla vita di quest'uomo, voglio conoscere le sue abitudini, i suoi amici e cosa ha mangiato a colazione, questa volta la becchiamo!". Qualcuno gli poggiò la mano sulla spalla, Paola avvolta in un abito firmato comprato con gli alimenti di Ferrario salutò tutti tranne Cleo. "A cosa devo la tua presenza?" chiese l'ispettore con salivazione azzerata per l'emozione."Credo che possiate aver bisogno di me, la mia professione di psichiatra vi sarà di aiuto". " La killer soffre indubbiamente della sindrome di Biancaneve, forse è il caso che diate una controllata anche ai reparti psichiatrici degli ospedali della zona"."Vedo, vedo...Orione"urlò Nadia roteando su sé stessa: "Vedo un maiale, anzi no, un facocero, tutto rosso"e poi con gli occhi rigirati svenne."Il facocero rosso, noto locale di lap dance di Savona" esclamò con un sorriso sulle labbra Ferrario ignaro degli sguardi di odio provenienti da Paola e Cleo.

"Il Facocero rosso" un tempo era stato il ritrovo più famoso di tossici, chiamato volgarmente The yellow apple, per via del linguaggio in codice con il quale si richiedeva una dose.Una mela era un grammo, una mela gialla una doppia dose. Ferrario aveva sgominato questa banda di malfattori, e al posto suo, era sorto il rinomato Facocero rosso. Non tutto era a regola in quel locale, ma i servigi che offriva alla clientela, tanto più se appartenente agli ''sbirri'', erano al di là di ogni aspettativa. Che la veggente Nadia avesse avuto la giusta visione? Quella sera l'intera squadra speciale era appostata in vari punti del locale, tutti tranne Amadio, irraggiungibile da più di tre ore. Le luci erano soffuse e riscaldate, i banconi fiorenti di drink pronti da bere. I pali i più vertiginosi mai visti in giro. Le ragazze più acrobate denudate che ballerine vere e proprie. Ferrario sedeva al bancone dei drink completamente ipnotizzato da due calze a rete. Cleo gli corse in contro rialzandogli la mascella cadente con l'indice. Nadia tremava di paura, la chiama estasi da visione, ma piuttosto assomiglia ad una crisi epilettica. Anche la giornalista Giò era accorsa al locale, forse sentendo nell'aria un certo fermento. - Amadio non risponde al cellulare, qui è tutto fermo, è tutto culi e fumo, dove diavolo si sarà cacciato?- gridò Ferrario per contrastare il volume della musica assordante. -Amadio dici? Cazzo! Quanto è alto il questore?- chiese d'un tratto la Kuntzer gridando di rimando. -Un metro e cinquanta credo, cosa vuoi che ne sappia??!- rispose Ferrario. - Non è un nano, ma è di bassa statura, appartiene alla nostra squadra, la stessa che le sta dando la caccia, non risponde al cellulare da tre ore. Cosa ti serve ancora per capire che forse è un'altra vittima?- Concluse la Kuntzer. Sul monitor iniziò a lampeggiare una frase."Vieni in terrazza se non siamo ALLA TUA ALTEZZA!"Tutti scattarono.

- Per tutte le fottutissime coronarie che non mi sono ancora saltate!! Amadio è in pericolo! - Esclamò Ferrario. - Ma senti 'sto fenomeno! Sono due ore che sto cercando di dirtelo rinomatissimo pirla che non sei altro!- Lo canzonò la Kuntzer e aggiunse: - Muoviamoci, andiamo tutti sulla terrazza! Più siamo, più possibilità abbiamo di salvare il questore, a patto di essere ancora in tempo! Presto presto, non perdiamo altro tempo prezioso!- Si precipitarono tutti verso l'ultimo piano dell'immobile e arrivati sulla terrazza, Ferrario spalancò la porta e, per primo, vide Amadio, completamente nudo, con una mela verde Granny smith ficcata in bocca, legato al braccio della parabola satellitare e bendato con uno slip da donna di buona fattura. Seguirono tutti gli altri. - Oh mio Dio!!- Urlò Cleo Petrasso!! - Amore mio grande, Pagnottino dolce, che t'hanno fatto?- E gli tolse lo slip che gli aveva bardato gli occhi.- Come, amore mio? Ma pure con lui adesso? Eccheccosa! Ti vuoi proprio sistemare a quanto vedo!- Disse Ferrario tra il sorpreso e lo stizzito.- Non è il momento adesso!- Tuonò la Petrasso. - Piuttosto, smettila di dare aria alla bocca, togliti la vestaglia che hai sotto il cappotto, perché ti conosco e so che ce l'hai, e coprilo un po'! Non vedi che muore di freddo?- Intanto Amadio faceva roteare gli occhi come a comunicare qualcosa e la Kuntzer, che a cervello era ben fornita, disse: - magari se qualcuno di voialtri si decide a togliergli quella mela dalla bocca...- E durante tutto questo frastuono, ad un certo punto, si sentì sbattere la porta di ingresso della terrazza. - Era ancora qui cazzo! L'assassino era qui e ce lo siamo fatti scappare! - Urlò a squarciagola la Mastronatale. - Avanti tuttaaaa, inseguiamolo!!!

Ferrario si separò a malincuore dalla sua vestaglia a scacchi rossi e verdi in mussola, ma per il bene e il pudore del questore lo fece. La Kuntzer, fisico tonico e atletico, abituata a lunghe sedute di allenamento in carcere, saltò dalla ringhiera e si appese come Spiderman ai bordi delle finestre. -La porta è chiusa, ma penso di riuscire ad intercettare il killer!- urlò al team sulla terrazza. La sensitiva Nadia lanciò un urlo, esclamando frasi sconnesse, tra le quali Mastronatale riuscì a cogliere le parole "Kuntzer", "pericolo" e "morte".-La Kuntzer è in pericolo! Presto, dobbiamo raggiungerla in qualche modo!- si affacciò alla ringhiera, ma valutò che non sarebbe riuscita a sopravvivere ad un salto da quell'altezza.-Mio Dio, mio Dio...- Amadio, ripresosi dallo choc si avvicinò a Ferrario, il viso esangue e tremante. -E'... è una donna.... io... la conosco...-Un colpo di pistola, grida, il segnale d'allarme del locale iniziò a suonare. Videro persone fuggire verso l'esterno impaurite, alcuni caddero, finendo calpestati. Ferrario tirò fuori il cellulare di sevizio e chiamò rinforzi. Sapeva di stare agendo troppo in ritardo, ma gli eventi avevano fatto precipitare le cose, rendendo tutto frammentato. Un urlo, alto e prolungato fece accapponare la pelle a tutti. Sull'esterno, in piedi, ma con passo infermo la Kuntzer avanzava, reggendo il braccio sinistro con la mano destra. Anche da quell'altezza il team non potè non notare la grande macchia rossa che inzuppava la canotta della ragazza. Poi il suo passo si bloccò, girò la testa verso l'alto e cadde in avanti, come un burattino a cui sono stati tagliati i fili. Il killer l'aveva colpita, lei si era sacrificata per loro e questo fece esplodere in Ferrario una furia cieca.-Avanti, mi dica chi è!- urlò ad Amadio, strattonandolo per i risvolti della vestaglia.