Vi ucciderò, tutti

15.02.2015 20:07

Scendo dalla macchina richiudendo la portiera alle mie spalle con un sonoro tonfo, corro per la strada che mi conduce a casa ignorando le pozzanghere infangate che mi imbrattano le scarpe. Piango disperata, l’ennesima relazione finita, l’ennesimo uomo che mi sfrutta a suo piacere e poi mi getta nell’immondizia come carta straccia. Sempre la stessa storia: uomini sbagliati, prepotenti, narcisi che non hanno niente da offrire, mi spremono come un limone e mi liquidano con un: "è stato bello, ma non mi meriti, mi dispiace”.E’ sempre stato così, la dolce e timida Erika, facile preda di bulli e vittima sacrificale di uomini prepotenti. Entro in casa scossa da tremori, sono fradicia di pioggia e di lacrime. Una voce mi raggiunge dal bagno:”Vieni, ti sto aspettando, dobbiamo parlare”. Lei è in piedi che mi fissa con sguardo torvo. Se non fosse per quegli occhi sprezzanti di odio e quella forza interiore che percepisco, potrei affermare di essere io. “Erika è ora di finirla” mi intima. “Tu sei migliore di loro”. Mi fa cenno con la testa indicandomi il lavandino sopra il quale è appoggiata una lametta da barba. Titubante la raccolgo, la rigiro tra il palmo, poi una forza sconosciuta mi attraversa. La stringo in pugno, sempre più forte. Rigoli di sangue mi colano sul polso. Non sento dolore solo rabbia, odio e sete di vendetta. La voce della donna come una nennia mi perfora il cervello:"Uccidili, uccidili tutti"?
Sì, comincia a farmi male, un po', solo un po'. Alzo la testa e guardo nello specchio. Non c'è più, o perlomeno non la vedo riflessa.
Ci siamo capite, sorella. Ti avevo capita ancora prima che dicessi l'ultima frase. Mi guardo mentre sogghigno compiaciuta nello specchio e mi vedo come un'eroina di un film. Mi vedo ?bella, sono bella, anzi; e finalmente, per la prima volta da tempo, ho un perché.
"Tu sei migliore di loro... uccidili tutti"
Mi sciacquo il viso, ma con quel taglio mi sto facendo un bagno nel sangue. Mi viene da ridere, mentre raccolgo le gocce e guardandomi riflessa, mi dipingo i colori di guerra sugli zigomi. Si va in battaglia, adesso. Mi fascio la mano in fretta, mi asciugo e mi vesto. La signora deve essere bella ed elegante, colpirli. Colpire in pieno il loro istinto da cacciatori impietosi.
Da adesso caccio io. Mi chiudo la porta di casa alle spalle e mi avventuro nella notte.
La strada è già buia e mentre comincio a camminare con passo deciso e rabbioso, il suono dei tacchi delle mie ?scarpe si spande nella via deserta rimbombando quasi. Mi sento forte, indistruttibile e guardo con interesse il ragazzo che prova ad aprire la macchina e si incasina con la chiusura. Il telecomando forse ha le batterie scariche. Mi rendo conto che fino a poco tempo prima, in un passato che non è più mio, mi sarebbe sembrato buffo e mi avrebbe?fatto tenerezza, ma ora è solo vendetta. Mi avvicino e gli rivolgo una frase sorridente solo per prenderlo nella mia rete. È fregato, ormai. Estraggo la lama dall’astuccio a fiori e gliela avvicino alla gola. Il fiotto di sangue mi schizza in faccia e mi trasmette un’ebbrezza mai provata prima.
Sorrido. Lui mi è caduto ai piedi come una pera matura. Ora giace, mucchietto anonimo di stracci, sul selciato sudicio e cadendo una delle sue mani si è appoggiata sul mio piede. "Che sguardo avevi quando hai visto la lama lucente, piccolo verme. Non te lo saresti mai aspettato e invece guarda, ora non sei che un mucchietto di ossa e presto non sarai più nulla". Il mio pensiero vuole trafiggerlo come la lama del mio coltello, mentre scalcio via la sua mano dal mio piede e mi allontano voltando le spalle a quello che è solo la mia prima vittima. La prima di una lunga serie.
La rabbia sale ad ogni passo e mi dà forza. Mi sento come una bestia feroce a cui è stata aperta la gabbia troppo piccola e nella quale ha dovuto stare per un tempo infinito. Ora la gabbia è stata aperta e farò in modo che nessuno venga più a chiuderla, anzi, io stessa distruggerò la gabbia perché nessuno possa farmici entrare mai più.
Il rumore dei miei tacchi continua a risuonare nella via deserta e io cerco con gli occhi qualche altra preda: non può finire qui stanotte, ho ancora sete.
Vedo un rifiuto umano che sta rovistando in un cestino della spazzatura e punto immediatamente su di lui con il coltello ben saldo nel pugno. Si volta al rumore di miei passi e questo gli è fatale. La lama ancora sporca di sangue gli trafigge la gola senza che nemmeno se ne accorga. Cerca di aggrapparsi ai miei vestiti ed il suo sguardo interrogativo mi si punta in faccia, ma mi sposto e lui cade senza vita ai miei piedi.
Non posso fare a meno di prorompere in una sonora risata: ora sono io la più forte. Ora sono io che ho il coltello dalla parte del manico. Nel vero senso della parola.
La notte è ancora giovane, piena di vita che io vedrò di spegnere. Ho in mano l'interuttore che scintilla alla luce dei lampioni. Coppiette girano abbracciate, sorridenti, tanti maschi fanno finta di niente e mi osservano. Uno addirittura mi strizza l'occhio mentre con una mano palpa il sedere della ragazza. Passo la lingua sulle labbra, lo stuzzico, mentre il gusto del sangue pulito in fretta mi invade il palato. E' amaro, ma allo stesso tempo dolce e afrodisiaco. Il tipo mi guarda di nuovo, dice qualcosa alla ragazza e poi si incammina nella mia direzione. Essere belle ha i suoi vantaggi, ti rende cacciatrice e in grado di tenerli in pugno. Mi sposto verso una zona nascosta e attendo. Sento i suoi passi, il ticchettio del tacco che lo conduce verso la fine. Me lo trovo davanti, è bello, fisico possente e occhi penetranti; il tipo che fino a ieri poteva farmi girare la testa, prima che la mia vera io mi indicasse la strada. Un altro carnefice, un bastardo che vuole approfittare di me. Sorride e si avvicina; senza dire nulla mi afferra un seno, mentre con l'altra mano slaccia i pantaloni. Il coltello scatta improvviso raggiungendolo al collo. Il sorriso si tramuta in smorfia, perde il contatto con il mio corpo e barcolla all'indietro. Nei suoi occhi stupore, paura, meraviglia e... morte. Cade a terra come un sacco vuoto e rimango ad osservarlo a lungo, non perdendo di vista il coltello conficcato. Un fruscio mi fa sussultare, i miei sensi scattano e mi appiattisco contro il muro del palazzo. Poi lo vedo, mi guarda ed io non so che fare, tutta la rabbia si perde in quegli occhi grandi e sgranati. Un bambino, avrà circa sette anni, in mano un sacchetto dell'immondizia e la paura che lo attraversa.
Da grande sarà uno dei tanti. Bambino oggi, uomo di merda domani. I suoi occhioni innocenti diventeranno pietre ammaliatrici. Il suo corpo ossuto una marea di muscoli attreanti. Io fisso lui, e lui fissa me. Ha il respiro affannoso, e il suo sguardo scatta dal mio viso alla vittima ai miei piedi. Ho la maglia completamente imbrattata di sangue. Sono sudicia di plasma, plasma d'uomo. Cerco di avvicinarmi al bambino con passo rassicurante, nascondo la lama nell'elastico dei jeans. Lui indietreggia piano fino ad iniziare a correre, Lo acciuffo prima che possa gridare, ma non prima che riesca a bussare ad una porta. Si avvicina rapido un uomo sull'uscio di casa, credo sia suo padre. Mi chiede chi sia, gli spiego che il bambino è caduto e sono corsa in suo aiuto, mento. Lui annuisce preoccupato e mi invitare ad entrare. Gli spiego che ho avuto una notte piuttosto incasinata, che ho aiutato un bel po' di gente. Che sono un angelo mandato da Dio, volontaria di mille associazioni benefiche. Così facendo giustifico i miei vestiti luridi. Lui mi offre del thè caldo, lo sorseggio lentamente, e lui non fa altro che parlare, parlare, parlare. Ogni sua parola è una sfera vuota appesa al niente. Muoio dalla voglia di far esplodere quelle sfere di sapone. Bellissime, ma noiose. Gli dico che sono sola al mondo, che cerco qualcuno con cui passare qualche notte o magari una vita. L'uomo dapprima angelico e buono, diviene un diavolo possente, manda il bambino a dormire e si avvicina furtivo al mio corpo. Mi prende la mano e la poggia sul suo sesso coperto dai jeans. Gli sorrido divertita. Mi spinge la testa verso il basso, assecondo il suo desiderio e da quella prospettiva bassa scorgo che ha gli occhi chiusi e il capo all'indietro. Tiro fuori la lama, che gli taglia il sesso a metà, il secondo colpo è diretto dritto al cuore. Carcassa vuota incapace di amare. Non so se questo pensiero sia riferito a me o a lui.
Entro in casa che il giorno non ha ancora coraggio di farsi vedere. Mi viene da ridere al pensiero che una volante mi avesse fermata stanotte:"Signorina, scusi, che ha combinato?" Cosa gli avrei detto, forse: ho equalizzato il bilancio della mia vita, perdite e guadagni.
Invece sono qua, davanti allo specchio che adesso mi rimanda l'immagine di questo bagno che è davvero troppo pieno: tutti dietro di me, in silenzio, seri ma non arrabbiati, mi guardano con l'assenza di astio che la morte impone. Mi volto, nessuno. Esco e rientro e allo specchio sono ancora tutti là. Ok, ok, messaggio pervenuto. Mi pareva troppo bello di sfogarmi e farmi un bagno caldo e dimenticare un po' le mie intemperanze.
Cosi il bagno lo preparo davvero, con il bagnoschiuma all'iris che ha un odore penetrante. Mi immergo piano, gustando il brivido dell'acqua calda. Scarto l'ultimo pacchetto che gli avevo comprato. Volevo sorprenderlo con un regalo raffinato, invece mi ha sorpreso lui. Il rasoio d'acciaio tedesco mi svela la sua lama temprata e affilatissima. Tanto che quando sfioro il polso mi si aprono gentili ghirlande rosse che non fanno neanche tanto male. Plic plic, le gocce cadono sulla ceramica bianca che mia mamma ha tanto insistito posassi. E così, finalmente 'ste piastrelle hanno una loro funzione: fanno pendant alla mia opera d'arte totale. Fra poco entrerò anch'io dall'altra parte dello specchio. Non vedo l'ora. Dormire, forse sognare, basta che questo dolore finisca.