Unicorn Man (lettera a Marie)

11.04.2015 13:55

Con la partecipazione di: HariS, Karmantica e Lidia Popolano

Mia dolce Marie,
tesoro della mia vita, amore lontano, a te è sempre piaciuto chiamarmi così.
L'uomo degli unicorni, sì, per quella strana follia che avevo, prima che questo inferno si abbattesse sull'umanità, di disegnare animali inventati, immaginari. Come ridevi ed eri buffa, Marie, quando vedevi le mie bestiole sul foglio, quei piccoli regali che ti davo di nascosto. Ci prendevamo le mani, intanto che tu ti guardavi attorno, che non ci vedessero.
La guerra, Marie, come vorrei scriverti parole d'amore, ma non posso, la guerra e questo male che mi sta portando via, sono la mia fonte di disperazione.
Ci rivedremo mai alla fine di questo inferno, per poterci giurare amore e baci eterni?
Fammi sapere, mia dolce visione, fammi sapere che sei viva, stai bene e mi pensi, almeno un momento nella tua splendida vita. Che qualcuno di quei piccoli animaletti di fantasia ti sfiora il cuore e lo tieni con te come un ricordo di un legame che poteva essere.
Quando mi addormento, in questo delirio rovente che mi da la febbre, sogno i tuoi occhi, il tuo collo lungo e delicato, l'unico residuo, forse, di una te bambina che ancora mi scioglie di tenerezza ed amore. Sei tu, Marie e nel sogno, non so come dirlo, ti volevano portare lontana, lontana da me. Mai ci riusciranno, mia dolce fanciulla.
Perché sempre sarai dentro di me.
Amati; e vivi, mia meraviglia, che quando ti ritroverò potremmo ridere dei dolori che ci affliggono oggi. Il giorno che passa non dilegua il nostro amore.
Antoine

Gli spari che minacciano la quiete sono parole ridondanti, le stesse che ti direi se tu fossi qui a mezzo metro da me. Ti ripeterei le stesse cose all'infinito per accertarmi che alle tue orecchie arrivi il mio amore, e che esso fluisca attraverso il tuo sterno per poi arrivarti al cuore. La tua freccia l'hai già scoccata e mi si è piantata nel motore rosso. Oh, no. Tu non puoi essere la apri fila di una guerra, tu sei la pace nel sangue, il riposo nel frastuono. Tu sei ogni cosa bella che abbia mai visto, ed è sciocco e folle al tempo stesso che mentre guardo gente mutilata con gli occhi fissi su una pozza di sangue, rido e penso a te. Anche in tutta questa bruttezza riesco a sentirmi bene, perchè se anche il mondo fosse capace di tale barbarie per un tempo lunghissimo, so che tornando a casa sarai seduta sui quattro scalini dell'uscio, le tue calze rosse, i tuoi capelli riccioluti che ti cadono sull'incavo della guancia. Anche la magrezza non riesce a deturpare il tuo incanto. Non riuscivi a trovare abbastanza cibo, non immagino adesso che la guerra è ancora peggiore di quando sono partito. Le tue sottane ti staranno larghe, ma se non sono troppo indiscreto potrei entrare anche io nei tuoi vestiti, e la tua magrezza ti sembrerebbe un dono. Io e te nelle stesse pezze fredde a scaldarci le ossa, la pelle. Ogni bomba che cade è un bacio al contrario che immagino di lanciarti. Gli unicorni non mi hanno abbandonato ancora, mi dicevi che nei momenti di sconforto avrei dovuto pensare a cose buffe, è quello che faccio. La febbre alta mi aiuta a perdere la ragione. Accanto al mio letto di fortuna sta proprio passando un animaletto dalla testa arcobaleno, è un unicorno, è Slesh, l'animaletto più bello che abbia mai disegnato. Lo amavi perchè aveva gli occhi buoni,dicevi, io lo amavo perchè avevo disegnato quegli occhi pensando ai tuoi.
Antoine si alzò febbricitante dalla brandina. Intorno a lui corpi martoriati e urla di dolore. Il tendone di fortuna ospitava povere anime disperse come lui. La battaglia li aveva visti vittoriosi, ma a quale prezzo? Le truppe dimezzate e vite spezzate. L'unico appiglio che gli era rimasto era il sorriso su un volto angelico, il ricordo di un rossore appena accennato su gote un tempo paffute. L' avrebbe sposata Marie, sua vita, suo amore. Quando era partito per la guerra si erano stretti forte piangendo calde lacrime. Il loro amore non sarebbe stato seppellito dalle macerie, ma si sarebbe ravvivato, di un rosso abbagliante. Il ricordo del primo incontro lo teneva in vita. La fame, la guerra lo avrebbero sconfitto, se non fosse stato per Marie. Si erano incontrati prima della guerra. Allora la lavanda fioriva nei campi di Rems, e il profumo solleticava le narici. Antoine si era recato presso la fattoria dello zio, lo avrebbe aiutato nella manutenzioni dei campi. Era giovane Antoine, ricco di sogni e di speranze. Era bastato uno scambio di sguardi furtivi. L'aveva incontrata nella bottega del paese mentre comprava una baguette. Era bella Marie, pelle bianca dipinta da piccoli efelidi. Ci si può innamorare di un dettaglio, di due occhi grigi che ti sorridono? Antoine non ne aveva avuto alcun dubbio. I vestiti della ragazza sottolineavano il suo ceto sociale. Il padre l'avrebbe voluta maritare con un buon partito, non con un contadino come lui. Per notti non aveva dormito al pensiero di quegli occhi cerulei, i suoi sogni erano sempre gli stessi. Marie, Marie, Marie. Per giorni erano stati solo sguardi e tenui sorrisi. Poi in un attimo i loro corpi si erano sfiorati ed era stato il paradiso.

I brividi avevano pervaso i loro corpi. L'amore che provavano era unico, il desiderio anche. Era bastato sfiorarsi appena. Marie era la vita. La speranza, il futuro. Era tutto per lui.

"Ci sono cose che provi e quasi non te ne rendi conto..."Cominciò a ripensare Antoine "Eppure ti rimangono dentro fino a quando non scopri che esistono...sono lì, ad aspettare pazienti il momento in cui non puoi più ignorarle. Ti amo Marie. Ora tutte le mie giornate mi parlano di te.
Vorrei gridarlo a tutti quanto. Si, ti amo... di un amore bellissimo. A tratti tremendo. A tratti confuso e meraviglioso. Tutto tranne che una colpa. Che male c'è ad innamorarsi? Non capisco.
Che ragioni ci sono per farlo sembrare un insopportabile e grosso macigno? Per quali di quelle ragioni sto pagando il prezzo che la vita mi ha imposto? Perché dovrei rinunciare a te? Perché non dovrei poterti avere? ti vorrei qui con me adesso. Vorrei parlarti... dirti queste parole, e tanto di più, quasi come se le stessi infilando un una bottiglia e, serenamente, la stessi consegnando alle onde impetuose del mare, perché il suo significato resti per sempre ma si allontani il più possibile da me. Proprio come temo che ti convinceranno a fare. Ci sarai ancora al mio ritorno? Sarai lì o dovrò morir d'amore?"

E fu per quel paradiso che Antoine indossò quella divisa, non per amore di patria, non per senso civico, ma per amore di Marie. Se suo padre storceva i naso davanti ad un contadino avrebbe portato rispetto alla divisa di patria, divisa che a suo tempo indossò anche lui, che custodiva nell'armadio con cura e devozione d'eroe, e che proprio quando il fantasma della guerra sembrava essersi dissolto nella memoria del popolo eccolo riapparire ed affamare ancora tutti, uomini, madri e figlie, inondando di lacrime persino occhi meravigliosi, pieni di vita, pieni di amore in quel riflesso grigio, gli occhi di Marie.

Gonfiò il petto d'orgoglio suo padre quando Antoine si presentò davanti a casa di Marie, con i capelli ben rasati, con quell'aspetto troppo ordinato per un contadino, con quella divisa ben stirata che nulla aveva a che fare con la terra se non per qualche sfumatura di marrone che si intravedeva tra le macchie verdi stampate.
Aveva guadagnato l'amore l'amore di Marie con piccoli rispettosi e teneri gesti, con delicate carezze e appassionati baci, ora doveva guadagnarsi il rispetto di tutti e lo sventurato non ha che la sua vita e le sue braccia per conquistarsi il rispetto. Avrebbe messo a disposizione tutto ciò che aveva: vita e fiato ma non per l'onore, non per la patria; per amore, solo per amore.
Pianse lacrime di paura la bella Marie, stingendo al petto la lettera dell'amato, una busta bianca con disegnato sopra un unicorno, lui la guardò con occhi carichi di pena e speranza.
"Tornerò vincente in sella ad un unicorno, e se la mia vita non potrà essere la tua che se la prenda un demone di ferro e di fuoco, che tanto senso non ne avrebbe..."

Ieri è passato un Generale, Marie. Ha fatto visita al campo ed ha avuto parole di elogio per tutti gli ospiti di questi letti. Ci ha chiamati eroi, patrioti, e mentre camminava fra le brande si teneva sul naso un fazzoletto di candida seta profumato di essenza di lavanda, tanto che tutti ne han sentito l'odore. Certo, pur orgoglioso di noi, era di certo infastidito dall'acre odore del sangue, della carne putrida divorata dalla cancrena. Ma le sua parole mi hanno rasserenato, sai. Tornerò da te con una medaglia sul petto, un eroe della guerra, e poi vedremo se avranno ancora da ridire di me, se mi tratteranno ancora come un povero contadino indegno di starti accanto. Glie la faremo vedere, Marie.

Oggi è passato il medico: aveva uno sguardo severo, accentuato da quei baffetti a punta rivolti all'insù, e si è fermato a parlare con tutti. Quando è arrivato a me ha fatto un gran sorriso! Mi ha detto che presto mi avrebbero operato e che forse una gamba sarebbero riusciti a salvarla. Ci pensi, Marie, con un bastone ma forse riuscirò ancora a camminare, ad andare in paese a mostrare a tutti la mia medaglia e forse anche la lettera di elogio del Re. Sai, il Re scrive sempre di suo pegno la lettera di elogio ai mutilati di guerra.
Ora devo andare, Marie. Son venuti a prendermi con la lettiga per la sala operatoria. Mi addormenteranno e ti sognerò in sella all'unicorno rosso, e mi sveglierò con davanti a me ancora l'immagine del tuo sorriso sullo sfondo del cielo azzurro di Provenza.

E' questo languire, ora, che mi rode; più del dolore, più delle ferite, più della sofferenza, e ce n'è tanta, troppa, intorno a me. L'operazione è andata bene, e non era scontato; il mio corpo immobile, ferito, è debole e convalescente, coperto da queste lenzuola ruvide, rimboccate con gentile amorevolezza da infermiere discrete e silenziose. In realtà non ho ancora il coraggio di guardare cosa c'è sotto; temo ad affrontare ciò che il mio corpo ha subito e patisce, dopo quest'ennesima prova. Per distogliere l'attenzione da tutto questo penso a te, Marie. Penso a te e ai prati verdi che circondavano la vecchia casa colonica, penso all'azzurro del cielo perché è passato troppo tempo da quando l'ho visto l'ultima volta, avvolgere nel sole la nostra campagna. Qui tutto è grigio, pesante, odoroso di sofferenza, dolore e morte. Non voglio più sentirne parlare, voglio solo pensare ai nostri unicorni di carta, che volteggiano su nuvole d'inchiostro o sui prati limpidi della nostra fantasia. Il mio amore per te, Marie, non è un unicorno, non è una leggenda, né una promessa, ma solamente la speranza che tutto questo finisca molto presto, per poterti raggiungere. Non so come, non so quando, ma ti raggiungerò.

La guerra imperversava e la campagna era sempre più povera, magra e sterile. Le famiglie non avevano nient'altro da mangiare. I contadini erano troppo vecchi e curvi sui campi avidi e schiacciati dall'angoscia per i giovani lontani, a morire. Le donne erano sfatte, smunte, con le membra gracili e gli occhi aridi anche di lacrime. Per Marie era venuto il momento di lasciare la famiglia. Non sarebbe sopravvissuta ad un altro inverno. Le suore, nel convento lontano, l'aspettavano. Non poteva ribellarsi alla decisione del padre. Antoine, non sarebbe comunque più tornato, e la speranza sembrava un unicorno sbiadito nei suoi ricordi.

Non so se ti giungeranno mai queste mie lettere, Marie. Siamo nel mezzo della zona di guerra e varcare le linee non è facile. Qui non arriva posta da mesi, e non è neppure arrivato il cappellano che aspettavamo ... molti se ne sono andati senza l'ultima parola di conforto, senza una benedizione, senza poter confessare i propri peccati ... e molti altri se ne andranno così. Anche chi è ormai in via di guarigione non può prendere la via di casa. Restano tutti qui, a dare una mano agli infermieri, ed il cielo sa quanto ce n'è bisogno! Ne arrivano ogni giorno dal fronte, con le carni lacerate e lo spirito corroso dall'orrore di questa guerra.

L'altra notte ti ho sognata, Marie: cavalcavi l'unicorno rosso, ma il tuo viso era triste ed il tuo corpo scosso dal pianto. So quanto soffri perché lo stesso patire è mio fedele compagno da mesi, ma questo calvario avrà presto fine. Tornerò da te, Marie; con nel corpo le offese di questa inenarrabile follia ma la mente determinata a superare il passato e proiettarci insieme nel futuro, e ti donerò il mio cuore, e avrò dal tuo sorriso tutto ciò che finora mi è stato negato. Ho pensato, sai, che pur nella mia condizione non sarà difficile accudire un gregge di pecore con cui tornare ogni sera all'ovile e donarti i fiori ed i frutti di ogni stagione. Insegneremo, noi che abbiamo vissuto la guerra, la pace ai nostri figli, ed il sorriso. Quel sorriso che vorrò vedere la prossima volta che verrai a popolare i miei sogni; quel sorriso che m'illumina il viso ogni volta che ti penso.
Domani verranno a medicarmi, Marie, ed avrò certezza del mio destino. Stasera, prima di dormire, recita una preghiera in più per il tuo Antoine.

Ma-rie, Ma-rie il tuo nome si scioglie in bocca come miele ma non è una dolce medicina poiché il mio sguardo vaga già fra i troppi corpi senza vita che la guerra lascia dietro sé. La mia anima lacerata rincorre senza posa la mia oasi di pace ma non riesce perché tremula è l'immagine e insaziabile l'anima. Certe volte credo di non meritarmi il tuo paradiso. Sono disperato di te.

Ho ucciso anime nemiche, già nemiche di chi? Sai hanno tutte il volto di quel ragazzino che per salvare la mia stupida vita ho ucciso. Il mio primo omicidio benedetto dalla patria. Ma non da me. Io non mi perdonerò per ciò che ho fatto. Fuggo ogni notte lontano da me. Salvami angelo mio. Prega per me, suona ancora il piano vestita di lino azzurro troppo trasparente per le tue bellezze in boccio e ti prego non smettere mai di ballare nei prati di tua nonna. Questo è il mio paradiso, mia rendentrice d'anime. Questa sei tu. Questa ed anche ella che quando dietro al fienile mi mostrò come il mio povero soma poteva divenire unicorno poi mi baciò sfuggendo via dalle mie nervose mani di te. Ogni notte sogno di lasciare quest'inferno, ogni notte sogno di te vestita di bianco che mi accogli nelle tue stanze interne e mi porgi la tua anima come balsamo per mie molte pene subite. Sei il mio balsamo, sei il mio amore, la medicina che cura la malattia presa dalla medicina. Ho freddo seppur mi hai insegnato a volare fino al sole. Ma non sono Icaro amore mio, non ho fede il questi tuoi sogni, sono un semplice soldato maledetto che un giorno spera con tutto il cuore di prendere la tua mano e con il vestito buono di mio padre portarti davanti a Dio e prenderti in sposa e giurare fedeltà alla tua anima. Questo soldato vuole anche saziarsi di giorni con te e non rammentare più di storie di giovani che avevano un amore grande come il mio che non rivedranno più. Io tornerò te lo giuro! Tu aspettami non tarderò.

Ho chiuso la valigia, dentro poche cose, pochi oggetti che mi porterò dietro per cercare di pensare che non tutto è perduto. Ormai il tempo scorre e travolge questa vita che pare essersi fermata sotto un cielo rosso di sangue, di morte e guerra. La tua lettera è quella che prendo per ultima, il legame che mi tiene vicina al tuo cuore, poche righe scritte con un inchiostro che sembra sbiadire minuto dopo minuto. Due mesi senza notizie e la mente mia che vacilla e non può pensare che tu te ne sia andato. Mio padre è fuori che aspetta, pronto a condurmi dove io non vorrei, ma dal suo viso capisco che lo sta facendo per il mio bene, per salvarmi da questo orrore. Mi sono votata al Signore in queste settimane e l'ho sentito vicino, parte di me; io creatura innamorata e lui capace di ricevere tutto l'amore che ho da dare. Questo amore che si trasforma in dolore al tuo ricordo, che rende i miei pensieri agitati, impauriti per il passo che sto per compiere. Se davvero qualcuno in alto mi ama, lo prego affinchè affaciandomi alla porta ti faccia comparire. Non mi importa di quanto la guerra potrà averti cambiato, ma di sicuro non l'amore che ci lega. Affronteremo il futuro, saremo capaci di tornare sereni, assisteremo insieme alla notizia che la guerra è finita, vedremo i nostri figli crescere e le speranze tramutarsi in realtà...

Quanto lo vorrei, credere che tutto sia un sogno e che noi stiamo vivendo in un incubo dal quale verremo strappati per tornare alla luce, in sella ad un unicorno bianco, pronto a spiccare il volo verso il cielo. Piango Antoine, per me, per te, per noi, per questa assurdità che l'uomo ha creato e che continua a voler rinnovare nel tempo. Afferro la valigia, scendo e mi affaccio, davanti a me mio padre, dietro di lui solo il verde di un prato senza fiori.

Marie, ho ricevuto una tua lettera di qualche settimana fa. La tengo qui sul petto. Sarà lei che indicherà la via del mio cuore in caso morissi.

"Antoine, ho ricevuto una tua lettera, è datata due mesi orsono. Chissà se ciò che scrivi è ancora valido, se ciò che senti per me è ancora vivo come lo è per me. Cosa porto di te nel mio cuore? Il tuo portamento eretto e sicuro, il tuo sorriso incredulo nel vedermi per la prima volta, il tuo tremito nell'abbracciarmi, il tuo sguardo meravigliato che si è posato sul mio sorriso, come nessuno ha mai fatto. E il mio sorriso sia sempre con te, amore mio. Si posi dolce sui tuoi occhi stanchi e delusi, sulle tue mani operose e delicate, sulle tue braccia avvolgenti e sui tuoi amati capelli. Si posi leggero e ti sia sollievo nei momenti difficili, conforto nel buio della notte, appoggio per la tua anima provata, sostegno alle tue decisioni. Ricorda, amato mio, che aldilà della lontananza, aldilà della sofferenza, aldilà del silenzio, aldilà delle scelte obbligate che faremo, ogni volta che chiuderò gli occhi, io rivedrò il tuo caro e sorridente volto e udirò le tue ultime parole: sei bella Marie ..."

Finale 1

Il professore tolse gli occhialini da lettura posandoli con mano tremante sul tavolo passandosi commosso le dita sulle palpebre chiuse per non far sgorgare lacrime di emozione. I fogli ingialliti e scricchiolanti di antichità erano sparsi davanti a lui. Cominciò a riordinarli in fasci con delicatezza e rispetto. Sembrava che la sua ricerca dovesse finire lì, tra le mura di quel convento sulle alture della Provenza. La storia di Antoine, soldato semplice della Prima Guerra mondiale, che l'aveva appassionato sin dai primi e fortuiti indizi sopra alcuni disegni conservati nella biblioteca di un paesino di provincia. Nuvole ed unicorni, accompagnati da versi struggenti e in seguito la storia di queste lettere scritte dal fronte ed indirizzate ad una ragazza di cui non si sapeva nulla. La tenacia e la passione storica del professore l'aveva dapprima condotto a scoprire chi fosse Antoine, in seguito a ricostruire la storia ed i fili del tempo che l'aveva unito a una giovane del luogo. Le lettere del soldato e i ricordi degli anziani, avevano accompagnato il professore fino al convento di Saint-Paul-de-Vence e a svelare la storia di suor Antoinette.

- Professore... - disse la voce pacata della madre superiora, sorprendendo l'anziano signore con l'animo scosso. Lo studioso sorrise, rimettendo i documenti nei contenitori e raccogliendo le proprie carte: - Emozionante, madre. E' stata un'esperienza... peccato non si possa ricostruire il finale della storia. Non sapremo mai sei suor Antoinette era in realtà Marie...
Mentre il professore stava per salire in auto nel parcheggio ai margini del bosco che circondava il convento, un viottolo frondoso nascosto da sicomori lo incuriosì, attratto da un rumore. Con passo incerto si inerpicò, seguendo una strana sensazione, e tra le fronde del sottobosco, l'uomo vide due piccoli cavalli che si sfioravano a vicenda (o due unicorni?), che poi svanirono nel nulla.

Finale 2

Erano questi i pochi momenti che ancora la legavano al mondo esterno: ogni mattina, prima che iniziassero le preghiere, apriva la sua vecchia borsa di tela e scorreva rapidamente le lettere che Antoine le aveva inviato durante la guerra, 40 anni prima. Lo aveva fatto all'inizio, da novizia, per meglio sopportare le privazioni ed i tormenti, del corpo e dello spirito, che doveva sopportare. Lo faceva ora, Madre Badessa del convento di Saint-Paul-de-Vence, per ricordare a sé stessa che la sua non era più una rinuncia ma una scelta, maturata e consolidata negli anni, sulla via di un Amore più grande, indistruttibile, Eterno, che superava, ma comprendeva in sé, quello che aveva provato per Antoine. Gli aveva spiegato, nella sua penultima lettera, i motivi che la costringevano ad entrare in convento; Antoine aveva risposto che sarebbe tornato a portarla via di lì. Gli aveva poi scritto un'ultima lettera, anni dopo, per dirgli che lì, in quel convento di clausura, aveva trovato la vera pace ed il vero amore, e che nulla l'avrebbe riportata indietro. La risposta di Antoine, l'ultima lettera che ebbe da lui, diceva che il suo Amore era così grande da lasciarla volar via sull'unicorno dalle ali d'Angelo, se era questa la sua felicità. Poi silenzio, da più di trent'anni.
Indossò il velo, prese in mano il breviario dei salmi e si avviò verso per il lungo corridoio che conduceva alla cappella. Come ogni mattina, rallentò passando accanto alla finestrella che mostrava uno scorcio della chiesa esterna e gettò in fugace sguardo sul pover'uomo che ogni giorno era a chiedere, sulle ginocchia, l'elemosina sul sagrato.
Più tardi, a colazione, avrebbe mandato una conversa a servire una ciotola di latte e del pane e formaggio a quel povero mutilato, come faceva ogni giorno, da più di trent'anni a questa parte.