Pochi Ma Buoni

15.03.2015 10:44

Un racconto che ha come protagonisti quattro bambini, le loro idee avventurose e la capacità di diventare grandi non dimenticando l'infanzia, i sogni e soprattutto le madri 'illuminate'. Una teoria fantascientifica folle che è al tempo stesso una scusa per fare i giochi ed un grande trampolino di lancio per il futuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pochi ma buoni

E così all'inizio dell'estate si ritrovarono ancora sotto l'albero, come non facevano più da un pezzo. Erano quasi passati tre mesi da quando la madre di Ale  se ne era andata. I quattro si fermarono nel prato. Era già buio e si cominciavano a sentire le cicale. La stagione virava verso il caldo e loro virarono la testa e lo sguardo verso l'alto. Diedero un'occhiata lunga e malinconica all'albero, nella penombra. Era distrutto, poveretto, almeno metà dei rami mancava, ma era ancora il loro vecchio e fedele alberone. Era lì che era cominciato tutto. Poco più in là, o chissà dove, le stelle stavano brillando come non mai. Era un cielo sereno e limpido, come tentavano di essere loro.

Che notte splendida.

Francesco, forse il più plateale, prese la lattina di chinotto e la aprì, poi la sollevò in alto, come a fare un brindisi: "Ad una gran signora" disse, trattenendo un sospiro grande come una casa. Giovanni, che aveva tenuto in tasca un aeroplanino di carta, lo prese tra le mani - non era neanche troppo spiegazzato - e lo lanciò verso l'albero.

"Molto più mia madre di quei due accidenti che devo chiamare 'i miei genitori'" aggiunse.

Andrea si accese una sigaretta poi, con le lacrime agli occhi, commentò: "E' lei che ci ha indicato la via. Una strada bellissima da seguire"

Alessandro rimase in silenzio per un po', con il foglio del disegno in mano, quel disegno fatto da lei tanti anni prima. Gli altri lo videro e sorrisero tristemente. Era un vecchio foglio di carta a quadretti, da quaderno. C'era un orsacchiotto disegnato su, con una faccia buffa, lei disegnava alla grande; un orsacchiotto che teneva in mano un aereo di carta e stava sotto un albero, il loro albero. In basso, subito sotto il disegno, c'era scritto:

'vi potevate ammazzare, ma mi avete dato l'idea che mi serviva. La prossima volta vi finisco io'

Ale sospirò, si schiarì la voce e fece finta di assumere un tono compassato: "Va bene, visto che lei non c'è più ma è sempre con noi, propongo di fare la faccia allegra e tornare in casa a mangiare qualcosa, no?". Alzò la testa a guardare la cima dell'albero, o forse era il cielo, poi sussurrò:

"Ciao, madre"

*

Inizio estate 1982

Vai a capire perché ho accettato di fare una cosa del genere. Non sono assolutamente convinto che sia una delle mie idee migliori, anzi. Anche gli altri tre mi sembrano deficienti, come e più di me.

"La spinta è proporzionale alla tensione del ramo e alla... come si chiama...? del materiale"

Ale guardò Francesco e sbuffò. "Elasticità del materiale, l'ho studiata oggi. Il problema è solo uno: perché tra gli astronauti possibili avete scelto me?"

Andrea lo guardò sorpreso: "Perché sei il più piccolo e magro, Ale. Vuoi che ci mandiamo Giovanni il ciccione, al lancio?"

Giovanni, in un attimo di ispirazione, fece finta di non aver sentito la frase dell'amico e partì con un'osservazione che sarebbe diventata epocale: "La scienza è tutto e noi siamo i suoi adepti; ma senza la creatività, l'invenzione, la scienza non si accende neanche"

"Ma sentilo, il professore; e alla fine avete deciso di lanciare me"

"L'invenzione è bella, ma senza un ramo che tenga non conta un cazzo. Con te il ramo tiene di sicuro"

"Quando scendo vi faccio il culo, promesso"

"Se scendi"

"Ultimo chinotto prima di partire?"

"Vai col chinotto, chi ha le lattine?"

*

"Tu dici che ad Ale potrebbe piacere, una cosa così?" chiese lui arrivando in cucina e guardandola mentre faceva da mangiare. Poi prese le posate e cominciò a pensare ad apparecchiare, almeno quello.

"Va bene pensarci per tempo, ma ci sono ancora tutti e tre gli anni delle scuole medie e..."

"A sua sorella piace, mi sembra. Cosa ne dici?"

"L'ho proposta io, la scuola e si fa nei laboratori dove lavoro. Elisa è più grande ed è più inquadrata, seria. Ale è un po' un artista, disegna, scrive fumetti e storielle..."

"Quasi tutte lasciate a metà..."

"Sì, appunto, fa così, poi disegna automobili, vuole diventare il nuovo Pininfarina, sta tutta la sera a guardare le stelle da solo o con i suoi amici. Vuole andare nello spazio. E' più ambizioso, mira molto in alto. L'ho detto anche con lui. Però ha anche dieci anni e cavolo, dagli un po' di tempo"

"C'è un temporale?" chiese lui improvvisamente.

"Non ne ho idea" rispose stupita lei, credendo che il marito volesse cambiare discorso.

"Ho visto un lampo, là fuori, dalle parti dell'alberone; e naturalmente Ale è in giro con i suoi amici"

"Dove è andato, quel defo?" chiese la figlia maggiore, che si era materializzata nel soggiorno all'istante.

“Ma tu non eri a studiare nell’altra camera?”

*

"Ahia, porca tro... se becco quel defo che ha detto che il ramo teneva..."

"Ale, tutto bene?"

Giovanni si era precipitato ai piedi dell'albero. Era sceso in un baleno, il che per la sua stazza era un evento. Guardò il ramo spezzato e bruciacchiato poi, vedendo che nessuno si era fatto troppo male, rise. "Che botto!"

"Cos'era? Una reazione chimica?" chiese Francesco, anche lui sceso al volo.

"Sì" commentò Andrea "Dei rutti che fa Franci con il suo chinotto"

In lontananza sentirono la madre di Ale che li chiamava: "Ragazzi, venite dentro che c'è il temporale"

Ale si alzò di scatto: "Se mia madre ci becca, mi sa che stavolta... nascondi il ramo"

"Dove lo nascondo un ramo così? Pensavo fossi ferito ma sei scemo come sempre"

"Sì, ti pare che mi potrei fare gli ultimi due giorni di scuola in ospedale? E poi... io sono immortale"

Troppo tardi, la mamma di Ale si era avvicinata ed aveva visto il fumo ed il ramo spezzato. "Mi devo preoccupare?" chiese fingendo calma.

 "Ciao, madre. Adesso veniamo in casa. Abbiamo portato a termine l'esperimento"

 "Di che tipo?" chiese lei, con un filo di voce.

 "Fotosintesi artificiale in assenza di gravità" annunciò Giovanni entusiasta.

 Lei cercò di reprimere una risata e commentò: "I casi della vita sono due: o siete dei geni folli, ma da ricoverare, o siete scemi creativi. Venite in casa, per oggi avete combinato troppi danni"

*

Dopo mangiato, la madre si sedette a tavola con Alessandro a sentire che grande idea avevano avuto. Il padre fingeva di leggere il giornale stando in poltrona, sette orecchie puntate come antenne ai discorsi del figlio.

"Pensaci, madre: potare l'ossigeno anche su Marte! Allora: campana di vetro. Cioè... barattolo di marmellata vuoto... piantina dentro la campana. Lampada del giardino per illuminare la piantina..."

"Le lampade alogene del giardino? Quelle che bruciano anche le pietre?"

"Ehm... sì. L'assenza di gravità è: prendi il vaso con la piantina e lo lanci dal ramo dell'albero"

Il padre di Ale lo guardò con aria preoccupata da dietro il giornale.

"Una molotov da giardino!" commentò lei "Ho allevato un piccolo terrorista. Anzi quattro; e voi volevate portare l'ossigeno su Marte sparando piantine cotte? La fantasia non vi manca di certo"

"Poi il ramo si è rotto..."

"E vi sta bene. Dare una bella culata in terra, soprattutto tu. Ma non potevate andare a vedere un bel film di zombie, così vi prendevate paura e stavate più tranquilli?"

*

Alla fine dell'estate, però, il laboratorio di biologia botanica dell'Università era pieno di lampade a raggi UV ed in poco più di un anno le serre di mezza Italia acquistarono il sistema Second Sun. I ragazzi, rinfrancati, fecero tutti e quattro le superiori alla scuola di biologia e due di loro riuscirono ad entrare al laboratorio dell'università.

Poi, una notte di tanti anni dopo, si ritrovarono ancora sotto un albero a guardare le stelle.