Catachlysm, La nuova faccia della morte

14.03.2015 20:19

Catachlysm

La nuova faccia della morte

 
La notte, quella notte, era più buia di tutte le notti mai viste prima. La luna già pallidissima era ricoperta da una coltre fitta fitta di nuvole nere. Solo uno spicchio lasciava trapelare un filo di luce. Questo, raggiungeva ogni casa sulla sua linea d'aria. Ogni tetto, ogni finestra, ogni davanzale. Quello stesso filo di luce debole e dormiente, era adagiato ai piedi di un letto scuro. Su ogni lato di quest'ultimo, un gruppo di persone si accalcava a dismisura. Non parlavano, non si agitavano, tutte, osservavano con apprensione un vecchio morente. Esso era gracile, pallido, pelle e ossa. Il suo corpo rettilineo nascosto da un lenzuolo in pizzo. Gli occhi blu cobalto di un tempo, erano due stracci acquosi, due bolle di sapone senza vita. Tossiva a malapena, il suo respiro era così sottile quasi da non sentirsi. Lui era stato la Morte per molti anni, quello che strappava le giovani vite, quello che distruggeva la felicità. Lui era stato il motivo di molti pianti, ma allo stesso modo l'equilibrio di tutte le cose della terra. Se non avesse ghiacciato la vecchia rosa, la nuova non avrebbe preso il suo posto, non avrebbe allietato gli sguardi nuovi. Si narra però, che la morte sia immortale, che il suo tocco glaciale non può toccare a se stesso, che vi rinuncia a molte beltà della vita, a patto che quel tragico finale non toccasse a Lui. Così era stato per trecento anni, fino a quando non fu così stanco da non accompagnare più nessuno alla morte. Si prese un giorno di riposo, poi due, poi tre. Rimase a letto mesi interi, nessuno moriva più, la città era in festa. Il buon Dio forse,si pensava,aveva deciso che fosse ingiusto quella pratica barbara che toccava a tutti da sempre, ma non era di certo un dono celestiale, la Morte era semplicemente stufa, e il suo contratto col Demonio aveva perso ogni valore. L'uomo, se così possiamo definirlo, si ammalò fatalmente, e così, quella stessa notte fredda morì di crepacuore.
Tutti gli ospiti incappucciati, parenti e amici dello stesso uomo ormai morto, si dissolsero nel nulla. I loro corpi freddi sparendo, lasciavano dietro di sè una strana scia sinistra. La donna al capezzale dell'uomo, sua moglie, era china ai suoi piedi, non versava lacrime, era lì a guardarlo come si guardano le statue. Le sue gote plastiche erano ritte, quasi ricurve in un sorriso. Non provava dispiacere, ma solo preoccupazione, perchè dal loro amore carnale era nata una sola erede : la piccola Catachlysm, una femmina. Da quando esisteva la morte, questo difficile ruolo non era mai stato ricoperto da una donna. La morte era sempre stata inflitta e decisa da una mano e da una mente burbera e possente. La donna era afflitta da mille paure, se non fosse esistita più una morte non ci sarebbe stata più la vita, e se si fosse rifiutata di adempiere a questo compito, il Demonio li avrebbe uccisi tutti, non risparmiandone neppure uno.
La piccola Cata, ai primordi dei suoi dodici anni era una bellissima bambina. I suoi lunghi capelli neri sembravano una seta pregiata, i suoi occhi, gli stessi blu cobalto di suo padre erano fari nell'oscurità. Era una bambina diversa, non era allegra, forse, influenzata dal clima lugubre in cui era cresciuta. Per lei la Morte, a differenza degli altri bambini, non era una sconosciuta, o una cosa triste, la Morte era suo padre, era il lavoro giusto che suo padre compiva, ma non si sarebbe mai sognata di prendere il suo posto, nè per il suo genere di appartenenza, né perchè quella carriera la rendesse felice. Suo padre era instancabile, e forte, e molto incline a spazzare via le vecchie cose. "Cata, entra pure." le disse sua madre, quando la piccola poggiò appena le dita sulla maniglia di ottone. Suo padre era più pallido del solito, non le aveva sorriso, sul volto un espressione di dolore. "Papà non c'è più, è dovuto andare.."
Cata deglutì faticosamente, poi rispose: "Ma papà non poteva andarsene, lo sappiamo tutti e due che non poteva, ora chi prenderà il suo posto?" disse tutto d'un fiato. "Non c'è scelta buio mio, tu sei la nostra unica erede, al Demonio andrai bene allo stesso modo." rispose sua madre. "E se non volessi?" "Se non volessi l'intero mondo andrebbe a rotoli, tutte le cose smetterebbero di esistere." Il corpo di suo padre, lentamente, si sgretolava a piccoli pezzi. Ogni molecola che dapprima era un tutt'uno, ora si disfaceva sotto il peso del vento. Non vi rimase più nulla, solo un cuscino, un letto teso, un silenzio assordante.
Catachlysm crebbe con la convinzione che di lì a poco avrebbe preso il posto del suo amato padre. Non sapeva se fosse un dono del Demonio, o piuttosto una punizione per l'inettitudine di suo padre, ma quello che le si parava dinanzi da adesso all'eternità la faceva tremare di paura.
La cerimonia di iniziazione era piuttosto semplice. Bisognava lasciar perdere ogni cosa a cui prima si teneva, lo stesso affetto per i suoi cari fu una cosa ormai vecchia, nel caso, nella sua lista nera ci fosse uno dei loro nomi. Cata, ormai diciottenne, e bella come non mai, sarebbe stata la Morte più fatale mai esistita sulla faccia della terra. Era distesa sullo stesso letto dove qualche anno prima suo padre scomparve. I capelli lucidi e scuri sciolti sulle lenzuola di neve.Il vestito lungo e nero rifletteva la pallida luce lunare.Con il pugnale di generazioni fa si aprì uno squarcio sulla guancia. Dalla ferita, caddero tre gocce di sangue, queste, ricaddero sulla stessa lama d'argento. La stessa folla era accalcata allo stesso letto, Catachlysm doveva fare l'ultima cosa: morire per essere la Morte. Si conficcò il pugnale nel petto, ricadde all'indietro, un tonfo sul morbido cuscino. Quando riaprì gli occhi, il suo sguardo era ormai ghiaccio tagliante.
Non c'erano più state morti nell'intervallo fra la morte della stessa, e la crescita di Catachlysm. Inizialmente si era pensato di gettarla nella mischia fin da subito, ma il Demonio, presentatosi fin sotto casa promise che avrebbe aspettato ancora qualche anno, a patto che allo scoccare dei suoi diciotto anni avrebbe tenuto fede alla promessa data di ricoprire quel ruolo scomodo. Eternville, aveva festeggiato con grande gioia il fatto che da così tanti anni non ci fossero stati più addii. Il nonno aveva cresciuto i propri nipoti, e anche i nipoti degli stessi. Il Padre stressato, dall' aorta otturata aveva tirato avanti con pasticcini e impegni di lavoro. I bambini, quelli malati, si erano sentiti sempre più in forza, e tutti, ad uno ad uno erano tornati nelle loro case. Era un fenomeno strano quanto piacevole, la stessa cittadina, informandosi se quel lieto destino fosse stato riservato solo a loro, capì che era un fenomeno globale. Nessuno più era morto, e molta era stata la felicità accumulatasi sotto lo strato più spesso del cielo.
Cata si rialzò dal suo letto di morte, tirò fino ai piedi il vestito insanguinato, e vi rimase nuda e fiera dinanzi a tutti gli ospiti e i parenti. Sorrise spavalda a sua madre, poi strattonandola per la spalla si fece spazio fino all'armadio. La folla la guardava incuriosita. Che Morte sarebbe stata una Donna? Quale vanità nascondevano le sue ormai scomparse gote rosse?Cosa celavano le sue labbra Sante. Cosa era rimasto nel suo cuore di ciò che era stata la sua vecchia vita, e la domanda più importante era: C'era ancora un cuore? La stoffa del suo vestito insanguinato giaceva ai piedi del letto. L'anta dell'armadio scricchiolando, spalancò le sue braccia legnose. Un vestito rosso porpora fu la scelta di Cata. Il corsetto stretto le tirava via quel filo di respiro che le era rimasto. Tirò fuori l'ascia che era stata di suo padre, e a piedi nudi scomparve nel giardino.
Il giardino di casa sua era stato il suo rifugio per molto tempo. Il labirinto erboso l'aveva nascosta dalla tristezza che a volte le cingeva il viso. Le sembrava di sognare scioccamente, qualche notte, di avere una famiglia normale. Una madre affettuosa, un padre presente. Sognava di essere una bambina normale, come tutte le altre, ma per quanto si sforzasse il buio che le viveva dentro, trapassando le ossa, giungeva fino a fuori. E come un libro usato, la copertina che mostrava agli altri era smunta, stropicciata, e tetra più di quanto i bambini possano sopportare. Allo stesso modo quel labirinto erboso adesso la nascondeva dal mondo, ignaro quest'ultimo, di che sciagura si sarebbe abbattuta su di lui di lì a poco. Aveva voglia di piangere, ma le sembrava quasi impossibile farlo. I suoi occhi erano due pezzi di ghiaccio, si sfiorò le dita fino a capire cosa fosse diventata: un morto. Lei era morta, proprio per mano sua. Tutto quello che toccava diventava bagnato, poi triste, e poi morto. La rosa che strappò dall'erba, di per sè già lugubre, tra le sue dita divenne carta pesta afflosciata. La vita le si nascondeva come un topo fa col gatto, la vita le scivolava via dal corpo, quasi come a non volerla sfiorare. Al contrario, tutte le cose brutte del mondo le si raccoglievano sotto il naso. Alzò gli occhi al cielo, e la sua vista fu come migliorata. Sotto lo strato nebuloso che l'occhio umano riesce a scorgere vi era una patina bianca, simile alle nuvole, ma più densa, più rugosa. Sembrava voler esplodere da un momento all'altro. Poi Cata capì, era la felicità delle persone. La gioia che si era infiltrata fin la sotto, una felicità senza forma, senza confini. Tutto le fu chiaro: quello era il suo pasto, la sua preda, la mela da addentare. Chiuse gli occhi, colpì il terreno con l'ascia e pensò: Che la felicità cessi. D'un tratto, la patina biancastra divenne acqua. A Eternville non pioveva da anni.
La pioggia che cadde quella notte fu la cosa più spaventosa mai vista prima. Neppure suo padre era stato capace di tanta violenza. Forse la felicità accumulatasi era così tanta che la pioggia era stata proporzionale alla stessa. Non fu chiaro, ma le saette che colpirono la terra furono accecanti come il sole in una stanza. La pioggia così densa, da sembrare ghiaccio in punte di spilla. La grandine divise in due qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino. E Cata seduta sul tetto di una casa ne gioiva fuori ogni misura. Rideva, rideva, rideva. I piedi penzoloni sulle tegole oscillavano felici. Non ebbe neanche modo di scomodarsi, quella sua furia uccise venti persone, ognuno per un modo diverso. L'ultimo, un abitante di quella casa, la stessa dove era seduta sulla cima, morì di crepacuore. Cata faceva strani rumori con la sua ascia, picchiettava alla finestra, poi faceva dei versi, poi chiudendo gli occhi riuscì ad entrare nella mente di quell'anziano signore. Lesse il suo cuore, imparò le sue paure, e nel giro di dieci secondi mostrò lui le cose più brutte. L'anziano cadde a terra come pietrificato, il suo cuore battendo per le ultime tre volte, come lo scoccare di una pendola, rimase fermo e si ghiacciò. Cata era felice, e per ogni persona morta sentiva una strana forza. Era una donna nuova, spietata e felice. Felice quasi come non lo era stata mai, neppure quando per sbaglio, sua madre posò le labbra fredde sulla sua guancia. Fu un attimo, eppure le sembrò di provare qualcosa. Niente di eguagliabile alla felicità di quella notte. Capì che forse, per quanto il mare provi ad essere calmo, prima o poi ha bisogno delle sue burrasche, delle sue tempeste, dei suoi mostri marini. Allo stesso modo, aveva provato ad essere una buona persona, una bambina normale, fino ad aver il bisogno di una sua tempesta. Non vi fu più un giorno di sole, tanto che al telegiornale si parlava forse di un cataclisma mondiale. Il suo nome era un ironica beffa. I suoi genitori non poterono darle nome più giusto, e per quanto fossero all'oscuro della sua gloriosa o sventurata sorte, furono certi, fin dal principio, che la sua nascita non sarebbe passata inosservata. Una dopo l'altra le case piangevano i suoi morti, dalle Americhe alla Germania, e poi la Spagna, e l'Italia. Non fu risparmiato un posto del mondo, in tutti vi era la traccia oscura di quello che Cata seminava al suo passaggio. Più teste cadevano, più i suoi poteri erano incontenibili. Imparò ben presto a volare, le bastava muovere un solo dito affinché una tempesta di vento non si abbattesse su una casa. Non crebbero più fiori né frutti. Il mondo era in una tale rovina che a tutti sembrò di morire seppur riuscissero ancora a respirare. Cata non fece più ritorno ad Eternville fino a quando una notizia non giunse fino alle montagne dove vi era rifugiata. Sua madre annoiata e triste, si era sposata con un imbecille del paese. Esso non capiva la riluttanza di quella famiglia, né in che guaio si fosse cacciato amando, riamato, quella donna spregevole per quanto affascinante. Il loro amore esplose così furente, tanto che la donna vi rimase incinta di un bambino. Questo nacque in forza e in salute. Il suo faccino pallido era la prova che ancora una volta quella strana famiglia aveva messo al mondo un pericolo. La nascita di Abominio fu shockante per Cata. Non pensava che sua madre avesse intenzione di risposarsi, di amare un altro e cosa più grave di avere un altro figlio. Cata volò fino ad Eternville, senza annunciare il proprio ritorno, tenne a bada le nuvole, trattenne l'ira, si affacciò alla finestra di una stanza e nella carrozzella nera dove dapprima vi era cresciuta lei, c'era una piccola testa riccioluta, gli occhi più neri della notte penetrarono nel suo ghiaccio.
La paura più grande di Cata, era che una volta cresciuto Abominio potesse prendere il suo posto, e spodestarla di diritto, poichè mai prima di lei la Morte era stata una donna. La casa era più silenziosa di sempre. Il piccolo lasciato incustodito, sembrava non sentirsi al sicuro. Si dondolava senza sosta, e alla vista di quella che per metà era sua sorella, sembrava emettere dei gridolini simili alla paura. Cata andò avanti e indietro per quella stanza senza sapere cosa fare, non provava pietà per la sorte che avrebbe voluto infliggere ad Abominio, piuttosto non voleva guadagnarsi l'inimicizia del Demonio. Ma quando sua madre entrò nella stanza, e lei ebbe il tempo di nascondersi dietro il grosso armadio provò una gelosia violenta. Mai era stata vegliata nel sonno, mai abbeverata, mai dondolata tra le braccia. Abominio invece, al contrario, si godeva una serie di premure che mai le erano state concesse. Non appena sua madre tornò indietro nella sua stanza, capì che quello che aveva pensato era la cosa giusta da fare. Si girò di spalle, chiuse gli occhi, il piccolo stava quasi per addormentarsi. Cata pensò: muori. Il sangue sgorgava dal petto del piccolo con una tale ferocia che le sembrò quasi sbagliato. Poi nulla più. La carrozzina imbrattata sembrava una mangiatoia da quattro soldi. Suo fratello era morto, e nulla più poteva infrangere il suo sogno di eternità. Richiuse la finestra alle sue spalle, poi ricominciò a piovere, e mentre sua madre urlava di dolore e rabbia capì che in cambio di quella potenza aveva rinunciato ad ogni cosa. "Catachlysm non è più mia figlia. Ovunque tu sia non fare mai più ritorno a casa, perchè sei orfana ed orfana resterai. So che senti le paure di tutti, la mia era questa.". Non aveva più pianto da quando si era trasformata, eppure quella notte non riusciva a fare altro.
"Sono arrabbiato più di quanto immagini!" disse il Demonio "Sai che non puoi ammazzare chi ti pare, c'è una lista da seguire, un piano, e si dia il caso che il piano sia affar mio."
"Non potevo sopportare la sua vista. E quelle mani mortali, quel sorrisetto malizioso.Voleva il mio posto!" rispose Cata - "Era solo un bambino Catachlysm, non sapeva quello che voleva o no." "Ma l'avrebbe saputo un domani, ed io sarei stata spodestata dopo tutto quello a cui ho rinunciato." - "Non è una giustificazione, dovrei punirti, ma al momento nessuno vuole essere la Morte, quindi credo proprio che io debba tenermi te, ma basta cazzate." Il demonio scomparve in un fuoco rovente. La cenere della sua pelle ammuffita ricadde sull'erba grigia sulla quale era seduta la giovane. La morte non poteva essere casuale, doveva avere un criterio, e questo criterio era dettato da una giostra più grande. Non vi era una vera e propria lista, un manuale, ma le persone che dovevano andare all'altro mondo si presentavano sottomano come lo scaccomatto di una torre impazzita. Abominio non era in lista, e allo stesso modo molti altri non avrebbero avuto la stessa sorte. Ma la Morte era folle, imprecisa, caotica. E se da un lato al Demonio irritava, dall'altro aveva l'inferno strabordànte di schiavi.
Fu un mese senza regole. I bambini nascevano già morti, durante le messe i fedeli cadevano ammazzati nelle navate. Le navi naufragavano nella conca degli squali, e le condizioni climatiche erano sempre più avverse. Più Cata era adirata maggiori erano i danni.
La giovane vagò senza sosta per giorni e giorni, senza mai sentire la fame, il freddo o la sete. Arrivò senza pensarci sotto una casetta di campagna. Il terreno arido le sporcava i piedi.
Disteso in un letto improvvisato c'era un ragazzo. Dormiva, e il suo respiro era calmo e continuo come le note di un pianoforte. Cata rimase ad osservarlo per un po', la stanza buia non permetteva all'occhio umano di decifrarla, ma la giovane vi scorse dei bei dipinti appesi al muro. Una scrivania disordinata, un cappotto mal ridotto a cui mancava uno dei bottoni. Provò ad aprire la finestra, ma la serratura era chiusa da dentro. Con i suoi poteri infranse il vetro, il giovane si svegliò di soprassalto. "Chi va là?" chiese scendendo dal letto. "Mi dispiace, ma non posso farmi vedere, o non potrò più fare quello che intendo far?" rispose Cata "Non ho paura, credo di stare sognando, e nei sogni nulla di brutto può risvegliarsi con noi al mattino"- "Non esistono solo sogni buoni."- "Hai ragione straniera, ma anche i più brutti svaniscono al Sole."- "Non c'è più sole ad Eternville, non ritornerà mai più."- "Peccato, al sole dipingevo le mie cose più belle. Ma dimmi chi sei?"- "Se te lo dicessi non mi crederesti." - "Sono disposto a crederti, è un sogno abbiamo già detto, no?"- "Sono la Morte, e sono stata mandata qui per ucciderti."- "Chi mi vuole morto?"- "La giostra."- "E cos'è la giostra?"- "Il destino."- "C'è sempre una scelta."- "Non questa volta. Eppure se potessi terrei la tua anima con me, solo questo."- "E allora fallo Morte." Cata sbucò dall'oscurità in cui si era rifugiata. Il suo abito porpora rischiarava nelle tenebre. Mai si era sentito che la Morte prima di uccidere si era fatta guardare in faccia. Prima di allora aveva ucciso sempre di spalle, o nascosta, o da lontano. Stavolta la sua preda era ad un palmo di mano, gli occhi del giovane avevano appreso ogni lineamento, e mai Morte era stata più affascinante di quella, o almeno è quello che avevano sempre pensato tutti. I due rimasero per tutta la notte distesi sul terriccio arido. Cata gli raccontò sottovoce tutta la sua storia. Il vestito della giovane era gonfio per l'aria fresca della notte, non si era mai vista una nuvola rosso sangue, eppure vista da sopra era proprio quello il presentimento. La sua triste storia colpì fortemente il giovane, che proveniente da una famiglia povera aveva conosciuto molti dispiaceri, ma mai come quelli. Pensò tutto il tempo che quello fosse solo un sogno,eppure Cata gli aveva solo risparmiato la vita. "Se questo è un sogno domani pioverà ancora." gli disse all'orecchio prima di rimettersi in cammino. "Altrimenti?"- "Altrimenti tu sei stato graziato,nel cielo esploderà un caldo sole, e tu ed io ci saremo invaghiti di un non-sogno che rimarrà tale"
Il giorno seguente fu un esplosione di colori. Alta nel cielo una palla di fuoco. Il giovane corse in giardino, e sul terriccio stavano germogliando le rose. Su una tela raffigurò una giovane bellissima, con un vestito porpora e due occhi di ghiaccio.Tutto intorno un campo deserto.
Tutta quella luce le abbagliava la vista, la rendeva debole. E una nuova coltre di felicità si stava accumulando sotto lo strato azzurro del cielo.
Corse ai margini del fiume dove era cresciuta, calò il vestito fino ai piedi, fissò l'acqua calma per qualche secondo, ripensò alla voce di suo padre, al labirinto erboso, alla sua stanza, agli occhi spaventati di Abominio, al sangue che aveva seminato, a quel giovane a cui aveva raccontato tutto. Pensò che il suo tentativo di suicidio sarebbe stato vano, la Morte non può morire, poi pensò che se lo avesse desiderato ardentemente tutto si sarebbe spento. L'ascia cadde sott'acqua insieme a lei. L'iride di ghiaccio si disciolse, sembrò sorridere per la prima volta in tutta la sua vita. Nulla vi rimase della Morte, se non un dipinto steso al Sole.
Nulla vi fu più chiaro di quella Primavera improvvisata. In quell'acqua a poco a poco stava ridiventando la bambina di un tempo, quella senza peccato, le cui dita riuscivano a sfiorare le cose senza renderle morte. La Morte era il nemico di sè stessa, non si può vivere lasciandosi estranei a tutto. Cata aveva provato amore, e rimorso, e paura. E tutte queste cose l'avevano resa debole. La debolezza fa a pugni con l'immortalità. Non si può essere infallibili e lasciarsi sfuggire la preda da sotto al naso.
Di tutte le morti conosciute, Cata era stata la più leggibile, la più chiara e paradossalmente la più forte. E' semplice divorare i deboli e sentirsi potenti, è difficile al contrario divorare se stessi e avere il coraggio di soccombere. Quello non era il suo posto, non era la sua storia, e non lo era mai stata. L'uomo conosce la morte per sentito dire, per immagini dettate dalla fantasia, per racconti fantastici, supposizioni, ma mai perchè l'ha vista in faccia e ne è sopravvissuto. Eppure il giovane sconosciuto, risparmiato per mano della Morte raccontò a tutti di ciò che era stata quella notte. Nessuno vi crebbe, forse, perchè non furono ritrovati i resti di niente. La Morte scomparve dal niente in cui era nata. Quel dipinto era l'unica dimostrazione di ciò che era stato, di ciò era successo. Sarebbe folle riuscire a credere alle sue parole, non si può incontrare la Morte ed esserne testimone. Ci furono generazioni di morti, e di vite, e di nuovi dispiaceri, e di coltri di felicità, di piogge, di raccolti, ma nulla fu più come prima.
Catachlysm non esisteva più, o almeno non nel nostro mondo.