L'avventura di Thomas Taylor

01.02.2015 18:34
Con la partecipazione di Massimo Paolo Poncetta
 
Quella settimana si era fatta pagare in anticipo. Di solito il limite di sopportazione di Thomas si incrinava il mercoledì, quando la concentrazione di eventi sfavorevoli diventava altissima. Quella volta, però, già al martedì mattina avrebbe chiesto il cambio. Non per stanchezza, ma perché tutto sembrava accanirsi contro di lui. Non sapeva che le cose sarebbero andate sempre peggio già dal pomeriggio.
Thomas Taylor era uscito di casa, quella mattina, pieno di buone intenzioni. Si era alzato da letto quasi sveglio, si era vestito quasi capendo cosa indossare, aveva trovato le chiavi di casa, del garage e dell'auto quasi subito e... tutto sommato era abbastanza in pace con il mondo. Abbastanza era già molto, visto il suo carattere. Elegante, curato, ben disposto, il Thomas di quel giorno era pronto a far faville. Ovviamente nessuno ha la capacità di prevedere il futuro. Sì, certo, a volte qualcuno ha presentimenti abbastanza precisi, magari sono tutte coincidenze inquietanti; ma né lui né nessun altro di certo avrebbero mai potuto prevedere quello che gli sarebbe successo​. Appena uscito dal garage con l'auto, arrivato in fondo alla strada, non trovò la solita lunga coda di veicoli in attesa del semaforo verde, tipica del traffico cittadino. Era tutto abbastanza libero. Meglio così, pensò, mentre entrava nella via principale e passava il semaforo verde senza intralci. Non pensò ugualmente bene dell'auto dei vigili che gli avvicinò e gli segnalò di rallentare e fermarsi. Dall'auto scese un uomo piuttosto corpulento.
- Le è andata bene - gli disse - che non c'era nessuno. Però sa che le devo fare la multa, signor? -
- Thomas Taylor - rispose lui - però, scusi, perché una multa... -
- Thomas Taylor? Chi pensa che le possa credere? Farò finta di non aver sentito -
Thomas guardò l'agente con aria molto più che interrogativa - Prego? - disse incredulo - Come sarebbe a dire "chi pensa che le possa credere"? Il mio nome è Thomas Taylor, le mostro i documenti -
- Sì - fece l'agente - sono proprio curioso di vederli, ma tenga le mani bene in vista - .
- Tenga le mani bene in vista?? Mi sta prendendo per un delinquente? -
- Lei non si preoccupi. Tiri fuori i documenti -
Il cuore di Thomas iniziò ad accelerare e l'agitazione lo prese come una folata di vento improvviso. Dopo un intervallo di tempo che gli sembrò interminabile, finalmente trovò i documenti e li porse all'agente che li prese quasi strappandoglieli di mano ed iniziò a guardarli come si guarda un pezzo di carta straccia. Li consegnò al suo collega che nel frattempo di era avvicinato anche lui all'auto di Thomas e lo esortò ad andare a controllare mentre lui rimaneva immobile e per giunta con una mano appoggiata all'arma che teneva nella fondina.
All'interno della sua auto, Thomas iniziava a sudare e a sentirsi imprigionato. Un sinistro presentimento si impadronì di lui e per un attimo pensò di ingranare la marcia e fuggire, ma si impose di restare calmo. Sicuramente dai controlli non sarebbe uscito nulla e di lì a poco avrebbe potuto ripartire.Il controllo però sembrava durare un'eternità e Thomas si sentiva sempre più a disagio pur non avendo nulla da temere. Finalmente il secondo agente tornò e riconsegnò i documenti al primo facendogli un cenno con la testa. 
- Come pensavo - fece l'agente - scenda dalla macchina e venga con noi: la dichiaro in arresto -
- Come? In...in arresto? E perchè? - I documenti che ci ha consegnato sono falsi -.
-Fa... falsi? Che significa?- lo guardò, incredulo.
-Secondo lei? Questi sono delle copie e nonostante si noti una certa somiglianza con il signor Thomas Taylor sono palesemente contraffatti.-
Un senso di vertigine lo prese alla testa. Ciò che stava dicendo l'agente era senza senso. Somiglianza? 
-Ora esca lentamente dall'auto, mentre il collega verbalizza- estrasse la pistola e la puntò contro.
-Allora, oggi giovedì 12 maggio...- iniziò l'agente, ma Thomas l'interruppe.
-Oggi è martedì, si sbaglia- ne era più che sicuro, il suo senso di disagio quella mattina si era fatto sentire con un giorno di anticipo.
-Vogliamo fare anche l'esame con l'etilometro? Poi magari un prelievo ematico in ospedale? Senta, oggi è giovedì, può giurarci, e lei ha sbagliato in pieno nel prendere i connotati del povero signor Taylor! Ma dico, fra tanti, proprio un morto!-
Le ginocchia ebbero un cedimento, mentre uscendo dall'auto udì quelle parole. Giovedì e morto suonavano male alle sue orecchie.
-Come sarebbe?...- un filo lieve di voce raggiunse l'agente.
-Che ha si sente male? Parlo dell'omicidio che ha sconvolto mezza Inghilterra due giorni fa. Di quel Thomas Taylor ucciso a sprangate nel quartiere di New Cross​ da un gruppo di Ghetto Boys.-
Thomas cadde a terra in preda a panico; il pomeriggio avrebbe dovuto recarsi proprio là per incontrare un fornitore. Che stava succedendo? Dove erano finiti i due giorni mancanti della sua vita e, inoltre, era davvero sicuro di essere ancora vivo?
-Ma cosa fa? Si tiri su forza, non faccia resistenza o dovremo passare alle maniere forti!-
Thomas lo guardava dal basso all'alto, frastornato. Ciò che succedeva era folle, al massimo poteva essere la trama di un film troppo assurda per essere presa per vera, altro che realtà. E fu allora che successe l'incredibile: la sua mente sconvolta, incapace di accettare la realtà, subì un black out. Un muro si materializzò davanti a lui, e in quel momento non riuscì a vedere altro. Mattoni, solo mattoni, null'altro che mattoni, uno sull'altro che si rincorrevano all'infinito. Non percepiva più lo spazio, perché non riusciva a capire a che distanza il muro si trovasse da lui, semplicemente era lì, e esisteva ovunque, persino dentro di lui. Anche i rumori non esistevano più; nulla era udibile perché non c'era niente da sentire ma anche perché non c'era nessuno ad ascoltare. Per un momento eterno senza tempo, visse nel nulla, in una pausa infinita davanti a un muro, quasi che lui stesso fosse quel muro, il muro del vicolo cieco di New Cross.
Poi lo sentì, il muro, farsi strada dentro di lui. Quasi che i mattoni stessi lo penetrassero, ruvidi e taglienti, e gli lacerassero i tessuti, e gli spostassero le ossa. E poteva sentire il cemento sgretolarsi nelle sue cellule, mischiarsi al suo sangue, intasare le vene. Voleva fare qualcosa per evitare tutto questo. Voleva allungare le mani, e spingere via il muro, voleva urlare per chiedere aiuto, ma non aveva mani, né voce. Poteva solo cadere dentro quel muro, tutto uguale, ipnotico.
Un bianco assoluto cancellò tutto.
Una boccata d'aria lo fece riemergere dal nulla e una tremenda fitta alla nuca lo risvegliò.
Era per terra con la faccia contro il muro. Si voltò a fatica appoggiandosi a quella parete di New Cross. Dietro di lui i Ghetto Boys.
"Cosa ci fa un fighettino come te da queste parti?" chiese quello che doveva essere il capo del gruppo "Non..non credo siano affari vostri" borbottò Thomas tra i denti. Pessima idea. Un violentissimo calcio nei genitali lo fece cadere a terra, mentre mille luci iniziavano a danzargli davanti agli occhi e il dolore esplodeva terribile, invadendo tutto il corpo.
"Risposta sbagliata!" disse ancora il suo aggressore "Tiratelo su!" ordinò ai suoi e quelli obbedirono. Thomas si appoggiava al muro, ancora piegato in due dal dolore per il tremendo colpo subito. "Sarò gentile con te.Ti ripeterò la domanda, per l'ultima volta. Cosa ci fai qui?" "Io...devo vedere...un fornitore..." rispose Thomas a fatica "Oh, avete sentito? Un fornitore!" esclamò quello in modo sarcastico, allargando le braccia e guardando i suoi scagnozzi. Un pugno colpì Thomas in pieno viso. Il dolore esplose di nuovo e il naso iniziò a sanguinare come una fontana. "Chi credi di prendere in giro eh?" gridò il capo dei Ghetto, avvicinando la faccia a un millimetro dalla sua. Thomas, nonostante la vista annebbiata, cercò di capire se conosceva quel volto, se l'avesse incontrato prima e perchè gli stava capitando tutto questo. In realtà non ne aveva idea e adesso stava seriamente pensando che avrebbe potuto morire.
"Voglio sapere dov'è la mia roba!" disse ancora quello, con gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia "Credi che non ti abbia riconosciuto? Mi hai preso per un coglione?" urlò ancora. Il malcapitato riuscì a malapena a biascicare tra i denti "Non ...so...di che parli...Io ...sono ...Thomas ...Taylor..." "Adesso basta!" furono le ultime parole che sentì perchè i Ghetto Boys, a un cenno del loro capo, lo riempirono di calci e pugni. Quando se ne andarono, lo lasciarono a terra, privo di sensi, in una pozza di sangue che si allargava sempre di più.
"Thomas Taylor è morto!"... "I suoi documenti sono falsi"... "Oggi è giovedì 12 Maggio"... "Sono stati Ghetto Boys"... "Il muro"... "Dov'è la roba?"... "New Cross"... "Dov'è la ROBA!!!"
Le voci giravano nella testa di Thomas in un vortice nauseante. Aprì gli occhi... Ma non ci riuscì. Si sforzò, e dovette gridare per riuscire ad aprirli, e solo una palpebra alla fine si alzò appena, l'altra era troppo incrostata di sangue. Annaspò, e comprese che il viscido che sentiva sulle mani era il suo stesso sangue. Sentiva l'aria arrivare ai polmoni con enorme fatica, doveva avere qualche costola rotta, ma forse erano rotte tutte. Cercò di fare forza sui gomiti per tirarsi su, ma il dolore lo invase e ripiombò a terra, con la faccia sull'asfalto insanguinato. Rantolava, senza riuscire a mettere insieme un pensiero, sentiva il cuore rallentare i battiti, sarebbe morto.. Cercò di mettere a fuoco, e in mezzo alla nebbia causata dalla retina lesionata, gli apparve il muro. Quel muro arancione, tutto uguale, che chiudeva il vicolo, che non consentiva uscite, che non dava speranza. Ma cosa era successo? Aveva sbagliato strada? Se non fosse finito in quel vicolo cieco, la banda di quei bastardi non l'avrebbe assalito, e non l'avrebbe conciato in quel modo. L'avevano scambiato per qualcun altro, per forza, non c'era latra spiegazione. Quell'errore, quel vicolo, e quel maledetto muro, avevano segnato la sua fine.
O no?
Si rammentò dell'incredibile sensazione che gli aveva dato quel muro, del fatto che se lo era sentito dentro... dentro... e poi...
Con indicibile sforzo, recuperò tutte le ultime forze rimaste, si alzò, e si buttò nel muro.
-Ma cosa fa? Si tiri su forza, non faccia resistenza o dovremo passare alle maniere forti!-​