In estate

17.09.2017 21:18

Non so bene perchè, non ricordo come cominciò e forse fu tutto per una serie di casualità che andarono ad incastonarsi tra loro, ma quell'estate di sedici anni fa fu l'inizio della fine. Mi chiamo Dan e di professione faccio l'analista chimico; sono responsabile alla conduzione e al controllo di impianti di produzione nell'industria PPG di Pittsburgh, Pennsylvania. Un lavoro come tanti, un buon stipendio e una serie di colleghi e amici con cui condivido il tempo dentro e fuori la fabbrica. Sono stato sposato per sei anni con Debhora, anche lei occupata nell'industria, ma presso il reparto contabilità. Una storia come tante la nostra, fatta di sguardi, appuntamenti, sesso ed infine una lunga convivenza. Sembravamo fatti uno per l'altra e così il passo fu breve, ma dopo soli sei mesi iniziarono gli incubi, che credevo avessero abbandonato la mia mente. Phil dice che basta non pensarci, che anche a lui capitano spesso, e che non si lascia condizionare. Ma io so che è in cura da anni e si pasticca ogni giorno di questa fottutissima vita. Io no, non ho mai voluto, ho sempre cercato di poterne uscire fuori con le mie stesse forze, e il risultato è stato una denuncia per violenza domestica. Ho rotto il setto nasale a mia moglie, una notte in cui gli incubi si fecero più cruenti e il ricordo talmente reale da risultare palpabile. Non sono un violento, amavo Debhora, e la amo ancora, ma da allora non ha voluto più avermi nella sua vita. Non è stato solo il fatto di andarsene quello che mi ha abbattuto, ma il sapere che era incinta di due mesi e che ha abortito per non rischiare di mettere al mondo un figlio mio. Una mela bacata, come se i traumi fossero trasmissibili attraverso i cromosomi. Il mio sbaglio più grosso è stato quello di non parlarne con lei, ma come si può raccontare di un bambino, più o meno della mia età, che in realtà è un cannibale?
Dove potevo trovare il coraggio? Certo che se l'amavo avrei anche potuto provare a raccontarle tutto, solo che io non sono mai stato molto espansivo e non sono riuscito ad esserlo nemmeno con lei che era la persona alla quale tenevo di più. E credetemi, non è che volessi mangiarmela, era davvero la donna che amavo. E che amo.
Ora che ci penso in effetti tutti i torti non glieli posso dare. E se mio figlio fosse nato cannibale anche lui? Io non sono diventato cannibale, lo sono sempre stato solo che non lo sapevo.
Ma cominciamo dall'inizio.
Io vengo da Ludlow, piccolo paese nella foresta di Allegheny. Poche case e poi solo alberi. alberi, alberi. E dell'acqua.
La casa della mia famiglia era la più isolata di tutto il paese e io spesso mi avventuravo nel bosco che era diventato il mio migliore compagno di giochi. C'era anche un torrentello che correva parallelo alla US-6 e fu proprio sulle rive di quel torrentello che un giorno, avrò avuto cinque anni, vidi, mentre ero nascosto tra i rami, i miei genitori che armeggiavano con qualcosa. Incuriosito mi avvicinai mentre l'istinto mi diceva di non mostrarmi. Trascinavano qualcosa che poi nascosero sotto un tappeto di foglie e rami vicino al torrente. Poi mia madre se ne andò e mio padre rimase come a guardia del fardello. Dopo un tempo che a me parve interminabile, ma che non sarà stato più di mezz'ora, mia madre tornò con alcuni coltelli, del vino e del pane. Si sedette vicino a mio padre e tirarono fuori ciò che avevano nascosto sotto i rami. Mia madre iniziò a tagliare dei pezzi di carne, li porse a mio padre e ne prese un po' per sè. Io, che ero piuttosto affamato perchè era l'ora della merenda, sbucai fuori dalle frasche e mi gettai verso di loro raggiante pretendendo un po' di cibo. Ricordo bene le facce contrite che fecero quando mi videro e ricordo che io non capii bene il perchè. Mi sedetti con loro e aspettai che mia madre mi desse un po' di cibo. Lentamente e senza mai perdermi di vista, tagliò un pezzo di carne e me lo porse. Io vidi che era cruda e feci una faccia un po' schifata.
- Prova a mangiarla, caro - mi disse la mamma porgendomelo - vediamo se ti piace - mi disse.
Vidi che mentre io assaggiavo, i miei genitori si guardavano e poi entrambi guardavano me come aspettando qualcosa.
-Buono! - feci io dopo averne assaggiato un pezzo - non ho mai mangiato una cosa così buona. Cos'è mamma? - chiesi.
Mi ricordo che non ricevetti la risposta immediatamente e ricordo benissimo la frase che mia madre disse a mio padre quando io dimostrai il mio entusiasmo per il cibo: - Ben,sarò una pazza, ma sono contenta che sia come noi - .