Il Programmatore di Illusioni (Motel Asparagus)

22.03.2015 18:28

Il programmatore di illusioni

(Motel Asparagus)

 

 

La luce filtrava dalle righe delle persiane socchiuse ed andava a striare il soffitto di bagliori provenienti dalla strada. A lui la notte, d'estate, piaceva così. Stava sul letto e prima di addormentarsi guardava le parallele chiare sul soffitto muoversi ogni volta che un'auto passava sotto la finestra.

Era una mezza magia, un incanto, un ricordo di com'era da bambino; ed a volte questo tipo di ricordi, di reminiscenze, servivano. Lo calmavano, quelle linee non nitide, gli ricordavano i sogni che aveva. In parte crollati miseramente come un muro di un palazzo diroccato, in parte ancora vivi e vegeti e belli forti come un tempo.

Era indispensabile essere un po' bambini al momento giusto, per lui. E' indispensabile per tutti, in fondo.

Marco si alzava da letto, mezzo nudo, col caldo che c'era, si andava a fumare l'ultima sigaretta della giornata e guardava in basso, da quel po' di spazio rigato che le persiane gli lasciavano intravvedere. Signora con cane che passa lenta verso casa nel giro di ritorno, auto con ragazzi che si salutano, mentre dai finestrini aperti la musica piuttosto rock arrivava forte e chiara fino a lui e poi..

…e poi giusto il tempo di spegnere la sigaretta e stendersi.

*

Marco Domenico, ad un certo punto della vita, aveva deciso di fare il programmatore. Più o meno da quando era un bambino, in effetti. Aveva visto forse troppi film americani, di quelli belli. Aveva cominciato con i primi computer, quelli un po' rotondi e beige, da figlio agiato degli anni '80. Poi aveva imparato il Fortran, quello che passava l'università. Era già antico negli anni '90, ma gli aveva dato una forma mentale, gli aveva insegnato a capire come ragiona una macchina. Sempre ammesso che una macchina ragioni.

Con gli anni capì che studiare cercando di ragionare come una macchina era stata una fortuna, per uno come lui troppo incline a staccarsi da terra e sognare. Bellissimo sognare, ma dal Lunedì al Venerdì gli era reso meno possibile dal lavoro e dalla vita di tutti i giorni. Eppure lui continuava, nei ritagli di tempo.

Fu così che in occasione della tesi di laurea inventò l'oroscopo.

Beh, non esattamente.

All'epoca era più un giochino che gli serviva solo a presentare le proprie conclusioni sullo studio dell'informatica. Collegando il computer ad uno schermo dimostrò in breve che la data di nascita ed alcune caratteristiche fisiche di una persona, nel suo programma potevano dare origine ad un oroscopo perpetuo.

Come mi andrà il Nove Luglio del Duemilanovantotto?

*

La Dream Logic era una piccola azienda di giovani alle prime armi, specializzata in software ed applicazioni per telefoni. Era inusuale e pretenzioso che avessero dato un nome all'americana ad un piccolo ufficio sulla Via Emilia, ma loro tre pensavano di poter conquistare il mondo. Marco ci lavorava dall'inizio, portando avanti il progetto dell'oroscopo perpetuo insieme ad altri, più di routine ma meno ambiziosi. Quelli, in sostanza, che servivano a far cassa per mantenere la Dream Logic viva e vegeta in attesa del Grande Colpo.

Marco ci sperava ancora. Anche perché il programmino portato alla testi era incompleto, dava risposte brevi ed evasive, era quello che uno che aveva fretta di laurearsi poteva fare studiando molto ed usando la testa, ma nell'arco di pochi mesi. Lui, in fondo, era un bambino, ma un bambino perfezionista e sperava di trovare il tempo e le finanze per fare un lavoro esaustivo, completo, il più possibile vicino alla perfezione.

Rimasero almeno un anno all'ombra dei mini programmi per i telefoni, facendo sciocchezze come 'cambia colore al tuo schermo sette volte al minuto', o 'rendi cartoni animati le tue foto', robe così. Vivacchiavano e non se la passavano male, ma tutti e tre sapevano che il momento della svolta doveva arrivare al più presto. Ne andava della loro sopravvivenza.

Finché, un giorno, guardando la posta elettronica, Marco lesse un messaggio che lo lasciò sorpreso.

-Ragazzi - chiamò - guardate qua -

Laura si era precipitata al computer per vedere, mentre Giovanni, appena entrato in ufficio, aveva ciondolato lentamente con il suo passo indolente fino alla loro stanza.

-Cos'hai fatto? - chiese

-Leggi e capirai - gli rispose Laura, nervosa.

La lettera era piuttosto lunga e proveniva da un'Azienda di cui avevano già sentito parlare. Producevano e soprattutto distribuivano softwares per l'intrattenimento. Videogiochi, programmi per migliorare le fotografie, cose così. Avevano una distribuzione europea, ma in alcuni casi, con le vendite via internet, potevano arrivare in mezzo mondo.

Nel messaggio il Presidente dell'Azienda si presentava brevemente e diceva una cosa del tipo:

"Abbiamo avuto modo di vedere alcuni dei programmini che voi fate e ci piace la vostra inventiva e la struttura semplice e stabile dei vostri programmi. A quanto ci risulta, un vostro prossimo studio è un'applicazione per ottenere un oroscopo e bioritmo perpetuo. Saremmo molto interessati a collaborare con voi a questo progetto, di cui intravvediamo le grandi potenzialità. Se per voi va bene, incontriamoci domani per un colloquio..."

Giovanni fece un fischio di approvazione e rimase per un breve momento senza parole. Il che, nel suo caso, era piuttosto raro.

Poi guardò gli altri e chiese: - Ok, bello. Dov'è la fregatura? -

Marco gli rispose spazientito: - Lo andiamo a scoprire, no? -

*

L'appuntamento era per la mattina successiva.

Certo non vicino, l’azienda del Dottor Gagnoli richiedeva un lungo spostamento. Marco l'avrebbe fatto mille volte, convinto che quella fosse la grande occasione. Così decise di prendersi tutto il tempo che serviva ed iniziare un viaggio come intendeva lui.

All'antica.

A dire il vero, lui aveva un'idea quasi medievale degli spostamenti: se avesse potuto, avrebbe fatto piccole tappe da viandante ed avrebbe cercato le locande. Ovvio che con gli impegni di lavoro e la vita di tutti i giorni non avrebbe mai nemmeno tentato.

Mediando, aveva deciso di andare all'appuntamento in auto. D'accordo con i soci, aveva deciso di prendersi il pomeriggio per lo spostamento, arrivare ad un albergo e passare la notte il più possibile calmo e rilassato per presentarsi sul posto la mattina.

Metà mattina, c'era tutto il tempo di studiare una presentazione degna di tale nome, un sé presentabile ed una disposizione ad ascoltare migliore. Così sperava.

Uscì dallo studio, passò da casa a prendere il necessario e si avventurò sulla strada.

Poco dopo la partenza la via era già bloccata. Lavori in corso, traffico, deviazioni dall'autostrada per incidenti, trattori in manovra, vai a capire. Marco si trovò fermo in fila, una serie di auto davanti a sé ed una di auto e camion dietro e qualcuno che, al solito, aveva anche il coraggio di suonare per sollecitare.

Dove cacchio vado, secondo te?

Era una parte della strada che dava sui campi e guardando fuori dal finestrino dal lato passeggero, verso la pianura, Marco notò i cavi della bassa tensione, due vecchie linee inutilizzate, con una fila di uccellini appoggiati sopra. Sembrava che lo guardassero e ridessero un po' di lui. Magari avevano ragione loro.

Marco sorrise, prese il telefonino e gli venne spontaneo scattare una foto ai piccoli spettatori.

La inviò a Giovanni con un messaggio, poi compose il suo numero e lo chiamò

-Giova, ciao. Si è capito che sono un po' bloccato? -

-E fai le foto ai piccioni? -

-Non so se siano piccioni, rondini o... non ne ho idea, ma sembra che si stiano godendo lo spettacolo di questi esseri umani folli auto-inscatolati qua in mezzo. Sembra quasi di sentire le loro risate -

-Forse non è stata una grande idea andare in macchina. Forse non è stata una grande idea andare da questo Mister X -

-Per te c'è solo un'unica via, eh? Tu hai altre teorie, lo so - disse Marco - e sono convinto che la parte commerciale dello studio, dell'azienda, sia tu. Io e Laura siamo più tecnici, io ancora più teorico di lei. Infatti, andare da Mister X a rappresentare l'Azienda mi innervosisce, ma sento che è una cosa da fare -

Giovanni, all'altro capo della linea, si avvicinò alla macchina del caffè. Il caffè di metà pomeriggio era una cosa di cui non poteva fare a meno.

-Lo sai - gli rispose - che i social network, oggi come oggi, sono uno dei metodi per farsi pubblicità. Uno dei più importanti e diffusi... -

-Ma io lo so cosa intendi dire. Va bene. Ad esempio, vado su Youtube e comincio ad inserire video di come si fa l'oroscopo. Il pubblico si incuriosisce, metto altri mini-video dove do dimostrazioni brevi ed intense. Dei buoni antipasti. Secondo la tua teoria, tutti guardano, sentono improvvisamente il bisogno di farsi l'oroscopo e noi vendiamo come dei disperati. Bello, ma... te lo ripeto, non ne sono affatto convinto -

-La rete, ragazzo, la rete è il futuro -

-La rete serve per pescare. Noi, più che pescatori o pubblicitari, siamo topi di biblioteca -

-Non hai un minimo di ottimismo, no? -

-Ne ho poco. Il pubblico va a istinto, ma non dimenticare la teoria di fondo: la realtà, come la macchina computer, va per passaggi logici brevi, minimi. Non saltare alle conclusioni, mai, ti potrebbe spiazzare quando meno te l'aspetti -

-Perché la realtà è logica, secondo te? -

-Lascia stare. Ti devo salutare, che la fila si sta muovendo. Appena arrivo ti richiamo –

*

La fila si era mossa e lui con essa. Poco oltre cominciava la strada, quella vera, senza troppi singhiozzi.

Perché in fondo la Via Emilia è un po' uno stato d'animo, la pianura che ti sfugge dagli occhi a destra ed a sinistra, ma a sinistra un velo di rilevi c'è sempre. Ti fa sentire in una terra di confine, una splendida parte di terra di tanti colori ed una strada in mezzo che ti accoglie sempre.

Come ti accoglie, poi, dipende dal suo umore del momento. Ecco la Via Emilia è un po' umorale. Una splendida ragazza inquieta.

Marco si sorprese a pensare quelle frasi mentre guardava la strada ed istintivamente sorrise, in auto, da solo. Fuori dai finestrini il paesaggio scorreva e cambiava come solo quel paesaggio sapeva fare.

Le sensazioni di pace che Marco provava durarono poco, che già si facevano strada in lui vaghe forme di impazienza e sensi di colpa. Era stato opportuno, si chiedeva, lasciare gli altri com'erano ed andare a fare un viaggio lungo? Avrebbe potuto prendere un aereo la mattina dopo, forse? Avrebbe potuto evitare di presentarsi all'appuntamento, declinando l'invito?

Eh, no, cavolo, questo sogno è mio e non lo butto via. Magari è la grande occasione, magari la grande perdita di tempo, vai a sapere.

La realtà è che non hai più il fisico né la mentalità per prenderti tutto il tempo. Forse non l'hai mai avuto; e non dare la colpa agli impegni, al lavoro, alla vita rapida che conduci. Sei tu che sei il festival dei sensi di colpa.

La sera arrivava dolce e sfumava arancione di tramonto sulla strada. Luci accese e andatura spedita. Come gli piacevano quei tramonti nella pianura, quelli in cui tutto diventava rosato ed in breve virava al blu di un paesaggio lunare.

Comunque la pensasse, ad un certo punto del viaggio la Via Emilia sarà pur stata romantica ma si doveva inevitabilmente prendere l'autostrada per arrivare a destinazione. Cioè un paese, parte di un'unica grande zona industriale che circondava la grande metropoli, un luogo chiamato Frenate.

Un nome che è tutto un programma.

*

Quando l'auto si fermò, Marco cominciava a sentire il peso della sera, anzi del viaggio. Altro che diligenze e locande. Scese, cercò di sgranchirsi le gambe e mugolò nel sentire di nuovo la schiena viva e scontenta. Alla faccia dell'autostrada, pensò, questo posto è in fondo all'inferno. Si guardò attorno per capire se il motel indicato nei cartelli fosse lì vicino. In teoria avrebbe dovuto essere in quella strada, vicino allo spiazzo in cui si era fermato. Alzò la testa verso il palazzo che aveva di fronte e...

Eccolo lì, Motel Asparagus.

Che grande senso dell'umorismo doveva aver avuto chi dava il nome a quegli alberghi.

Motel, prego.

Voglio dire, queste sono tutte fabbriche, ci dev'essere uno che lavora le materie plastiche, senti che odorino meravigliosamente schifo che c'è; e tu dove cacchio li trovi degli asparagi, qui?

Sei sempre critico, stai buono. Non ti piace questa splendida zona industriale, non ti piace il nome del Motel, che invece, magari, è una meraviglia; ed è l'unico che c'è, qui attorno.

Ecco, appunto.

*

Camera Diciannove, vista fabbrica piccola vicina ai lampioni.

Lui, chissà perché, pensando ad un Motel immaginava uno di quegli edifici che si vedono nei film americani di qualche anno fa, con un'insegna luminosa che ti tormenta tutta la notte con quelle luci blu e rosse alternate. Di quei posti eroici nella loro tristezza, dove di solito ci girano scene con una musica di sax in sottofondo. Magari camere piene di fantasmi.

Ecco, in quelle cose, in quelle idee strampalate, era rimasto bambino. Cercò di stare serio e si guardò attorno. In realtà era una normalissima camera anonima di un albergo di viandanti. Uomini d'affari, persone che arrivano e partono dopo poche ore. Minimo frigo bar in camera, aria condizionata così così e rumori di moto che tirano i giri sulla strada tra i fabbriconi, sperando che sia deserta.

Era già tardi quando uscì dalla doccia e si rivestì, ma d’altronde non aveva altro di meglio da fare che rilassarsi, andare a dormire e magari pensare ad un minimo canovaccio di storia da raccontare al Dottor Gagnoli. Quando sentì bussare alla porta si era già rivestito. Incuriosito dal tocco lieve e gentile, andò ad aprire subito. Di fronte a sé vide una giovane abbastanza alta, snella, rossa di capelli, dai lineamenti marcati e dai grandi occhi scuri che lo guardava con un sorriso.

-Scusa, ti funziona il frigo bar? – gli chiese

Marco Domenico represse un sorriso, che una scusa così non l’aveva ancora sentita.

-Sono alla Diciotto, la camera qui vicino e  nella mia camera, volevo prendere una Coca dal frigo e… beh, è abbastanza tiepida –

Lui la fece accomodare e si sedettero sul letto. Il suo frigorifero funzionava e lei rimase a parlare per un po’

-Marco –

-Lilla –

- Lilla? –

-Il vero nome è Lavinia Domitilla, ma capirai che per sintesi… Posso chiederti cosa fai da queste parti? –

- Viaggio. Lavoro –

-Viaggi o lavori? O è un viaggio di lavoro? –

-Per me ormai il viaggio è lavoro. Devo andare dal punto A al punto B, per lavoro. Tutto lì –

-Oh, cavolo… ma quell’antico concetto del viaggio come stato d’animo, calma, meditazione, vedere  ed  imparare, l’hai perso? -

-Credo di sì. Devo presentarmi in un posto ad una certa ora. Mi piace più usare la testa ed inventare per lavoro, mi piace il mio lavoro e so che non è scontato. Me lo devo guadagnare ogni giorno e… -

-Ti lasci mai andare, ogni tanto? -

Lui cambiò discorso all’istante.

-E… cosa ci fa una bella fanciulla come te da queste parti? – le chiese – In questo posto strano, qui a Frenate –

-Ah, no – rise lei. il suo modo di ridere, quasi da bambina, era trascinante, contagioso – Qui siamo a Villette. ‘Frenate’ è il nome di questa zona industriale, chiamata così per via del cartello messo all’inizio della strada, ma tanto i motociclisti sono anni che ci rischiano la vita; e continuano. Ci ho perso un moroso, in questa cazzo di strada –

-Sei fidanzata? –

-Ci vorresti provare? Sono una donna sposata –

- Ah… - borbottò lui tra sé e sé – che peccato… -

Lei rise forte e Marco capì che aveva sentito eccome.

-Anche nella tua stanza queste tende sono così leggere? Tutta notte con la luce in camera… No, ma… sto svicolando? Si nota molto? –

-Un po’ – sorrise Lilla

-Beh… - annaspò lui, in cerca della spiegazione adatta – sei una ragazza bella e io… beh, sì, sto facendo un po’ il fagiano, se è questo che intendi e… -

-E…? –

-…e io sono un uomo e tu una donna e… -

- Ottima deduzione. L’avevo capito anch’io. E…? –

-E niente, cavolo. Sei una donna sposata –

-Sei troppo rigido con te stesso, Marco. Lasciati andare e baciami, se ti va –

-E tu saresti…? –

-Una che ti molla un pugno, se lo fai; ma è bello avere qualcuno che ti faccia la corte in modo classico e piuttosto timido, come stai facendo tu –

-No, dai, non posso; io sono rigido e timido, no? Ho una grande forza di volontà e sono un industriale di successo –

-Ah, sì? Che cosa, fai, o potente industriale? –

-Una start up –

-Pensa che io per anni ho creduto che si chiamasse Star Tap, come quel modello di telefono cellulare –

- Star Tac –

-E Tric e Trac – scherzò Lilla - Poi ho incontrato mio marito che ‘ste cose le finanzia, quelle più meritorie. Tu che cosa ‘startappi’, esattamente? –

-Applicazioni per Smart phone –

-Esempio? –

-L’oroscopo perpetuo. Tu, ad esempio, scrivi nome e data di nascita, quanto sei alta e quanto pesi… -

-Seno, vita e fianchi… -

-No, dai, seriamente. Se non hai allergie particolari o cose così, l’oroscopo perpetuo arriva fino all’anno 2222 e giorno per giorno, ti manda un messaggio con la tua previsione personale. È una specie di calcolo del bioritmo –

- Bella, ‘sta cosa.  – commentò lei affascinata. Poi guardò l’orologio – Cavolo, è già un orario. Torno in camera. È meglio –

- Di già? –

Lei gli sorrise con dolcezza: - Sei stato un galantuomo fino adesso, non vorrei che poi ci ripensassi. Grazie per la Coca. Anzi, per sdebitarmi e ricordarmi di te, ti offro una foto. Mettiti qui vicino a me – Lui sorrise:

-No, dai, anche tu a fare i selfie con il telefonino? –

-Che male c’è? –

- Anche questo è vero… -

Così, eccoli immortalati con le facce spiritate nello schermo del telefonino di una lei bella e sconosciuta. Lilla toccò lo schermo, a Marco parve che scrivesse qualcosa e d’istinto sbirciò.

Sotto il loro autoscatto c’era il testo di un messaggio

MOLTO DOLCE E TIMIDO, MA HA GRANDI IDEE.

IDEALISTA ED INGENUO, MA PUO’ MIGLIORARE.

MARITINO, HAI FATTO BENE A MANDARGLI LA MAIL.

FINANZIALO!!!!

Marco si alzò dal letto e la guardò sorpreso. Lei lo guardò divertita.

-Non avevi capito? Mio marito finanzia start up meritorie, te l’ho detto – gli tese la mano – Lavinia Domitilla Gagnoli. –

Fatto questo aprì la porta e si allontanò. Tornò indietro un breve momento e gli disse:

-Adesso vai a dormire, che domani hai un appuntamento. Non è così? – Chiuse la porta e Marco si ritrovò da solo in camera a ridere come un cretino.

‘Asparagus’, pensò, è come si sente uno dopo una scenetta così.

Intraprendi un viaggio, parti per conquistare il mondo e finisci la sera a tentare di conquistare una bella donna. Peccato che lei sia la moglie del tuo futuro sponsor. Che poi… conquistarla è una parola grossa…

Ho fatto l’asparago a Frenate. Roba da scriverci un libro.

Quella notte fece fatica ad addormentarsi dagli attacchi di risate che gli venivano spontanei.

La mattina dopo, però, si svegliò felice, pronto ad andare ad un appuntamento con il suo sogno.