FINE: Un nuovo inizio
La finestra si affacciava su un piccolo vicolo punteggiato da luci ad incandescenza. Niente led, almeno non in quella parte di città ancora legata al passato e difficile da penetrare. Jeremy respirò l'aria che sapeva di metallo e si sgranchì le braccia allungandole verso il vuoto. Era ancora notte, di quelle buie e senza luna, una di quelle in cui preferiresti mettere la testa sotto le lenzuola ed aspettare che il sonno ti raggiunga. Ci aveva provato, era rimasto con gli occhi chiusi pensando al nulla, ma inutilmente. Nonostante avesse trentasette anni si sentiva vecchio, appartenente ad una vita a cui aveva chiesto molto ed ottenuto nulla. Nessuna donna al suo fianco, un lavoro come commesso senza possibilità di carriera, pochi amici e una casa che poteva permettersi solo perchè nessuna aveva voluto abitarci; due camere, vicini rumorosi e l'oscurità presente anche di giorno. Guardò il cielo, una lama scura tra i tetti che si chiudevano in alto come un grosso portone, e pensò che anche per quella notte le luci della strada gli avrebbero fatto compagnia. Due ubriachi attraversarono la via, ridendo e gridando parole incomprensibili, per poi finire inghiottiti dal portone di fronte.”I gemelli Browner”, pensò, riconoscendo la pelata lucente di uno dei due. Avrebbe aspettato trenta secondi e la luce dell'appartamento si sarebbe accesa. Così fu: tutto troppo scontato, sempre uguale. Eppure c'era stato un tempo in cui... in cui cosa? Il suo tempo era trascorso attraversato dalla monotonia di una vita senza stimoli. Si passò la mano tra i capelli, che iniziavano a farsi radi, quindi sputò in basso con rabbia. La temperatura era fresca, la sua fronte calda, così come la schiena che lo tormentava ogni volta che si metteva a letto. “Devo cambiarlo, non appena ho due dollari in tasca”, guardò il materasso, quindi tornò ad osservare la strada. Silenzio, rotto solo dal rumore di qualche auto di passaggio che transitava nella via adiacente, poi all'improvviso qualcosa lo incuriosì: erano innegabilmente passi di donna, veloci e su tacchi, nel silenzio del vicolo risuonavano come piccoli colpi di martello. Si allungò, superando il davanzale, e la vide. Dall'alto non capì chi fosse, di sicuro non una del posto, eppure stava procedendo a passo lento verso il fondo della strada, dove un muro delimitava il quartiere. Passò oltre il portone dei Brownes e si diresse verso l'ultimo civico. Lì abitavano tre famiglie, a lui note, brava gente con figli, ma nessuna che rispondesse minimamente al fisico della ragazza. Quando fu davanti al portone non accennò a fermarsi e con passo ancora più svelto la vide raggiungere il muro di mattoni rosso, ai cui lati sostavano due bidoni dell'immondizia. Che diavolo stava cercando? Gli venne l'istinto di lanciarle un grido, poi la voce gli si strozzò in gola quando la parete si illuminò di rosso e la ragazza la attraversò, per poi tornare nera come la notte. Si strofinò gli occhi e riguardò: nulla, era sparita, senza un suono, solo una luce forte e violenta.
-Ma che cazzo!- gridò, poi rientrò in casa e si infilò i pantaloni e le scarpe. Doveva controllare cosa diavolo era successo, non si trattava di un incubo ad occhi aperti, ne era certo. Corse per le scale, il fiatone lo bloccò all'uscita del vicolo, intorno nessuno. A passo deciso si portò nel punto in cui la ragazza era sparita e posò la mano sul muro. Percepì un lieve calore, come quello che lascia il sole nelle serate estive; ma era autunno inoltrato e poi il pomeriggio era stato nuvolo. Il sole non riusciva a penetrare sino lì. Guardò intorno, sotto le luci della strada, sino a quando gli occhi non incontrarono un talloncino quadrato di plastica rosa. Lo prese in mano, osservando la scritta. Il contatto lo fece sussultare: quel piccolo oggetto emanava una lieve vibrazione che si propagò lungo il braccio. Aprì d'istinto la mano, facendolo cadere. La scritta spiccò nera su sfondo rosa, solo quattro lettere, un acronimo incomprensibile, che formava una parola di senso compiuto: F.I.N.E.
Rimase come ipnotizzato a guardare quel quadratino per terra, quasi si aspettasse che ad un certo punto prendesse vita o sparisse, ma lui restava lì, inanimato e misterioso.
F.I.N.E., cosa mai poteva significare? Non senza timore si chinò con l'intento di raccoglierlo nuovamente. Avvicinò piano le dita all'oggetto finché questo non fu di nuovo nel palmo della sua mano. Questa volta non percepì nulla di strano. Jeremy notò che il quadratino gli restituiva la sensazione di un vero pezzo di plastica. Un vero pezzo di plastica?... Jeremy si chiese se non stava vaneggiando. Eppure la ragazza l'aveva vista sparire con i suoi occhi e non stava sognando, inoltre quel pezzo di plastica gli aveva dato la scossa e tutto il suo braccio era stato avvolto da un'unica sensazione e il muro era caldo e il sole non c'era, ma c'era stato il lampo di luce, la ragazza e i tacchi, poi il rumore e poi non c'era più e..... stop!
Da quando lo aveva raccolto i suoi pensieri vorticavano e si accavallavano senza tregua, senza che lui fosse riuscito a staccare gli occhi dall'oggetto e da quello strano acronimo. Spaventato lo lasciò di nuovo cadere e subito nella sua mente tornò la calma. Fu come come se tutte le preoccupazioni che aveva sempre avuto lo avessero di colpo abbandonato per lasciare il posto ad una totale tranquillità. Scosso da questo senso di pace che da molto non provava, tornò a fissare la scritta e gli venne nuovamente l'istinto di riprendere l'oggetto, ma si trattenne. Aveva paura, paura dell'ignoto. Sorrise di se stesso. Proprio lui che stava sprofondando sempre di più in una vita grigia e senza importanza, ora si scopriva ad avere paura di qualcosa di apparentemente inspiegabile.
Il senso di smarrimento però lo bloccò solo per poco. Decise che doveva assolutamente scoprire che segreto si nascondesse dietro a quel piccolo pezzo di plastica e decise che lo avrebbe raccolto e tenuto, qualsiasi cosa fosse successa. Prima di afferrarlo gli venne l'istinto di guardare l'ora e quando vide il quadrante dell'orologio il fiato gli si spezzò: da quando era sceso di corsa dopo aver visto la ragazza erano passate due ore. Jeremy sentì mancargli la terra da sotto ai piedi. Sapeva che era lí da una manciata di minuti, massimo mezz'ora, ma l'orologio era di tutt'altro avviso. Inutile chiedersi se l'orologio diceva il vero: Jeremy sapeva che tutto era legato alla ragazza e al pezzetto di plastica. Che cosa era successo in quel lasso di tempo?
Non si era reso conto che mentre pensava si era chinato ed era nuovamente con la mano protesa verso il quadratino di plastica. Quasi come se la sua mano si muovesse indipendentemente dal suo cervello, aveva chiuso le dita e lo aveva di nuovo raccolto.
Dall'altra parte del muro la ragazza e con lei altre quattro essenze osservavano Jeremy.
-Che ne dite, può essere la persona che fa per noi? - disse Gyz, una delle quattro, volteggiando a mezz'aria.
- A me non sembra male - disse Lyn, un'altra essenza che osservava con perizia ogni movimento di Jeremy.
-Io invece sono certa che fa per noi - disse la ragazza che era passata attraverso il muro e che ora si era trasforamta in essenza anche lei - Mi ha guardata dalla finestra così ho potuto leggergli la vita. Non è felice della vita che fa, della casa in cui abita e si sente un fallito perchè non ha nemmeno una compagna. E' triste come una rosa a cui abbiano rubato il profumo -.
-Nooooo, così triste?? Oh, poveretto! - disse Gyz spalancando ancora di più gli occhi scuri tondi come una palla.
Myt e Dyr, le altre due essenze, avevano guardato senza commentare, ma anche loro sorridevano ed annuivano.
-Non appena ho scoperto come si sentiva, ho fatto in modo che mi vedesse attraversare il muro e l'ho fatto venire da me, lasciandogli il quadrato di trasferimento e facendo in modo che lo notasse. Ve l'ho detto, ho capito subito che faceva per noi. Myt e Dyr, durante questa dilatazione di tempo siete riuscite ad avere tutte le informazioni necessarie?
-Principessa Nym, tu hai sempre un fiuto eccezionale e quello che abbiamo scoperto è proprio quello che cercavamo.-
-Fantastico! - rispose Nym - ora non ci resta che farlo venire da noi -.
-Che cosa aspetti? - disse Lyn - E' vero che ormai non se ne andrà se prima non ha scoperto cos'è il quadrato, ma è meglio non correre rischi -.
-Hai ragione, vado subito - e così dicendo Nym riprese le sembianze umane, toccò quello che per Jeremy era un muro , apparve il raggio trasportatore e Nym ci passò attraverso.
Jeremy cadde all'indetro accecato dal bagliore rosso che infuocò il muro. Sempre con il quadratino nella sua mano, si sfregò gli occhi che per un momento erano diventati come ciechi.
In mezzo al bagliore rosso che ancora si rifrangeva nelle sue pupille, vide come una figura scura. Strabuzzò gli occhi e se li sfregò ancora un po' finchè finalmente distinse in quell'aura la silhouette di una presona: era una ragazza.
Jeremy sussultò non appena i suoi occhi gli permisero di riconoscerla: era la ragazza che aveva visto attraversare il muro! Rimase a bocca aperta, incapace di articolare qualsivoglia sillaba, ma incredibilmente non aveva l'istinto di fuggire, bensì era fortemente calamitato da quella ragazza che gli sorrideva e gli trasmetteva tranquillità.
Non era bella, o perlomeno non secondo i canoni che di solito si utilizzano, ma aveva un magetismo che lo attraeva inesorabilmente.
-Chi...chi..sei? - riuscì a dire.
-Ciao. Io sono Nym, Principessa delle Essenze - gli rispose senza mai smettere di guardarlo negli occhi.
Jeremy sentì un profumo avvolgerlo come in un abbraccio ed immediatamente tutto gli parve colorato e nuovo, tutto sembrò non essere più grigio e tetro, ma allegro e piacevole.
-Principessa delle Essenze?- sentì la sua voce dire come se venisse da lontanissimo.
-Sì. Io sono la Pricipessa di tutte le Essenze, siano esse intese come realtà ,sostanza, fulcro e spirito delle cose, sia come insieme di tutti gli oli essenziali ed aromi esistenti in natura. Noi Essenze siamo in ogni cosa, ovunque tu guardi e contribuiamo a mantenere l'ordine e la tranquillità. -
-Il fatto che io ti abbia vista non è casuale vero? -
-No, non è casuale o almeno non lo è più. In realtà tu non eri nei nostri piani ed in effetti è stato un caso che tu mi abbia vista, ma, da dopo che la mia mente ha incontrato la tua vita, il fatto che tu sia qui non è più casuale- .
Jeremy non aveva capito granchè e la sua espressione dovette essere più che eloquente pechè Nym si mise a ridere e gli disse: - Devi sapere che è un po' di tempo che il nostro antagonista, il Principe della Superficialità, sta cercando di stravolgere l'equilibrio delle cose. Lo sta facendo in modo lento e subdolo, ma efficace. Sta cercando di togliere poco a poco l'essenza alle cose in modo che non sembrino degne di nota, che non siano importanti, che sembrino tutte senza senso o assolutamente indifferenti. Porta via l'interesse, i colori, i profumi e a poco a poco tutto sbiadisce. Quando ho incontrato la tua mente ho visto in te un individuo particolarmente colpito e quindi sono qui per chiederti di aiutarci - .
-Io aiutarvi? - rispose Jeremy molto frastornato.
Nym lo guardava con un sorriso dolce come di chi aspettasse che lui finisse il proprio discorso.
- Non credo di avere qualità particolari... cioè... -
- Continua - lo esortò dolcemente lei, continuando a sorridere.
- Non conto niente, in fondo. Non sono un eletto -
Nym si mise a sedere su un granello di polvere che svolazzava attorno e gli rispose: - Ecco perché sei un eletto per noi. Sei speciale per noi. Sei talmente convinto di non essere niente di speciale, che sei veramente speciale. Le tue qualità non le vedi più, ma noi sì -
- Noi chi, scusa? - chiese lui intontito dalla girandola di stranezze e novità che gli frullavano attorno - Ah, ho capito adesso: le essenze sono più di una -
- Il Principe della Superficialità ti ha colpito molto, credi di valere poco, ma sei speciale perché non solo vali tanto e non te ne accorgi, ma... lui... non è mai riuscito ad avvolgerti con l'indifferenza. Tu hai la Capacità di Meravigliarti, come stai facendo adesso, è essenziale. Oltre alla bellissima e rarissima Capacità di Ascoltare, quella è veramente qualcosa di particolare -
Jeremy ci pensò un po' e sforzandosi, neanche troppo, capiva che in fondo Nym aveva ragione. Lei lo notò subito dalla sua espressione e scese dal granello di polvere.
- Ok - disse lui d'un tratto - Ci sto. Dov'è la battaglia? -
Nym sbuffò: - Voi umani siete ossessionati da questa idea di combattere, distruggere, uccidere il cattivo. Se la metti così, una battaglia c'è, ma non ti serve la spada. E' una guerriglia, si combatte nelle strade, tutti i giorni. Ci sei tu contro il Principe che è in ognuno di voi umani; e quando sarai riuscito a salvarne anche solo uno, non è così difficile come credi, quell'uno sarà insieme a te a guerrigliare. Poi un altro e un altro ancora -
- L'indifferenza e la superficialità si combattono poco alla volta ogni giorno, non è così? -
La principessa sorrise in modo radioso: - Lo vedi che è già chiaro? Sapevo che avresti capito subito. Non sarai del tutto solo, però. Questi quadrati magici ti aiuteranno a chiamarci quando vorrai. Anche solo per venire a farti due risate con noi -
- Mi piace, questa cosa - commentò lui
- E allora vai - lo incitò lei con dolcezza, sparendo nel grande muro di mattoni.
-No! Aspetta! - gridò Jeremy, ma ormai Nym non c'era più. - Volevo chiederti cosa significava F.I.N.E. - disse guardando il muro, ma non ottenne risposta.
Abbassò lo sguardo e spalancò piano la mano: il quadratino era sempre lì e lui non se ne sarebbe più separato.
Ma cosa doveva fare ora? Come poteva iniziare a combattere il Principe? Poi ricordò lo sbuffare di Nym mentre gli diceva che gli umani pensano solo a combattere e capì che la strategia doveva essere per forza un'altra. Doveva cambiare il suo modo di pensare e sfruttare le sue capacità anzichè crogiolarsi nel grigio.
-Forse lo hai lasciato solo troppo presto - disse Gyz preoccupata - mi sembra un po' troppo insicuro. Avresti dovuto dargli qualche indicazione in più. Magari da dove cominciare....-
-Tranquilla Gyz - disse Nym sorridendo e mostrandole le altre essenze che guardavano oltre il muro e volteggiavano felici.
- Vedi? Loro sentono che Jeremy sta iniziando a capire da solo e che tra poco prenderà la strada giusta. Sai bene che noi saremo sempre qui per lui se ne ha bisogno, per cui non ti devi preoccupare, vedrai che ce la farà. E capirà anche da solo il significato di F.I.N.E. - .
Jeremy si allontanò dal muro tenendo sempre lo sguardo fisso sul quadratino. Ripensava alle parole di Nym e poco alla volta si delineavano nella sua mente le idee sul percorso da compiere per portare a termine la missione che gli era stata affidata. Orgoglioso di aver ricevuto così tanta fiducia, si sentì forte e sempre più ottimista ad ogni passo che faceva. Non credeva nemmeno lui alle nuove sensazioni che lo pervadevano, si sentiva come ringiovanito e anche il pensiero di tornare al suo appartamento non gli era sgradito.
Allungò il passo. Gli restavano ancora poche ore per riposare e poi avrebbe iniziato la sua missione con rinnovato vigore.
Si tuffò nel letto e si addormentò immediatamente. Sognò se stesso volteggiare come la Principessa delle Essenze sollevando un trofeo che gli era stato consegnato dalla Principessa per aver salvato il mondo ed il mattino dopo si svegliò di ottimo umore. Persino il materasso gli era sembrato più confortevole e fece colazione canticchiando per poi correre contento al lavoro. Non poteva certo dire che aveva una missione e chi gliel'aveva affidata, lo avrebbero preso per pazzo, per cui la sua strategia sarebbe stata quella di cercare di far sorridere i suoi colleghi.
Jeremy lavorava in un grosso supermercato e quando come ogni giorno prese il suo posto al banco degli affettati e dei formaggi, vide i suoi colleghi con lo sguardo triste che servivano i clienti svogliatamente. A loro volta i clienti erano scorbutici e mal disposti nei confronti dei suoi colleghi.
Jeremy provò a fare qualche battuta scherzosa nel tentativo di sollevare gli animi, ma ricevette mezzi sorrisi tristi da parte dei colleghi e sguardi di sufficienza da parte dei clienti.
Non si diede per vinto ed iniziò a servire i cienti con il sorriso sulle labbra, usando gentilezza e cortesia. Sulle prime parve non ottenere moltissimo, ma poco a poco i clienti iniziarono a ricambiare il suo sorriso ed anche a scambiare qualche battuta con lui. I suoi colleghi, vedendo il cambiamento, iniziarono anche loro a fare qualche timido sorriso e a scambiare qualche parola con i clienti e in poco meno di un'ora il clima era completamente cambiato. Al banco degli affettati c'era come una nuova luce, tutti erano cortesi e sorridenti e i clienti si allontanavano con il sorriso sulle labbra.
- Trentottoooo... chi ha il trentotto? -
Al banco della piccola pasticceria, Eddie stava macinando i numeri sul contatore come se stesse buttando giù birilli. Non aveva la nomea di gran simpaticone ed i clienti a volte non avevano neanche il coraggio di lamentarsi. Il signore anziano che camminava malfermo con il deambulatore fece fatica ad arrivare al banco e d'altronde quella non era una corsa ad ostacoli.
- Non c'è il trentotto, via. Trentaaanoveee - continuò Eddie. Jeremy se ne accorse al volo e vide lo sguardo deluso e un po' umiliato dell'uomo che non era arrivato a tempo. L'istinto improvviso fu quello di andare da Ed e dirgliene quattro (cazzo, Ed, ma che ti ha fatto questo, se lui non può un ceffone te lo do io), ma immprovvisamente gli venne in mente "FINE". fine degli impulsi rabbiosi, fine della guerra, fine dell'indifferenza. Fine.
Quella fine che è un nuovo inizio. Si avvicinò a Eddie, gli mise una mano sulla spalla e gli disse con calma in un orecchio:
- Magari quel signore voleva portare una tortina alla sua signora, non credi? Prima che tu lo bloccassi. non ti ha dichiarato guerra, sai, in più un bel regalo alla sua bella signora poteva essere una gran buona idea, no? Io lo farei, se la mia lady fosse ancora con me tra ottant'anni -
- A chi lo dici... - rispose piano Eddie quasi senza accorgersene. Per uno strano motivo Eddie era rimasto colpito dalla sua voce calma ed aveva cominciato a pensare. Il lampo triste che gli passò nello sguardo divenne un guizzo allegro improvviso. Sorrise all'uomo con un'aria di scuse e al volo gli venne da spiegare che, no, si era sbagliato (scusi, signore, lei e il trenanove, qui lei è re come tutti). La signora in fila, la numero trentanove, una giovane energica, guardò Eddie e in un attimo capì. Si sentì più tranquilla e mai avrebbe voluto togliere a quell'uomo il posto.
-Prego, signore, passi, ci mancherebbe... -
Zoppicando lentamente, l'uomo li guardò e sorrise. In pochi momenti il clima di quel reparto scorbutico si era fatto accogliente. Ordinò una meravigliosa tortina per la sua Nancy, che era nel fiore dei suoi ottantanove anni.
Jeremy, sorridendo, toccava il quadratino rosa che aveva in tasca. Lo estrasse, lo lesse e vide, guardando meglio,che la parola sul quadratino aveva perso i puntini ed era diventata una bellissima FINE. Capì subito che non c'erano significati da cercare. Nient'altro da capire, in fondo.
Le essenze, nel loro mondo, risero compiaciute.
Quelli erano i primi, timidi, segni: la fine stava diventando un nuovo inizio, finalmente.