Come piante carnivore

07.11.2015 20:30

Le quattro donne si guardarono compiacendosi dell'impero che avevano creato in pochi anni. La loro serra era divenuta la più famosa della Spagna. Orde di visitatori si riversavano nel piccolo paesino di Pueblos Blancos per ammirare le piante che crescevano rigogliose. Tutti rimanevano stupiti di come in una terra arida come l'Andalusia, potessero crescere multiformi varietà di fiori. Pablita, Concita, Johanna e Nadina erano le più ricercate giardiniere del paese, richieste dai più illustri personaggi di tutta la Spagna. Le piante alle quali tenevano particolarmente erano quelle carnivore: Bellissime colorate e pericolose come loro, ma questo era un dettaglio celato ai clienti. Si erano conosciute in un' infausta occasione. Il primo incontro era avvenuto al piccolo cimitero sulla collina del paese. Tutte e quattro erano intente a ripulire la tomba del marito e ad abbellirla con varietà di fiori. Con il tempo quel rituale era divenuto un appuntamento fisso e come un macabro locale, si incontravano in quel luogo triste per discutere delle proprie passioni. Avevano scoperto di possedere gli stessi gusti, aspirazioni e la medesima ambizione. Insieme avevano elaborato l'idea di costituire una società specializzata in giardinaggio. Abbandonati i monotoni e noiosi impieghi, si erano lanciate in questa nuova idea imprenditoriale. Gli affari funzionavano alla grande, erano ricche e famose e soddisfatte. L'unico dettaglio al quale dovevano badare era quello di non far trapelare il grande segreto. La prosperità delle piante era causata da un concime molto particolare: carne umana fermentata.

Il giovane coltivatore Alejandro era chino sul terreno, le braccia tese verso il basso e la fronte imperlata di sudore. Era in prova da meno di una settimana e, per mirare al sogno di essere assunto, si era offerto di fermarsi ben oltre l'orario di lavoro, in modo del tutto gratuito. Concita aveva visto nel gesto la volontà di essere degno del compito affidatogli, mentre Pablita, la più malfidente delle quattro aveva paura che dietro a quello sforzo si nascondesse l'intento di scoprire qualcosa di più. Alejandro si era offerto più volte di procedere all'innaffiamento con il concime speciale, compito che Nadina eseguiva personalmente, una volta che la serra era chiusa e le tenebre avvolgevano la tenuta. Il grande serbatoio posto all'esterno conteneva una grande quantità di acqua nella quale galleggiavano i corpi in putrefazione di povere salme rubate al cimitero. Tutto era iniziato quando le donne si erano date appuntamento presso un bar del centro per parlare delle loro sofferenze, ma anche dei loro sogni. Si erano scoperte affini nei gusti e con la grande passione per i fiori. Ma quello che le legava a filo doppio era il tradimento che i reciproci mariti avevano compiuto durante la vita. Tutti i giorni a pulire le tombe, solo per facciata, per non dare a vedere quanto meschini fossero stati in vita. Johanna era stata l'artefice dell'impresa e quella che era riuscita a convincere e altre sulla produzione del fertilizzante.

-Se le bestie cattive non muoiono mai, allora i nostri mariti qualcosa di buono lo avranno, visto che sono schiattati!- disse quel giorno al bar. In pochi minti le quattro scoprirono anche un'altra affinità, quella del trafugamento dei cadaveri, ma non gente qualsiasi, bensì corpi di coloro che in vita avevano tradito i partner. Forse era quella la ragione, o forse un puro caso, ma la serra era partita alla grande e i fiori troneggiavano in tutta la loro macabra bellezza, grazie ai consorti.

Sicuramente il motivo di tanta rigogliosità non poteva di certo trapelare per cui le insistenze, pur senza secondi fini, di Alejandro circa le innaffiature, iniziavano a spazientire anche le altre tre che inizialmente non pensavano male di lui, mentre invece davano a Pablita ulteriori ragioni per vedere sempre di più in lui un soggetto molto scomodo.

Alejandro dal canto suo, non riusciva a spiegarsi il motivo di tanta ritrosia e lavorava sempre più sodo convinto di non svolgere in modo abbastanza consono il suo dovere. Pensa che ti ripensa, mentre accudiva le piantine che molto spesso gli rifilavano anche sonore morsicate, arrivava sempre di più alla conclusione che il diniego alle annaffiature che Nadina faceva con tanta cura in gran segreto, non fosse dovuto a lui, quanto piuttosto ad un rituale che si doveva svolgere in determinate particolarissime condizioni. Iniziò a fantasticare circa complessi calcoli di incroci di pianeti che potessero regolare le innaffiature, vedeva le quattro donne chine su fogli pieni di disegni di pianeti e costellazioni e densi di complessi calcoli solo alla risoluzione dei quali si sarebbe potuto decidere quando la magica innaffiatura avrebbe potuto avere luogo. Riportato alla realtà dal graffio feroce di una Margheris Mordens, Alejandro decise che doveva scoprire il segreto di quella affascinante magia. Quella sera avrebbe finto di andare a casa, mentre invece si sarebbe appostato nelle vicinanze finchè non avesse visto Nadina comparire e poi l'avrebbe seguita e spiata. E così fece. Fece finta di uscire e, stando ben attento a non essere visto, si nascose nel fornitissimo magazzino degli atrezzi dal quale c'era una buona visuale della casa e stette in religiosa attesa. Non si accorse però di Pablita che non lo aveva perso di vista un attimo.

Pablita era, tra le quattro, quella con l'animo più docile e mansueto. Possedeva un eccellente intelletto, appassionatissima di musica classica, ma una scarsissima attitudine alla pazienza. Soprattutto era impaziente con le creature curiose e invadenti, e Alejandro, secondo lei, con quel suo fare sagace e circospetto, era dotato di tutte le sgradevoli caratteristiche tipiche dell'investigatore.

Probabilmente, nella vita precedente era stato un uomo d'ordine nel Cuerpo Nacional de Policía. Ma tutto ciò non era importante. L'uomo era troppo interessato alla misteriosa e redditizia attività del quartetto femminile e andava inibito il prima possibile. Era certa che fargli un ragionamento sarebbe stato decisamente improduttivo, oltre che una perdita di tempo e realizzò che poteva diventare un buon concime, invece, per l'amatissima Darlingtonia. La sua pianta preferita.
Si. Adesso si sarebbe fatta notare, in modo da farlo desistere dal suo intento e, con Concita, Nadina e Johanna, avrebbe stabilito, senza neanche troppa fatica, il modo di chiudergli per sempre quegli occhietti guardinghi e interessati.
- Alejandro!- Urlò - Posso aiutarla a trovare ciò che sta cercando? Mi sembra che abbia perso qualcosa...oppure mi sbaglio?-

L'uomo rimase pietrificato, incapace di muovere un muscolo. Il tono della donna, di solito burbero ed autoritario, possedeva ora una nota malefica. Gli si rizzarono quei due peli che aveva sulla testa e aspettò che si avvicinasse.

-Allora, ha perso la favella? Oppure si è fermato a rimirare come stanno sbocciando le Browallia? Mi sembra che l'orario di lavoro sia finito da un pezzo!-
-Su Pablita, non essere così scortese con Alejandro. Probabilmente una ragione ci sarà- Johanna si fece più vicina all'uomo e ne osservò la fronte imperlata di sudore.
-Ero solo... curioso- balbettò. -I vostri fiori sono così belli che deve pur esserci un segreto affinchè crescano così rigogliosi... non avevo intenzione...-
-Ma le pare, se è solo per questo non aveva che da chiederlo- Johanna rise e lo prese sotto braccio. -Venga con noi, le mostreremo l'intero processo di produzione-.
Pablita ebbe un brivido quando scorse negli occhi dell'amica uno scintillio demoniaco. Una cosa era usare cadaveri, un'altra uccidere un essere umano a sangue freddo. Non si sentiva pronta.
-Forse il signor Alejandro deve andare- si affrettò a dire.
-Si, forse è meglio- ammise l'uomo, cercando di liberarsi dalla presa.
-Non sia scortese- Johanna era glaciale, il suo tono piatto. -Ora che è qui con noi ed inoltre è un gran lavoratore, è giusto che faccia parte della nostra grande famiglia-.
Il senso di disagio aumentò in Pablita. Nadine e Concita stavano raggiungendole e dall'espressione dei loro visi capì che anche loro avevano mire minacciose sull'uomo. Si sentì spaventata, complice di un gioco troppo grande da sopportare.

PRIMO FINALE

Il gruppo ormai forbito si avvicinava sempre di più alle piante dormienti. Le loro teste erano accasciate in un vuoto invisibile, le loro bocche affamate, al contrario, sembravano aspettare un pasto succulento. I passi di Alejandro si fecero sempre più pesanti, come a voler fare baccano per creare un diversivo e scappare, ma la serra era in mezzo al niente. Si diceva che anche per questo quei fiori fossero così belli, la tranquillità e il silenzio tracannavano nelle loro bocche una grande bellezza. La stessa tranquillità sarebbe costata cara ad Alejandro che ora teneva una mano serrata alla gola come a voler fermare ogni possibile attacco. - Dovreste annaffiarli no?- chiese Alejandro con un filo di voce - Non voglio che perdiate ancora del tempo con me, gli affari sono affari, mi è anche venuto un certo sonno- aggiunse poi voltandosi di spalle. 

-No, no, cosa dice, sciocchezze, inoltre credo che il concime sia finito, non saprei cosa dargli da mangiare- rispose Johanna fermando per un braccio l'uomo. - Posso procurarlo io, anche se ormai è notte..- 

- Non ce ne sarà bisogno, buonanotte, a domani....- Concluse Nadine sorniona. Alejandro credendosi in salvo, e pensando di essersi soltanto suggestionato si affrettò ad allontanarsi, ma Concita che era scomparsa da già qualche minuto era appostata lì vicino nel suo fuoristrada. I fari accesi colpirono gli occhi di Alejandro come sciabole infernali, le ruote gli fracassarono il cranio facendo schizzare in ogni parte il suo molle contenuto. Pablita si coprì gli occhi dalla paura, ma ormai erano tutte in gioco. Le donne trascinarono il corpo sfigurato di Alejandro fino al serbatoio. Il cadavere galleggiava a pancia sotto nell'acqua putrida, pronto ad essere il giusto nutrimento per quei fiori favolistici. Johanna riempi l'innaffiatoio fino all'orlo, la Margheris Mordens aumentò il ritmo dei suoi morsi sotto il getto d'acqua. Ogni fiore esplose di salute.


SECONDO FINALE

-Forza ragazze, la giuria non starà certo ad aspettarci!- Johanna si sporse all'interno della serra e osservò Concita e Nadine sistemare la bellissima orchidea Laelia anceps nel trasportino. Il fiore, di una bellezza luminosa, sarebbe stato l'asso vincente che le tre donne erano pronte a portare alla mostra.
-Direi me-ra-vi-glio-sa! Abbiamo fatto un ottimo lavoro- esclamò Nadine soddisfatta. -Questo nuovo metodo di fertilizzazione sta dando risultati insperati-.
Concita emise un gridolino di gioia e si affretto a portare in macchina la confezione. C'era ancora una cosa da fare e quello era compito di Johanna. Lanciò un'occhiata a Nadine, l'amica annuì e raggiunse Concita.
-Ti aspettiamo fuori, fai presto- disse, aprendosi poi in un sorriso. Johanna raggiunse il fondo della serra, aprì il lucchetto del capanno e quindi accese la luce sul locale angusto e pieno di attrezzi. Al centro, seduti su due sedie, completamente nudi, erano sistemati Alejandro e Pablita, gli arti inerti e i visi contratti dal terrore.
-Buongiorno miei cari, avete fatto uno splendido lavoro- la donna si avvicinò ai due e girò le farfalle delle cannucce collegate agli aghi che in più punti del corpo trafiggevano i due. In alto, appese alle travi, pendevano due sacche di nutrimento che tramite endovena consentiva loro di rimanere in vita. -Un nuovo metodo, il vostro sangue funziona a meraviglia, altro che carne putrefatta! Sangue fresco e vivo, in grado di creare nuovi esemplari che ci permetteranno di fare soldi a palate. State qui buoni e riposatevi, domani sarà una giornata faticosa. Ah, una raccomandazione: non fateci la cattiveria di morire, eh!- ed uscì, spegnendo la luce.