Angolo bar a Bologna

20.11.2016 21:49

Salve. Mi chiamo Roberto Otrebor, e già il nome dovrebbe dirvi qualcosa. Niente? Strano, perché, ai miei tempi, sono stato uno scrittore di una certa fama, oltre che di una certa fame. Poi la fame è passata. Con il successo, s'intende; perché il successo fa passare la fame, ma fa venire l'eccesso. No, non l'ascesso, ma l'eccesso, non so se capite... soldi, donne, alcool... sì, alle volte avevo qualche doloroso ascesso, ma anche i soldi per pagare i migliori odontoiatri. Ma bando agli ascessi, stavo parlando di successi. Come la volta in cui sono stato invitato al Maurizio Costanzo Show. Nemmeno questo ricordate? Già, neanch'io ricordo bene. Il Maurizio Costanzo Show va in onda così tardi che devo essermi addormentato sul palco. Comunque, ho scritto tre romanzi, con una particolarità: erano tutti collegati fra loro, ma se si tentava di scollegarli era lo stesso... si capiva tutto ugualmente. Non come quando si stacca la spina e non c'è più corrente. Erano luminosi lo stesso, i miei romanzi. Un giorno successe qualcosa. Ho ricevuto un'offerta da un editore... per non scrivere più nulla. Evidentemente, un'offerta che non si poteva rifiutare.
Starmene a casa senza far nulla era diventato un lavoro troppo impegnativo, quindi mi sono trasferito a Bologna, vicino alla stazione, e ho preso in gestione un angolo bar. Non un bar intero, s'intende, sarebbe stato troppo impegnativo. Ma un angolo bar poteva andar bene. Ero così bravo con le parole che, non avendo idee migliori, lo chiamai "Angolo bar a Bologna". L'insegna del locale era lunga quasi tutto il locale stesso, ma di là ci passavano tutti. Intellettuali, barboni, poliziotti, terroristi, infermieri e lungodegenti. Studenti, anche studentesse... un bel vedere.
Insomma, tutti venivano all'"Angolo bar a Bologna", sia da sinistra verso destra, sia da destra verso sinistra. Provate... tanto è uguale: "angoloB a rab olognA." Vi racconto chi c'era...

Otis Sito, per esempio, il primo che mi viene in mente, è un vero personaggio. Anche se ovviamente con gli anni si è convinto che la sua meravigliosa ed ineguagliabile eccezionalità sia normale. che sia normale che le persone lo venerino per quello che è. All'apparenza è un signore di mezz'età, tendente ai due terzi di età, diciamo. Ex Grande Playboy Romagnolo in trasferta a Bologna ormai da tempo immemorabile.

Del playboy 'ha rimasto' (come si direbbe dalle sue parti) una camicia fiorata aperta sul petto su cui risalta un crocifisso d'oro che peserà quindici chili, dono di una meravigliosa svedese che gli ha trapanato il cuore, l'unica per cui ha interrotto la sua attività record di amare almeno settecentotrenta donne all'anno in media, due al giorno. Prodigo di consigli sul come 'castigarle', ne dispensa a tutto il bar, anzi angolo bar, anche mentre si guarda la partita di campionato.
Mentre Marco Ocram è un inventore che ha sempre la soluzione giusta per ogni cosa di carattere pratico. Devo dire che alcune idee non sono niente male. L'importante è non chiedergli opinioni o soluzioni su cose trascendentali come la partita di briscola del mercoledì, perché lì, nel consigliare, diventa veramente una furia.
- Te, che non hai seguito il mio consiglio, hai fatto una pistolata. Dovevi metter giù il tre, era la mano giusta. Ma le vedi, le carte? -
Immancabilmente uno dei giocatori si spazientisce.
- Dai mò, Marcolino, stai mò buono -
- Voialtri non mi volete dare retta e scazzugliate - conclude lui, venendo poi quasi sempre a lamentarsi e sfogarsi da me al bancone.

Il bar è un crocevia di storie e personaggi, alcuni di passaggio altri fissi e dei quali non posso farne a meno. Sto dietro il bancone e osservo l'andirivieni, sempre in silenzio, prodigo di sorrisi ed attento. Da vecchio scrittore navigato non ho mai smesso di prendere appunti che inserisco la sera nel mio fido Mac; prima o poi ne tirerò fuori qualcosa di buono, ne sono sicuro, e che vada a fottersi quel lurido editore ed i suoi soldi! Lo so che Benni ci ha già pensato, con gran successo, ma in fondo non è che il mondo si ferma perchè qualcosa è già stato fatto; la mia idea è un'altra, forse troppo pretenziosa, ma di sicuro innovativa. Non sto qui a dilungarmi, non in questo momento in cui Marisa Asiram varca la soglia col cellulare attaccato all'orecchio e gli occhi gonfi, si siede e afferra un cornetto alla crema. Addenta, parla, si infarina di zucchero la gonna, piagnucola e poi sbatte il telefono sul tavolo. Stesso copione, tutti i giorni, da tre mesi a questa parte. La colpa è del moroso, una larva a mio avviso, ma di cui lei non può farne a meno.

"Lo fa da Dio..." mi rispose qualche settimana fa, curioso del suo strano comportamento. Evitai di commentare, lei non aggiunse nulla, e da allora sorvolo sulla cosa lasciando che le giornate si ripetano. Ma questa mattina è diverso, per la prima volta qualcosa non va per il verso normale: ha mangiato un cornetto invece del solito saccottino al cioccolato. Inarco le sopracciglia, la guardo e lei sorride.
"Ho preso la decisione del secolo: l'ho mollato, questa volta per sempre!".
"Azz!" rispondo sorpreso. "Il Dio se ne è andato dalla tua vita?".
"Ma quale Dio, quello è capace solo a fare il cuoco. Basta pentole e fornelli!"
Il cuoco, penso, come ci vuole poco ad interpretare male una qualità...

C'è un'altra persona che mi incuriosisce alquanto e se è alquanto è proprio tanto perchè di solito a me le cose incuriosiscono alpoco o alquasi e invece per lui la mia curiosità si svegliava. Si sedeva sempre nel tavolino all'angolo dell'angolo bar ed essendo un angolo bar non è che si potesse avere più di tanti tavolini, anzi, avevo più che altro dei triangoli isoscelini che sembrano scomodi, ma, vi assicuro, non è vero, basta abituarsi e siccome nel mio bar si sta bene, nessuno si è mai lamentato.

Lui, vi dicevo, si siede sempre sul seggiolino del triangolino all'angolo, ordina un caffè macchiato freddo con la schiuma calda e poi lo sorseggia lentamente. Mentre lo sorseggia prende un tovagliolino ed inizia a piegarlo ed ogni giorno ne vengono fuori figurine sempre diverse e vedeste che belle che sono. Mi è persino capitato di versare un vermouth chinato sul panciotto del commercialista per stare a guardare le figurine. Non che il commercialista se la sia presa, del resto si era già preso la parcella per cui potevamo essere pari e patta.
Dicevo che le figurine sono molto belle e lui ne fa una sola al giorno. Sì, perchè il caffè, anche se lo beve lentamente mica dura un'eternità. Diciamo che dura una figurina.
Un giorno gli ho timidamente chiesto il nome, timidamente perchè lui è un tipo schivo, mai una parola oltre all'ordine e mi spiaceva farmi una figuraccia, ma tanto l'avrei comunque fatta perchè a confronto delle sue figurine la mia non poteva che essere una figuraccia.
Come dicevo gli chiesi il nome: Imagiro Origami, mi disse guardandomi negli occhi. Sì, effettivamente ora che lo guardavo meglio, aveva un po' gli occhi a mandorla.

Lo chiamano il professore anche se nessuno sa di che materia ne in quale scuola abbia professato la professione di professore. Si presenta al Bar tutte le mattine all'apertura, vestito liso di tweed marrone, cravatta regimental consunta e bisunta e camicia che fai fatica a capirne il colore originale. Ombrello nero classico sempre al braccio destro, l'unita' spiegazzata sotto a quello sinistro (ovviamente) e occhiale a mezzaluna in bilico sulla prospicente patata violacea con cui termina il naso importante. Ogni giorno la stessa storia: "il solito,professore?" e per risposta "ma certo ismito che non sei altro, brîṡa fèr l’èsen" ribatte con aria severa.. ed io gli servo il solito: un cornetto del giorno prima, un caffe' ristretto e a parte un bicchierino colmo di anicione Casoni che servirebbe alla correzione ed il professor Iren Neri per oltre un ora non si schioda dal bancone, leggendo, suggendo, bofonchiando e borbottando commenti su ogni persona che si trovi a transitare dall'angolo di portico del bar all'angolo. Solitamente se la prende con i giovani.... "guarda sti banboz, che bagagli. Se fossi ancora a scuola..li raddrizzerei io sti sdozzi" .. e cosi passa il tempo fino a quando arriva il momento delle colazioni ed io ho bisogno del banco libero e di spedire il professore in altri lidi per cui proferisco la frase magica...: "oggi saldiamo professore?"... Sono ormai passati due mesi dal saldo dell'ultimo conto ma io ripeto la frase tutti i giorni, ormai incurante di quelle mille lire di obolo quotidiano, e puntualmente Iren Neri mi risponde: "di pilla a n in ò ón ch’al s inzócca in cl èter e il cornetto era vecchio e io non pago"

Lo rincorro lungo il portico (ormai e' quasi un gioco) "va via professore dei miei maroni" mentre una voce dai tavolini apostrofa: "Mé a cradd che lu-là al truvarêv da dîr anc int al Paternòter".

Le luci della sera danno un tono così romantico all'Angolo bar a Bologna che a volte mi dispiace tirare giù la saracinesca. L'ultimo cliente è quasi sempre Ordalli, un tizio di qui, che viene a farsi il grappino prima di prendere servizio. Ovviamente Ordalli fa "Illadro", ma non va mai a sgraffignare in giro per Bologna. Lavora sempre in trasferta. Da me viene a farsi solo un bicchierino, appunto. Non è un cattivo diavolo, e nonostante tutti sappiano cosa combina in giro per la provincia, nessuno l'ha mai denunciato; neanche Otto Izilop, un poliziotto che lavora nella vicina Questura e fuma Camel come un turco, anche perché è di origine turca, e non potrebbe fumare come uno svedese, evidentemente. L'ultimo caffettino lo preparo per lui, quando Ordalli ha girato l'angolo, vedendolo sopraggiungere infondo ai portici. Poi pulisco la macchina, do una rassettata per terra, mettendo le sedie con le gambe all'aria sopra i tavolini triangolari, facendo un bell'esercizio di equilibrio instabile. Finalmente, a braccia conserte, quando ormai le ombre sono diventate scure e i lampioni fanno risaltare il rosso delle pareti della Rossa, davanti all'insegna che sto per spegnere ripenso a Otis Sito, Marco Ocram, Marisa Asiram, Imagiro Origami, il professor Iren Neri, Ordalli e Otto Izilop. Una bella fauna, quasi da scriverci un libro, che magari mi farebbe tornare in auge come qualche anno fa. Allora mi convinco a tirar giù la serranda, chiudere per bene a chiave, e dare un'ultima occhiata all'insegna sproporzionata del mio localino, prima di andare a casa e sedermi davanti al Mac per scrivere il mio nuovo romanzo. Lo intitolerò "angoloB a rab olognA", di Roberto Otrebor. Sì... suona bene, direi.