La saga Ferrario

20.04.2015 21:11

Personaggio Kafkiano, comparso in sogno a Cleo, e sviluppatosi tra uno scambio di idee facocere, l'ispettore Massimo Ferrario è il nuovo protagonista di alcuni dei nostri racconti gialli. Eccentrico, disordinato, donnaiolo e con una passione spasmodica per la pipa elettronica, le vestaglie damascate e il suo inseparabile violino.Con la sua inseparabile squadra di collaboratori:la poliziotta Cleo Patrasso,la giornalista Giovanna Mastronatale, la sensitiva Nadia Fambotto, il questore Alessandro Amadio, l'assassina Ana Kuntzer, la ex moglie e Psichiatra Paolina De Roelis e la bella e affascinante collega Rossella Antonelli, riuscirà a risolvere anche i casi più complicati.Qui di seguito il Primo racconto in cui compare il nostro nuovo e particolare amico e la sua particolare equipe di lavoro.

 

 

L'ottavo nano - I parte

 

"Ancora un omicidio" esordì l'ispettore Ferrario lanciando una nuvola di fumo nell'aria con la pipa elettronica. Questo è la settima morte violenta in meno di tre mesi, stesso modus operandi: una pugnalata netta al cuore e una mela rossa cacciata con forza nella bocca spalancata". Si grattò la folta chioma bianca avvicinando il naso adunco al corpo inerme steso a terra. Il piccolo uomo, di un'altezza al massimo di un metro e cinquanta, era riverso a terra in una pozzanghera di sangue. Biancaneve, il nome della serial killer attribuito dalla polizia, questa volta aveva scelto come luogo del delitto il piccolo bosco di abeti bianchi che rivestiva gli appennini liguri. Il comune denominatore degli omicidi era l'aspetto delle vittime: uomini di piccola statura, trafitti al cuore con il medesimo pugnale, che da studi condotti dalla scientifica pareva di una fattezza antica, forse risalente al XV secolo. Il killer, per l'accuratezza con cui i corpi venivano collocati a terra e per la mancanza di ulteriori segni di violenza, era probabilmente una donna. Erano state condotte ricerche nei vari negozi di antiquariato e controllato il litorale ligure. Nulla. L'ipotesi era che la donna, affetta probabilmente da un grave squilibrio psichico, attirasse le potenziali vittime utilizzando la sua sensualità, colpendoli poi di sorpresa e uccidendoli a sangue freddo. Il movente era ancora sconosciuto, ma una squadra di profiler ci stava lavorando. Era il caso più difficile a cui mai avesse assistito, nulla sfuggiva all'ispettore Massimo Ferrario. I nani di Biancaneve erano sette, quindi forse, questo omicidio era l'ultimo della lunga serie. L'ispettore si alzò, aveva bisogno di andare a casa a riposarsi, un bicchiere di brandy e il suono del suo violino, gli avrebbero schiarito le idee.

Si sedette pigramente sulla chaise longue posta davanti alla vetrata del suo appartamento sito al quarto piano di una palazzina prospiciente il mare, puntò gli occhi verso l'orizzonte e fece correre i pensieri. Settimo omicidio, senza che le indagini avessero prodotto risultati, un guaio grosso che poteva compromettere la sua carriera. Guardò l'orologio e si rese conto che mancavano poche ore all'incontro con il Questore Alessandro Amadio, il nuovo funzionario messo a capo della questura il mese precedente, quando gli omicidi erano solo tre. Una persona dal carattere forte, duro con i collaboratori e che pretendeva il massimo. Ogni volta che un ritrovamento veniva fatto Amadio rivolgeva la propria rabbia su di lui, quasi fosse il responsabile di tanta violenza. Ma questa volta aveva pensato a qualcosa di diverso, grazie all'aiuto della sua collaboratrice Cleo Patrasso era entrato in contatto con una sensitiva, una donna torinese molto nota nel giro della Polizia piemontese, Nadia Fambotto. Negli ultimi sei mesi era riuscita ad essere la chiave di volta nelle indagine riguardanti l'assassinio del noto industriale del caffè Paolo Albertazzi, collaborazione tenuta sotto il più stretto riserbo e filtrata grazie a Cleo, che aveva avuto una tresca in passato con il Commissario Capo della sezione omicidi torinese. Prese il violino e lo appoggiò nell'incavo del collo; quel contatto lo mise in pace con se stesso e il mondo. L'archetto partì e le note della Romanza in Fa Maggiore di Beethoven riempì l'ambiente. Suonare gli serviva a stuzzicare la mente, rendendola più propensa all'analisi. Ma purtroppo c'era poco su cui pensare, quindi lo mise via, raggiunse la camera e sfilò la vestaglia di cotone leggero azzurra a disegni damascati di Bown of London, riponendola con cura nell'armadio. Quel capo, unito al violino erano ciò che rendevano Ferrario un ispettore fuori dagli schemi.

-Se vi ho convocati qui è perchè Biancaneve non si fermerà, e prima che alla sua lista venga aggiunta l'ennesima vittima ho pensato di utilizzare una squadra un po' diversa stavolta- Disse l'ispettore Ferrario. - Con me c'è la famosissima sensitiva Nadia Fambotto, e mi sono permesso di aggiungere alla squadra una persona che non vi piacerà, di sicuro, ma potrà rivelarsi fatale per le indagini- disse tutto d'un fiato il questore Amadio- Entra pure..- aggiunse poi battendo la mano sulla porta d'ingresso. Ad entrare in ufficio fu Ana Kuntzer, un ex assassina, adesso mezza collaboratrice di giustizia. -Amadio portarmi qui in squadra una criminale!? Ma sei impazzito, con la Potrasso pensavo di essere al completo!- rispose Ferrario ormai furibondo. -Non mi dispiace immischiarvi con voi, in fondo era il mio mestiere, potrei prendere Biancaneve in flagrante, fossi in te ci penserei bene sul da farsi. Intanto qualcuno ha qualcosa da mangiare? In gattabuia si mangia da schifo..- Disse Ana completamente divertita. Ferrario sospirò un paio di volte, batteva il suo piede destro in un modo così frenetico da sentirsi negli uffici accanto. L'idea di collaborare con una criminale gli stava davvero stretta, al contempo possedere una squadra così variegata, così valida, alla ricerca dell'assassina, gli sembrava davvero una proposta allettante.-Siete tutti arruolati allora, ma dopo questa cosa, ognuno tornerà al posto suo!- Aggiunse Ferrario sprezzante rivolgendosi alla Kuntzer.Quella notte, ognuno della squadra speciale sognò cose strane. Il sonno non conciliava con la realtà. Ferrario prendeva a bocconi l'aria fresca dalla sua finestra. La Fambotto interrogava le stelle, la Potrasso sorseggiava camomilla, Amadio tremante in preda all'euforia, la Kuntzer distesa tra le sbarre, per l'ultima volta. Non molto lontano Biancaneve preparava la sua melanera.

- Devo uscire da qui!- urlo' Ferrario. - Ho bisogno di allontanarmi e di dormire nel mio letto almeno tre o quattro ore!- Si diresse verso la sua Renault 5 station Wagon e si avviò verso casa. Quegli omicidi e il modo per risolverli erano ormai la sola cosa che aveva in mente. Gli avevano fatto dimenticare perfino la discussione avvenuta nel pomeriggio con l'ex moglie Paolina De Roelis, che faceva sempre questioni sull'assegno di mantenimento. Il matrimonio era finito proprio grazie alla storiella con Cleo a cui Ferrario pensava ancora parecchio, ma la donna che puntava dritta ad un matrimonio a regola d'arte, lo aveva un po' spaventato. Un matrimonio finito male bastava e avanzava. Adesso doveva assolutamente dormire per essere lucido all'indomani e utilizzare al meglio quel popò di collaboratori. Dunque, pettinò con molta cura le basette bianche, mise la crema per il viso, calzò come sempre la cuffietta che durante la notte avrebbe domato la sua chioma ribelle e si coricò speranzoso. Come prima cosa, al mattino seguente, aveva l'incontro con il Giudice preliminare, che lo inquietava non poco. Già in passato aveva avuto degli screzi importanti con la donna e, considerata la mole del caso che gli era stato affidato, ne subodorava un ennesimo. Il caso andava risolto, più in fretta possibile! Si trattava di un serial Killer ed era sicuro che stava per colpire ancora!

Infatti guardando la situazione da tutte le angolazioni, magari sbagliando le inquadrature e ritentando, il Ferrario pensava e strapensava che, no, non era normale che un serial killer scegliesse un numero a caso, magari il sette, poi dopo ben sette omicidi si fermasse per sempre. Non tornava. La mattina dopo, l'ispettore partì a randanella per andare a visitare la Kuntzer in cella. Arrivò, la guardò e lei gli rivolse un'occhiata stufata: - Esco oggi, che cavolo mi porti le arance? -Nell'andare via in macchina, con la splendida Renault 5 Superspecial, i due parlarono un po', per la precisione lei, perché lui non aveva una gran voglia di 'interagire' e Ana K. gli disse che, beh... era impossibile che un serial killer si possa fermare dopo un certo numero di omicidi. Magari vorrebbe, ma è una dipendenza, più o meno come la torta di riso, non riesci a smettere.Ferrario sorvolò sulla torta di riso, arrivò sgommando in Commissariato e i due entrarono di corsa. I collaboratori erano già tutti presenti, c'era persino la Fambotto, ma di Amadio nessuna traccia... e grazie, quando mai quello era arrivato in orario da qualche parte?Impaziente, si preparò a fare un resoconto ai presenti e chi c'era c'era.*Poco più in là, sulla collina, un ometto piuttosto antipatico e dalla vocina querula fu massacrato alla trentaduesima battuta a doppio senso che rivolgeva a qualcuno che da lontano poteva sembrare una donna, alta, vestita con... no, forse i dettagli non li avrebbe intuiti neanche la Fambotto. Rimase steso a terra e la donna si piegò su di lui. Se ne andò lasciandogli una mela Golden in bocca, che almeno smettese di sparare di quelle solite balle.

Il Ferrario stava ormai parlando da un quarto d'ora davanti a tutta la sua potente e variegata squadra e tutti erano già semiaddormentati. - Datti una scossa babbo, vieni al sodo che qui 'ste cose le sappiamo già tutte - fece la Kuntzer con tono altamente scocciato.- Silenzio! In questa fase dell'indagine è molto importante fare il punto della situazione e raccogliere le idee, altrimenti ci troviamo con un altro cadavere che neanche ce ne accorgiamo - rispose seccato Ferrario guardando la Kuntzer da sopra gli occhialetti.- Qui va a finire che raccogliamo solo insulti e trasferimenti se non troviamo il bandolo di questa intricatissima matassa - si intromise Cleo - Ispettore, ma lei non crede che Biancaneve potrebbe fermarsi qui? In fin dei conti i nani erano sette... - chiese ostinandosi a dargli del Lei in mezzo ai risolini divertiti di chi sapeva della storia tra il Ferrario e la sua bella assistente. Proprio in quel momento arrivò l'Amadio scurissimo in viso. Aveva un tale cipiglio che nessuno osò neppure salutarlo. - Cosa diavolo fate ancora qui? - P..perchè Signor Questore? - azzardò a domandare il Ferrario. - Ferrario, lei è in una bruttissima posizione, se lo lasci dire, davvero bruttissima! -- C...che succede? - balbettò Ferrario a disagio. - Ah, e mi chiede pure che succede! C'è stato l'ottavo omicidio, caro il mio ispettore! - Un coro di espressioni di stupore misto ad incredulità echeggiò nella stanza. La Frambotto si coprì gli occhi con le mani e disse: - Vedo una donna...alta..- . - Bella scoperta - le fece eco la Kuntzer, ma lei continuò - Orione... Orione mi ha detto... - . - Na, - esordì l'Amadio - vedi di dire ad Orione che ti avverta prima la prossima volta - e, rivolto agli altri: - Ci vogliamo muovere e andare sul luogo dell'ottavo delitto oppure state aspettando che Biancaneve venga qui a costituirsi?

La donna tornò a casa, come se nulla fosse. Si tolse i vestiti e s'infilò sotto la doccia. Lo faceva sempre, dopo un delitto, sentiva il bisogno di lavare via l'odore del sangue di quelle disgustose creature. Nani. O poco più. Esseri insulsi che non avevano alcuna ragione di esistere. Tranne che per lei. Sì, perché lei aveva una missione da compiere. Ucciderli tutti.Ripensò alle sedute che i suoi genitori, su consiglio degli insegnanti, dalle medie in poi, le avevano propinato dallo psicanalista. Dopo un lunghissimo e costosissimo ciclo di "terapia" era giunta la sentenza del luminare: "sindrome di Biancaneve". La ragazza che un tempo era stata, si rimpinzava di cibo per poi rigettarlo, alzava il gomito, abusava di farmaci e aveva atteggiamenti ferocemente autolesionistici. Questo finché non si era resa conto della causa del suo "male oscuro". Chi aveva sempre preteso da lei la perfezione assoluta? Chi aveva sempre preteso i voti migliori, i risultati migliori nelle attività sportive, chi l'aveva voluta sempre accondiscente, elegante, beneducata? Chi le aveva procurato un senso di permanente inadeguatezza e un impulso crescente a migliorarsi, alla ricerca di una perfezione che mai avrebbe potuto raggiungere? Sua madre. L'avvelenatrice. Colei che non ricercava il bene della figlia ma pretendeva la sua perfezione, per potersene gloriare e vantare con gli altri. E vivere di luce riflessa. Questo finché era stata piccola. Da adolescente le cose erano cambiate, anche se, inconsapevolmente, era sempre alla costante ricerca dell'approvazione della madre. Capace, questa, di lodi sperticate ma anche di critiche demolitrici della sua già scarsa autostima.Ricordava ancora il suo sguardo incredulo quando l'aveva uccisa. "Perché?" aveva avuto il coraggio di chiedere. Dopo, aveva ucciso anche suo padre. Un uomo "piccolo". In tutti i sensi.

L'auto della Polizia era ferma in via Pia, centro storico di Savona, davanti ad un ingresso dal portone risalente alla metà del sedicesimo secolo. Un gruppo di curiosi rumoreggiava, tenuto lontano a stento dagli agenti. Si vociferava che la vittima fosse il famoso ristoratore Paolo Parodi, proprietario dei due migliori ristoranti in città. Questa volta Biancaneve aveva colpito in alto, uccidendo una persona stimata e facente parte anche del Consiglio comunale in qualità di capo gruppo. Ferrario scese nervosamente dall'auto, aspirò una boccata dalla pipa elettronca e la nascose prontamente in tasca. Amadio odiava il fumo, ma in quei momenti l'ispettore aveva bisogno della pipa per mantenersi calmo, anche a costo di ricevere una lavata di capo dal Questore. Flash di fotograi e urla lo raggiunsero appena fuori dall'auto di servizio.-Massimo!- sentì gridare. Si voltò, riconoscendo la voce, e si trovò a fissare la giornalista che ultimamente gli aveva dato parecchio filo da torcere, Giovanna Mastronatale del Secolo XIX. Erano amici da parecchio tempo, sin da quando si era offerto di farla partecipare ad indagini per via di un servizio giornalistico, tre anni prima. Da allora la collaborazione tra i due si era infittita, complice l'amicizia che li legava. Ma per colpa di Biancaneve e la sua idea di diventare redattrice capo della sezione cittadina, ultimamente ogni articolo che usciva veniva usato per colpire la Polizia e in special modo lui. Le fece un cenno di saluto, quindi si voltò.-Non puoi far finta di nente!- sentì urlare. -Ispettore Ferrario, questo è l'ottavo omicidio in città, quanto vogliamo andare ancora avanti? Devo forse intervenire io a farvi vedere come si conducono le indagini?!?- quella frase lo bloccò sul posto. La rabbia fu trattenuta a stento.

La strattonò per un braccio: " Vieni con me Watson e vediamo se puoi essermi d'aiuto". Parodi era accasciato a terra, dilaniato da trentadue colpi di pugnale con in bocca una mela gialla. "Ragazzi forse questa volta abbiamo un indizio" esordì l'ispettore, " la mela è una Golden e non una Pink lady come nei precedenti omicidi, il modus operandi è differente, sta a significare come l'ottavo nano sia di particolare rilevanza". Cleo intervenne con il suo fare da prima della classe : "Forse l'assassina ha commesso un errore, vuole farsi catturare". "Tutte stronzate" esordì Ana sputando lo stuzzicadenti per terra. "Questo è un indizio, vuole sfidarci". Ferrario sobbalzò sui mocassini verdi vellutati: "Qualcosa da dire Giò?" La giornalista ammutolì."Bene mettiamoci al lavoro, dobbiamo controllare tutto sulla vita di quest'uomo, voglio conoscere le sue abitudini, i suoi amici e cosa ha mangiato a colazione, questa volta la becchiamo!". Qualcuno gli poggiò la mano sulla spalla, Paola avvolta in un abito firmato comprato con gli alimenti di Ferrario salutò tutti tranne Cleo. "A cosa devo la tua presenza?" chiese l'ispettore con salivazione azzerata per l'emozione."Credo che possiate aver bisogno di me, la mia professione di psichiatra vi sarà di aiuto". " La killer soffre indubbiamente della sindrome di Biancaneve, forse è il caso che diate una controllata anche ai reparti psichiatrici degli ospedali della zona"."Vedo, vedo...Orione"urlò Nadia roteando su sé stessa: "Vedo un maiale, anzi no, un facocero, tutto rosso"e poi con gli occhi rigirati svenne."Il facocero rosso, noto locale di lap dance di Savona" esclamò con un sorriso sulle labbra Ferrario ignaro degli sguardi di odio provenienti da Paola e Cleo.

"Il Facocero rosso" un tempo era stato il ritrovo più famoso di tossici, chiamato volgarmente The yellow apple, per via del linguaggio in codice con il quale si richiedeva una dose.Una mela era un grammo, una mela gialla una doppia dose. Ferrario aveva sgominato questa banda di malfattori, e al posto suo, era sorto il rinomato Facocero rosso. Non tutto era a regola in quel locale, ma i servigi che offriva alla clientela, tanto più se appartenente agli ''sbirri'', erano al di là di ogni aspettativa. Che la veggente Nadia avesse avuto la giusta visione? Quella sera l'intera squadra speciale era appostata in vari punti del locale, tutti tranne Amadio, irraggiungibile da più di tre ore. Le luci erano soffuse e riscaldate, i banconi fiorenti di drink pronti da bere. I pali i più vertiginosi mai visti in giro. Le ragazze più acrobate denudate che ballerine vere e proprie. Ferrario sedeva al bancone dei drink completamente ipnotizzato da due calze a rete. Cleo gli corse in contro rialzandogli la mascella cadente con l'indice. Nadia tremava di paura, la chiama estasi da visione, ma piuttosto assomiglia ad una crisi epilettica. Anche la giornalista Giò era accorsa al locale, forse sentendo nell'aria un certo fermento. - Amadio non risponde al cellulare, qui è tutto fermo, è tutto culi e fumo, dove diavolo si sarà cacciato?- gridò Ferrario per contrastare il volume della musica assordante. -Amadio dici? Cazzo! Quanto è alto il questore?- chiese d'un tratto la Kuntzer gridando di rimando. -Un metro e cinquanta credo, cosa vuoi che ne sappia??!- rispose Ferrario. - Non è un nano, ma è di bassa statura, appartiene alla nostra squadra, la stessa che le sta dando la caccia, non risponde al cellulare da tre ore. Cosa ti serve ancora per capire che forse è un'altra vittima?- Concluse la Kuntzer. Sul monitor iniziò a lampeggiare una frase."Vieni in terrazza se non siamo ALLA TUA ALTEZZA!"Tutti scattarono.

- Per tutte le fottutissime coronarie che non mi sono ancora saltate!! Amadio è in pericolo! - Esclamò Ferrario. - Ma senti 'sto fenomeno! Sono due ore che sto cercando di dirtelo rinomatissimo pirla che non sei altro!- Lo canzonò la Kuntzer e aggiunse: - Muoviamoci, andiamo tutti sulla terrazza! Più siamo, più possibilità abbiamo di salvare il questore, a patto di essere ancora in tempo! Presto presto, non perdiamo altro tempo prezioso!- Si precipitarono tutti verso l'ultimo piano dell'immobile e arrivati sulla terrazza, Ferrario spalancò la porta e, per primo, vide Amadio, completamente nudo, con una mela verde Granny smith ficcata in bocca, legato al braccio della parabola satellitare e bendato con uno slip da donna di buona fattura. Seguirono tutti gli altri. - Oh mio Dio!!- Urlò Cleo Petrasso!! - Amore mio grande, Pagnottino dolce, che t'hanno fatto?- E gli tolse lo slip che gli aveva bardato gli occhi.- Come, amore mio? Ma pure con lui adesso? Eccheccosa! Ti vuoi proprio sistemare a quanto vedo!- Disse Ferrario tra il sorpreso e lo stizzito.- Non è il momento adesso!- Tuonò la Petrasso. - Piuttosto, smettila di dare aria alla bocca, togliti la vestaglia che hai sotto il cappotto, perché ti conosco e so che ce l'hai, e coprilo un po'! Non vedi che muore di freddo?- Intanto Amadio faceva roteare gli occhi come a comunicare qualcosa e la Kuntzer, che a cervello era ben fornita, disse: - magari se qualcuno di voialtri si decide a togliergli quella mela dalla bocca...- E durante tutto questo frastuono, ad un certo punto, si sentì sbattere la porta di ingresso della terrazza. - Era ancora qui cazzo! L'assassino era qui e ce lo siamo fatti scappare! - Urlò a squarciagola la Mastronatale. - Avanti tuttaaaa, inseguiamolo!!!

Ferrario si separò a malincuore dalla sua vestaglia a scacchi rossi e verdi in mussola, ma per il bene e il pudore del questore lo fece. La Kuntzer, fisico tonico e atletico, abituata a lunghe sedute di allenamento in carcere, saltò dalla ringhiera e si appese come Spiderman ai bordi delle finestre. -La porta è chiusa, ma penso di riuscire ad intercettare il killer!- urlò al team sulla terrazza. La sensitiva Nadia lanciò un urlo, esclamando frasi sconnesse, tra le quali Mastronatale riuscì a cogliere le parole "Kuntzer", "pericolo" e "morte".-La Kuntzer è in pericolo! Presto, dobbiamo raggiungerla in qualche modo!- si affacciò alla ringhiera, ma valutò che non sarebbe riuscita a sopravvivere ad un salto da quell'altezza.-Mio Dio, mio Dio...- Amadio, ripresosi dallo choc si avvicinò a Ferrario, il viso esangue e tremante. -E'... è una donna.... io... la conosco...-Un colpo di pistola, grida, il segnale d'allarme del locale iniziò a suonare. Videro persone fuggire verso l'esterno impaurite, alcuni caddero, finendo calpestati. Ferrario tirò fuori il cellulare di sevizio e chiamò rinforzi. Sapeva di stare agendo troppo in ritardo, ma gli eventi avevano fatto precipitare le cose, rendendo tutto frammentato. Un urlo, alto e prolungato fece accapponare la pelle a tutti. Sull'esterno, in piedi, ma con passo infermo la Kuntzer avanzava, reggendo il braccio sinistro con la mano destra. Anche da quell'altezza il team non potè non notare la grande macchia rossa che inzuppava la canotta della ragazza. Poi il suo passo si bloccò, girò la testa verso l'alto e cadde in avanti, come un burattino a cui sono stati tagliati i fili. Il killer l'aveva colpita, lei si era sacrificata per loro e questo fece esplodere in Ferrario una furia cieca.-Avanti, mi dica chi è!- urlò ad Amadio, strattonandolo per i risvolti della vestaglia.

L'ottavo nano - II parte


Amadio fissò con occhi vuoti l’ispettore: "Io, io…non ricordo nulla”, poi si accasciò a terra come un palloncino sgonfio.”Maledizione questa non ci voleva”. Cleo sotto lo sguardo inviperito di Ferrario si avvicinò al questore accarezzandogli la spalla avvolta dall'improbabile vestaglia. L’ispettore stizzito raccolse la mela, "questo frutto è avvelenato, probabilmente impregnato di Triazolam".”Ecco spiegata la sindrome di amnesia globale transitoria, causata da barbiturici”, intervenne una voce alle sue spalle.”Paola, ma dov’eri finita”?”Stai bene”?” Sono rimasta bloccata al piano di sotto”. “Comunque gli ipnotici causano una perdita temporanea della memoria, entro un paio di giorni dovrebbe tornare alla normalità”.”Amadio allora è in pericolo, perché non è stato fatto fuori come gli altri”?Colto da un moto di zelo, Ferrario baciò la guancia accaldata di Paola che non si allontanò da lui. Ana stesa a terra in attesa degli aiuti con il sangue che le colava a fiotti riuscì ad emettere gli ultimi flebili suoni : ”L’ho vista di sfuggita quella maledetta: indossava un l’abito nero e i capelli corvini le ricadevano sulle spalle". La Mastronatale continuava a prendere appunti, avrebbe scritto un libro su questo caso e magari vinto il premio Pulitzer. “Vedo Orione”, sentenziò Nadia, "lei è qui fra noi, sento la sua presenza", svenne poi a terra sulle gambe del povero questore”. "Presto, l’ambulanza sta arrivando, seguitemi non c’è tempo da perdere”.Il gruppo di superstiti si affrettò lungo le squallide scale illuminate da una luce soffusa. Si bloccarono tutti quando Ferrario improvvisamente si arrestò. Una bellissima donna, dai capelli ricci e scuri avvolta in una tutina di lattex si avvinghiò a lui con fare suadente.”Rossella”!esclamò con un filo di voce l’ispettore.
Gli premette contro le labbra con passione, facendo aderire il corpo a quello di Ferrario, sotto gli occhi sbigottiti delle due donne al seguito. Il fisico statuario della ragazza, esaltato dalla tuta che non lasciava niente all'immaginazione, mandò in crisi Paolina che fuggì oltre. Cleo inghiottì amaro, ma non si eclissò; era pur sempre un poliziotto, abituata a mostrare coraggio ed abnegazione, anche se in quel momento avrebbe voluto conficcare le proprie unghie nel collo di Massimo. -Per un momento ho creduto ti fosse capitato qualcosa- Rossella si stacco da lui e lo guardò come una micia in calore. Ferrario provò finalmente un moto di imbarazzo e con notevole difficoltà le staccò gli occhi di dosso.
-Vi presento Rossella Antonelli, mia... cara amica e funzionaria della DIGOS di Genova.-
Cleo esplose in una risata, attirando l'attenzione di Rossella. -E che fai, arrotondi lo stipendio ballando attaccata ad un palo?-
-Non proprio, ma se non succedeva tutto questo putiferio ero in procinto di arrestare la banda dei Marconi, i famosi spacciatori con base al Facocero Rosso.-
-Com'è che non ne sapevamo nulla?- chiese Ferrario, stupito. Poi capì che la domanda sarebbe rimasta senza risposta. Il suono dell'ambulanza portò tutti alla realtà. Corsero all'esterno, osservando i militi caricare Ana intubata. La Mastronatale salì sul mezzo, mentre Paolina fece cenno a Ferrario, Cleo e Nadia di raggiungere l'auto di servizio.
-Vengo con voi!- sentirono dire da Rossella, che come una gazzella li raggiunse. L'ambulanza partì, mentre sull'auto della Polizia al seguito il silenzio e l'imbarazzo impedirono loro di proferire parola.
Cleo, amorevolmente, e non senza un pizzico di rivincita verso il bell'ispettore che tanto si dava da fare, si rivolse ad Amadio per assicurarsi della sua salute e di tutto il lavoro che aveva fatto per accalappiarlo: - Gioia delle mie insulse e monotone ore del giorno, zuccherino di canna mio, parlami...ti ricordi di me? Sono la tua giraffina...sono quella che ti ha chiesto l'anello ma a cui hai regalato la pentola a pressione; quella che ti aveva proposto di fare un viaggio alle Canarie ma a cui hai detto "non sarebbe meglio un agriturismo nei dintorni tra scrofe e galline?". Parlami di ti dico! Reagisci! Si può sapere chi ti ha ridotto così?-
Amadio, ancora allucinato riuscì solo a dire: - Ma io...ecco...ricordo solo una donna...bruna, con una fascia rossa nei capelli...zigomi perfetti...bestiale e primitiva, uno sguardo di acciaio...ma di te proprio non mi ricordo e nemmeno della pentola a pressione...sono così stanco...-
- E buonanotte al secchio! Che sarà mai, Terminator in gonnella? E se la vogliamo dire tutta, caro il mio questore, tu sei sempre stanco! Non mi fare parlare, che è meglio! Ragazzi, da questo non caviamo nemmeno mezza fava lessa! Sta parlando a vanvera, tanto per non perdere il vizio! Concentriamoci...si tratta di una donna. Dobbiamo circoscrivere le indagini ad una donna, a questo punto.-
- Ma va?- Intervenne Rossella, - E chi sarebbe questo pozzo di scienza?- aggiunse la donna rivolgendosi a Ferrario.
- Ehi, non offendiamo, che non ci metto niente a buttarti nel secchio dell'umido, considerato come sei vestita!- Tuonò la Petrasso indispettita.
- Basta!- Intervenne Ferrario - Mi è venuta un'idea! Ma ho bisogno di un'esca...-
Arrivati alla Centrale si riunirono tutti e la Patrasso, guardando in tralice il Ferrario chiese lumi sull'idea dell'ispettore:
- Allora Ferrario, dicci che esca ti serve e vedremo se ne troviamo una che voglia starti ad ascoltare -
- Parla tesoro mio, sono tutt'orecchi. Ti troverò qualsiasi cosa ti serva - disse languidamente Rossella, infilandogli la mano sotto la giacca ed accarezzandogli il petto.
Ferrario sudava un po' freddo ed ebbe qualche problema ad esporre la sua idea.
- Volete che vi lasciamo soli? - disse Cleo con le mani sui fianchi e con la voce di due o tre toni più alta del normale, mentre la Fambotto roteava gli occhi verso l'alto, ma non perché stava andando in trance e Paola iniziava a prendere un colorito violaceo.
- Torniamo a noi! - disse il Ferrario asciugandosi il sudore e cercando senza successo di scostare da sé la Rossella.
- Guarda che noi siamo stati sempre qui, sei tu che forse ti sei perso per strada - ringhiò Cleo.
- A...allora.... - iniziò il Ferrario - Temo che l'assassina sia una di noi, una poliziotta insomma. Dobbiamo trovare come esca qualcuno basso di statura -.
- Ma dai? - fece quasi sovrapponendosi alle sue parole la Patrasso - non ci saremmo mai arrivati se non ce l'avessi detto tu. Che acume! Mi complimento, ispettore. - disse sarcasticamente.
- Ti troverò chiunque tu voglia, luce dei miei occhi. Ti metto tutta la mia squadra a disposizione - disse Rossella aggiustandosi un ciuffo ribelle che si era separato dagli altri perfettamente a posto.
Biancaneve raggiunse l'auto parcheggiata a due isolati di distanza, una Smart nera, e partì senza troppa fretta. Incrociò un'auto della Polizia e subito dopo una dei Carabinieri. Aveva creato un bel trambusto, ma aveva pure rischiato di essere presa, per colpa di quella gazzella in canotta dal fisico atletico che si era calata dalla facciata del locale. Odiava uccidere senza un motivo, ma in cuor suo sperava ardentemente che Ana Kuntzer fosse passata nel mondo dei più. Ricordava ancora quando l'aveva arrestata, bloccandole le mani con le manette. Un vero piacere, come lo era stato poco prima, quando aveva scorto i suoi occhi stupiti. Girò in una strada poco illuminata e accese la radio sulla stazione locale. Di lì a poco sarebbe stata data la notizia e non vedeva l'ora di ascoltarla. "Otto nani morti, meno uno questa sera, tutti son sepolti, all'ultimo solo una mela" canticchiò tra se, ridendo. Il Questore, quell'odioso piccolo ed insulso essere si era spogliato come un verme, chiedendo pietà. Era bello poterlo comandare, come lui aveva fatto per tanti anni con lei. Avrebbe potuto finirlo, ucciderlo senza pietà, invece si era inventato un modo più lento e piacevole, annullargli i ricordi con una massicia dose di Triazolam, il cui effetto era però transitorio. Nella sua testa già vedeva lo svolgersi dei fatti; una nuova incursione a casa Amadio, il terrore nei suoi occhi, un'iniezione potente di Trazodone e per il poveretto un coma dal quale difficilmente sarebbe potuto uscire indenne. La sigla del giornale radio la sorprese nel mezzo del delirio, dopo di che la voce della speaker, presente sul luogo iniziò a narrare gli eventi. Sostò a bordo strada, alzando il volume. "... sembra che la persona che è rimasta ferita, che si reputa sia un agente sotto copertura, sia sopravvissuta allo sparo e che versi in condizioni preoccupanti..."
Giunti in ospedale, la Kuntzer venne inviata d'urgenza in terapia intensiva, al pianterreno. In seguito alla copiosa perdita di sangue, aveva perso del tutto conoscenza. Il questore, invece, data la temporanea perdita di memoria, venne inviato al reparto psichiatrico (dove Paola prestava la sua opera come consulente esterna) finché non si fosse ripreso.
La Mastronatale attese l'auto della Polizia che arrivò poco dopo e ragguagliò il quartetto sulle condizioni e sull'assegnazione ai reparti dei malati.
Ferrario si scurì in volto. Non gli piaceva che fossero stati separati e soprattutto che Amadio fosse stato ricoverato in Psichiatria. Chissà quante gliene avrebbe dette, una volta tornato in sé. Diede immediatamente disposizioni perché venissero messi degli uomini a piantonare i locali interessati, sperando vivamente che non succedesse nient'altro.
"Come sei efficiente!" disse la Rossella, strofinandosi contro il Ferrario. Cleo, impossibilitata a trattenersi oltre, sbottò "Ma ti sembra il momento di effusioni? Eh? Non puoi proprio resistere?Vuoi che dica ai medici di preparare una barella tutta per voi?" Paola borbottò "Ve la meritereste la barella, ma come dico io!" Rossella non parve affatto impressionata, scosse la testa facendo muovere i suoi bellissimi ricci scuri e si accinse a rispondere. Non fece in tempo. Nadia iniziò a roteare gli occhi, finché non si vide solo il bianco. Iniziò a tremare incontrollabilmente e ad emettere suoni gutturali con una voce roca e profondissima. Il quartetto la guardava realmente impressionato, finora non l'avevano mai vista così. Nadia continuò a farneticare parole incomprensibili con quella voce che metteva i brividi. Continuò per un po', poi si bloccò. Smise di tremare e cadde a terra svenuta. Quando rinvenne, spalancò gli occhi "L'ho vista! So chi è!" disse.
Ferrario le era accanto, il viso visibilmente preoccupato. Un infermiere era accorso, ma lui gli aveva intimato di fermarsi. Gli svenimenti della sensitiva erano all'ordine del giorno, quasi un rituale che accompagnava la donna a pronunciare rivelazioni importanti. Rossella si avvicinò, ma appena scorse la luce fredda negli occhi dell'ispettore fece marcia indietro. Non l'aveva mai visto così scuro, lontano.
-Cleo, per favore, registra quanto sta per comunicare Nadia. Può essere una prova inconfutabile- l'assistente fece come le era stato ordinato. Ferrario appariva sotto un'aria nuova, più temibile.
-Linda Lerbarta...- pronunciò con un filo di voce. -Assistente capo con numero di matricola...-
Cleo si portò la mano alla bocca. Lei e Linda erano state un tempo amiche inseparabili. Non poteva credere che fosse un'assassina. Certo, aveva una passione per le armi, per le storie horror e i libri di Stephen King, ma di lì a diventare un killer ci passava di mezzo il mare.
-Linda?- Ferrario fece cenno all'infermiere di intervenire. Anche lui possedeva ricordi nitidi nei riguardi di quella che sarebbe potuta diventare la nuova Sovrintendente, se non avesse avuto quel battibecco con il vecchio questore. Ma che c'entrava tutto questo con l'omicidio in serie di tutti quegli uomini bassi di statura non se lo spiegava proprio. E quelle mele, conficcate in bocca, quale significato possedevano? -Cleo, dirama un mandato d'arresto per Linda.-
L'assistente si accinse ad eseguire l'ordine, ma appena prese in mano il cellulare sul display comparve il nome della Lerbarta.
-E'... è lei... Linda... Biancaneve...- rimase immobile, il viso bianco, incapace di reagire.
-Cazzo, dammi quel maledetto telefono!- Ferrario glielo strappò dalla mano.
-Non perdete tempo a cercare a casa mia, sono già altrove!- Disse Linda dall'altra parte del telefono. La sua voce era frastagliata da un eco strano. - Non ci posso credere che sei tu quella che stiamo cercando- rispose Ferrario ormai rosso di rabbia. -E invece dovrai proprio crederci piccolo dolce Massi, il mandato di cattura però ficcatelo su per il culo, dopo tante donne, magari potrai riscoprire un piacere latente per altre pratiche sessuali- Ribattè Linda -Dove diavolo sei Biancaneve?- chiese il Ferrario - Più vicina di quanto tu possa pensare-Delle flebili campane sembravano risuonare di sottofondo. La telefonata cadde con un tonfo sordo. Biancaneve aveva riattaccato, e il mandato di cattura sarebbe stato emesso per una persona introvabile. - So cosa stai pensando- disse sottovoce Cleo - Introvabile, ma non per noi, risalire al luogo della chiamata è un po' difficile soprattutto perchè non eravamo preparati ad una chiamata diretta, ma concentrati, cosa hai sentito precisamente oltre le sue parole?- concluse Cleo poggiandosi allo stipite della porta di Amadio. Ferrario pensava e ripensava. Ogni dubbio sembrava essere stato sciolto. C'era un volto adesso a cui accomunare tutti quegli omicidi, c'era un nome a cui fare capo. C'era una foto adesso, la città ne era tappezzata, il notiziario strillava il nome di Linda Lerbarta quasi come una cantilena. Mentre la notte sembrò impossessarsi dei colori però, l'insight sbloccò uno dei problemi più grandi. A mezzanotte precisa, il campanile della chiesetta dell'ospedale iniziò a suonare lentamente. Gli stessi rintocchi della telefonata, la stessa cadenza, la stessa intensità. Un flashback chiaro gli spaccò la mente in due parti precise. Una Linda giovane e pulita che si legava i capelli con un nastro rosso, e poi gli sorrideva. - Aumentate la sorveglianza alle due porte stanotte, lei verrà a completare ciò che iniziato!- Strillò Ferrario
Linda si era provata e riprovata quella maschera che aveva perfezionato nei minimi particolari. Quella di creare maschere era un'arte che aveva imparato in gioventù e dalla quale non si era più separata. Avrebbe potuto replicare il viso di chiunque avesse voluto con i nuovi materiali che aveva a diposizione, ma questa volta non voleva essere nessuno dei suoi colleghi, aveva scelto il viso di una ragazza da poco assunta in ospedale, una donna né bella né brutta, con i capelli di media lunghezza, lisci e di un normale castano. Anche se non faceva parte delle sue vittime tipo, aveva dovuto ucciderla: le serviva una copertura per finire il suo lavoro. Indossò la divisa dell'ospedale che prese dall'armadietto della ragazza: essendo il turno di notte fortunatamente lì con lei non c'erano altre colleghe e questo diminuiva di molto il rischio. Aveva visto che sia davanti alla stanza del Questore che a quella di quell'avanzo di galera della Kuntzer c'erano dei poliziotti di guardia, ma niente avrebbe potuto fermarla, le seccava solamente dover perdere tempo ad uccidere la Kuntzer. Questo imprevisto avrebbe rischiato di crearle dei problemi e la cosa la fece infuriare ancora di più di quando aveva sentito che era ancora viva. Immaginò che la stessero aspettando, Ferrario non era uno stupido, e che avessero intensificato la sorveglianza. Decise di passare davanti alla stanza del Questore e fece un cenno di saluto ai poliziotti di sorveglianza che ricambiarono il saluto. Si infilò nella stanza a fianco e poi uscì di nuovo spingendo un carrello di medicinali e ripassando davanti ai poliziotti che non la considerarono neanche più. Aveva deciso: avrebbe lasciato la Kuntzer per ultima, se le fosse rimasto tempo. Prese il botticino del Trazodone e lo iniettò tutto in una flebo che si mise in tasca. Ora si trattava solo di aspettare il momento buono per dare inizio al suo piano.
-Ma io non posso credere che Linda abbia potuto compiere tutto questo- la voce tremante di Cleo riempì la sala d'attesa, dove la Polizia aveva creato il quartier generale. -Io la conosco da una vita, abbiamo fatto il corso da sottufficiali insieme, è sempre stata altruista, generosa...-
-... ma anche spietata e fredda- continuò Ferrario, rigirando tra le mani la pipa. Aveva voglia di riposare, di infilarsi in una delle sue comode vestaglie e sprofondare sul divano a pizzicare il violino. -Ricordate quando ha ucciso il palo nella rapina alla Cassa di Risparmio di Savona? C'ero io con lei, ho visto il modo in cui ha fissato la vittima e fatto partire il colpo. Sorrideva in quel momento.-
-Ma fu dichiarato che il rapinatore stava per estrarre l'arma. Si trattò di omicidio eseguito a difesa di un collega- si intromise la Mastronatale.
-Si, ma avrebbe potuto mirare al braccio, ad una spalla o a una gamba. Invece un colpo preciso e diretto in fronte, da distanza considerevole- Ferrario alzò le sopracciglia. -Cleo, ho bisogno di conoscere più informazioni su Linda: famiglia, affetti, corsi, fidanzati e tutto ciò che riesci a sapere. Ricordiamoci che il vero mistero è legato a due particolari: le vittime di bassa statura e la mela conficcata in bocca. Devono pur avere un cazzo di significato!-
-Già, elementi fondamentali- Paola, da brava psicologa, si intromise. -Sono qui per aiutarvi, vaglieremo i documenti insieme, sempre che tu sia d'accordo-.
Ferrario annuì stancamente. -Penso che un po' di tregua possa servire. Mettiamo da parte rancori e pensieri negativi-.
-Mi attivo subito con l'Interpol- esclamò Rossella, afferrando il cellulare.
L'infermiera invisibile, non altro che l'assassina, balzava da una camera all'altra per acquistare fiducia negli occhi di chi stava a guardare. Non se ne sarebbe rimasta nascosta tutto il tempo per poi uscire allo scoperto. Quel giorno attaccò una flebo alla meglio, parlò rapidamente con la famiglia di un malato terminale, ed ebbe persino il tempo di somministrarsi del Trazodone. Lo usava in dosi davvero massicce, le serviva contro la depressione. La squadra speciale era davvero in fermento. Tutti gli agenti cercavano in ogni luogo possibile, in ogni stanzino dell'ospedale. Non trovavano nulla che non fosse nella normalità. I medici tutti presenti, gli infermieri pure. Biancaneve sorrise sotto i baffi, non lo faceva quasi mai. Ridere la faceva sentire sciocca, ma questa era una di quelle volte in cui farlo era soddisfacente. Sotto l'edificio un mucchio di pattuglie. Nessun paziente riusciva a capire cosa stesse accadendo, nessuno tranne quelli appartenenti alla squadra. Linda entrò spedita nel reparto psichiatrico, i due agenti alle porte del questore sembravano piuttosto rilassati, non era stato dato nessun allarme. Linda chiese agli agenti di rimanere sola, mostrò il tesserino puntato sul petto e con molto sforzo stirò un sorriso. I due si allontanarono qualche passo più in là, e la porta si richiuse alle sue spalle. Si avvicinò al letto di Amadio, e mentre lui dormiva gli tirò uno schiaffo sulla guancia destra. Amadio spalancò gli occhi e davanti a se vide la faccia dell'infermiera gentile che adorava. Essa tirò via la maschera e finalmente il suo volto tornò quello dell'algida Linda. Prima che Amadio potesse urlare, con tutta la forza che aveva Linda gli conficcò la siringa di Trazodone nel collo. Esso perse conoscenza, ma la finestra della stanza del questore era speculare con quella della stanza della Kuntzer. Ferrario voltandosi vide Linda ferma ad osservare Amadio che stava abbandonandosi.
Il viso di Linda in manette rimase a lungo impresso nella mente di Ferrario. Non appena si accorse dell'accaduto corse come un pazzo lungo il corridoio che collegava le due camere. Alcuni agenti lo seguirono, armi in pugno, mentre lui, incredulo, lasciò l'arma di ordinanza nella stanza della Kuntzer. Urtò un dottore, quasi rovesciò un carrello di medicinali, si sentì insultare, mentre a braccia aperte chiedeva strada e urlava a tutti di mettersi al riparo. Linda sbucò dieci metri avanti, gli occhi spietati e alzando il braccio fece partire una serie di colpi nella sua direzione. Uno si conficcò nell'avambraccio, fuoriuscendo e provocando in Ferrario un dolore che gli esplose nel cervello. Ma non c'era tempo, continuò a correre, incurante dei proiettili. Era la disperazione a spingerlo avanti, la voglia di comprendere il motivo per cui una brava agente scelta potesse essere diventata un'assassina. Linda capì di essere all'epilogo quando guardò in viso Massimo; un tipo calmo e rilassato come lui si era trasformato in un segugio pronto a rischiare la vita. Un salto, il peso di Ferrario, e poi mani che la bloccavano a terra. Era finita, nel peggiore dei modi. -Spiegami...- le chiese l'ispettore, il volto cereo e affaticato.
-Viso a viso, io e te- rispose Linda, calma e compassata. Fece cenno agli uomini di lasciarli soli.
-Quattro anni fa mi sono allontanata dal servizio, andando lontano da qui. Vuoi sapere il motivo? Quel bastardo del Questore Gabrielli, che comandava prima di Amadio, con la scusa di una convocazione un giorno mi violentò in ufficio. Quel piccolo gnomo bastardo! Davanti agli occhi ho ancora la visione di un quadro con sopra dipinte delle mele, mentre lui abusava del mio corpo. Lo uccisi investendolo qualche giorno dopo, ma la mia sete di vendetta non finì lì, presi a sfogarmi contro uomini piccoli di statura...- Ferrario, a malincuore, fece scattare le manette.